Piani di rientro: non sono più strumenti di governo del deficit. Con i piani si decide di cancellare livelli essenziali di assistenza.

10 Agosto 2011

Piani di rientro: non sono più strumenti di governo del deficit. Con i piani si decide di cancellare livelli essenziali di assistenza. Comunicato stampa di Cecilia Taranto Segretaria Nazionale Fp Cgil Sanità

 
L’incontro di domani fra la Regione Puglia e Ministero della Salute è emblematico di come lo strumento del piano di rientro e dell’amministrazione controllata nella gestione dei deficit sanitari regionali sia stato completamente snaturato, stravolto.
 
Da sempre sosteniamo che qualsivoglia intervento “centrale” sui piani di rientro deve avere immancabilmente due ordini di valutazione, altrettanto determinanti: l’esigenza di razionalizzare la spesa e di riportare i bilanci in pareggio con quello, irrinunciabile, di continuare a garantire i livelli essenziali di assistenza ai cittadini di quelle regioni sottoposte ad “amministrazione controllata” o “commissariate”.
 
Ciò che invece si sta via via determinando è una gestione che fa sopravanzare valutazioni politiche, oltretutto spesso non oggettive, a quelle “tecniche”.
 
Mettere in discussione il rapporto di lavoro di circa 350 professionisti della sanità pugliese (medici ed infermieri) sulla base della sola valutazione economica (oltretutto tutta da verificare) e non sul fatto che senza quei 350 operatori i livelli essenziali di assistenza per i cittadini di una intera regione sono violati, non garantiti, è il risultato di una scorretta interpretazione dello strumento del piano di rientro.
 
Se, così come dimostrato, senza quelle lavoratrici e quei lavoratori, chiudono servizi, ambulatori, reparti ospedalieri non esiste valutazione di opportunità economica che tenga: i LEA prima di tutto.
 
E di questi esempi ne potremmo fare in tutte le regioni sottoposte a piano di rientro o in amministrazione “controllata”: dalla Calabria alla Campania, dall’Abruzzo al Lazio.
 
E’ vero che in questo Paese è in atto da anni una vera e propria operazione di destrutturazione del Servizio Sanitario Nazionale e dei suoi principi di universalità e solidarietà, ma farlo attraverso strumenti “tecnici”, tavoli “tecnici”, procedure “tecniche” è, non solo sbagliato, ma anche ipocrita.
 
 La gestione coordinata dei deficit sanitari regionali va riportata entro i giusti limiti. E, comunque, il diritto al livello essenziale di assistenza non può essere messo in discussione.
 
Roma, 3 agosto 2011

 
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