Da La Repubblica – Livia attenta i ladri non sono i medici

18 Luglio 2011

Da La Repubblica – Livia attenta i ladri non sono i medici

Mario Pirani da La Repubblica del 12 febbraio 2007
 
Non credo possibile, per la motivata stima che le porto, che Livia Turco abbia mai visto la homepage sulla malasanità diffusa sul sito del ministero della Salute. Mi auguro che la legga e la faccia annullare. In essa si afferma che «non ci può essere buona sanità se non si combatte decisamente il malaffare. Noi ci abbiamo pensato con norme precise che consentiranno di espellere dal Ssn tutti quelli che, medici, farmacisti ed altri operatori abbiano truffato la sanità». È semplicemente una ignominia che si getti un marchio di infamia sui medici e sui farmacisti senza spendere una parola sul fatto che in tutti i recenti scandali che hanno inferto gravissimi danni alle Asl, sul banco degli imputati sono finiti politici o amministratori da loro nominati, mentre nessun medico è stato neppure scalfito dal sospetto. È pur vero che la demagogica homepage si richiama a due fra le migliaia di commi della Finanziaria, l´811 e l´812, che mi sono andato a leggere e che dispongono, qualora un farmacista o un sanitario siano stati condannati con sentenza passata in giudicato per truffa ai danni del Ssn, la decadenza della loro licenza o del loro rapporto di lavoro. Peccato che la manina o manona che ha redatto questi commi si sia ben guardato dall´introdurne altre assai più urgenti e pregnanti per tagliare la presa dei partiti sulla greppia sanitaria.
Si è così sancito anche legalmente il rovesciamento plateale di una verità che è sotto gli occhi di tutti e che abbiamo denunciato infinite volte: la malasanità (un termine equivoco che aborro) è in primo luogo imputabile alla invasione dei partiti, alle nomine cui i direttori generali sono indotti, agli appalti con ditte e cooperative indicate dai politici di turno, alle convenzioni non sempre limpide realizzate da amministratori compiacenti con cliniche e laboratori privati. La sunnominata homepage ha giustamente suscitato la protesta dell´Ordine dei medici di Roma che si sono rivolti ai colleghi di tutta Italia per «una decisa reazione ad una situazione non più sostenibile di delegittimazione della professione». Quasi in concomitanza è uscita a pagamento su alcuni quotidiani una lettera aperta di tutte le associazioni dei chirurghi italiani di ogni specialità, esasperati per gli attacchi che tendono «ad attribuire loro tutti i disservizi e le deficienze strutturali degli ospedali». Si ricorda che «ai medici è stata tolta ogni possibilità di gestire risorse umane e materiali negli ospedali. Tutti gli appalti per l´edilizia, vitto, pulizie, farmaci, presidi medici, vigilanza, assicurazioni ed i concorsi, sono di pertinenza esclusiva dagli amministratori, nominati direttamente dal potere politico».
I miei lettori credo abbiano da sempre compreso quanto rifugga dall´indignazione. Se questa volta mi è uscita qualche parola sopra tono è perché temo si crei ingiustamente un fossato tra i medici e la ministra che governa il settore e che si era impegnata a ricondurre la politica alla sua funzione di indirizzo e di programmazione della Sanità. Molti suoi atti sono andati in questa direzione. Di altri, come la legge sul governo sanitario, che dovrebbe definire le nomine dei primari nell´ottica di privilegiare esclusivamente la competenza professionale, è annunciata da tempo la presentazione. Qualche misura appare deludente nei confronti delle attese. In particolare la nuova procedura per le nomine dei direttori scientifici degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico.
Quando, subito dopo la sua assunzione al ministero, Livia Turco ne rimosse alcuni per procedere a sostituzioni unilaterali (come la legge, peraltro, le permetteva) le polemiche furono vivissime, tanto che la neo ministra si impegnò a mutare metodo. Ora, però, ha messo la sua firma ad una procedura per far vagliare le domande degli aspiranti all´incarico da una commissione di 5 membri, di cui tre rappresentanti della comunità scientifica (da chi designati? dal ministro?) , un direttore del ministero (e, quindi, sempre dipendente dal ministro) e un rappresentante delle Regioni (e, quindi, sempre di matrice politica). Non basta: questa commissione esamina le domande ricevute ma non procede ad alcuna classifica, neppure per titoli, secondo criteri oggettivi prestabiliti, come si usa in ogni concorso di qualche serietà ma si limita ad indicare tre nomi. Tra questi il ministro è libero di scegliere. Non era questa la filosofia cui Livia Turco diceva di volersi ispirare per la riforma del governo sanitario.

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