Corte dei Conti: Proposta di “Giornata Nazionale per un Patto per la Corte dei Conti”

14 Maggio 2012

 

LA PROPOSTA DI "GIORNATA NAZIONALE PER LA CORTE DEI CONTI"

 

 
Il “progetto-Corte” e la nostra proposta di “Giornata Nazionale” per un “Patto per la Corte dei conti”
 

            Partiamo dalla contestualizzazione dell’ iniziativa.
 
            Alcune considerazioni poste in maniera schematica, per esigenze di chiarezza.
 
La prima e abbastanza ovvia considerazione, è relativa al fatto che qualsiasi “patto” presuppone un buon livello di confronto e di condivisione che porti a capire su che cosa è possibile procedere concretamente ad un’ intesa.
Pertanto, dobbiamo innanzitutto valutare che tipo d’ interlocuzione si può avere col personale di magistratura.

Sotto questo aspetto, è interessante notare che, negli ultimi mesi s’è aperto un dibattito nell’ ANM Corte dei conti su un’ ipotesi di modifica dell’ art. 11 della L. 15/2009 che miri a ristabilire almeno in parte la situazione precedente, ciò anche in considerazione del diverso quadro politico (si veda il verbale del consiglio direttivo del 27/02/2012 pubblicato sulla intranet).
La Presidenza della Corte sembra più incline a “soluzioni interne” che ad un impegno diretto per il cambiamento della norma: ne sono testimonianza sia il nuovo regolamento del Consiglio di Presidenza (deliberato nell’ adunanza del 24-25 gennaio 2012) dove si cercano di attenuare alcuni aspetti maggiormente “presidenzialistici” del citato articolo della “Brunetta”, sia l’ “incidente” verificatosi all’ inaugurazione dell’ anno giudiziario della Sezione Giurisdizionale per il Lazio (il prof. Caravita che ha abbandonato l’ aula al momento in cui il rappresentante dell’ ANM ha toccato proprio il punto della modifica dell’ art. 11).
Più volte abbiamo espresso  la nostra posizione critica sulla disposizione in commento, ora si tratta di capire fino a che punto l’ ANM è capace di spingere sui vertici istituzionali per una modifica e se (e in che modo) si possono valutare autonome forme di appoggio alla stessa.

E’ chiaro che un eventuale appoggio  sulla modifica dell’ art. 11 può essere un terreno comune d’ iniziativa, che serva ad avviare un proficuo confronto con l’ ANM sui punti di dissenso culturale e di prospettiva.

Se ne cita qualcuno a livello esemplificativo:
a) l’ opposizione a vere forme di valorizzazione delle professionalità amministrative che vengono accettate strumentalmente soltanto quando servano a non riformare il “corpo” magistratuale.
Si pensi ai funzionari di area III laureati in economia cui si fa riferimento per evitare che ci siano anche magistrati laureati in economia[1] come, invece, accade nelle Corte dei conti di altri paesi europei. – Questa posizione, è particolarmente miope e oltre a generare il dubbio che, in alcuni casi, soprattutto al controllo, i nostri altrettanto validi colleghi laureati in giurisprudenza siano da “rottamare”, rende particolarmente debole l’ Istituto di fronte alla prevista Authority che si annuncia fortemente caratterizzata proprio da professionalità di tipo economico-statistico. – Se, in questi anni, si fosse pensato a reclutare non soltanto funzionari laureati in economia ma anche magistrati, oggi la “partita” sul recepimento della direttiva europea n. 85/2011[2]  e su quella di attuazione della disposizione della legge costituzionale di riforma dell’ art. 81 sarebbe sicuramente diversa perché le frecce all’ arco della Corte sarebbero state maggiori. – Insomma, il reclutamento di funzionari laureati in economia e scienze statististiche è un fatto importante e positivo, ma non è sufficiente;
 
b) la separazione tra Corte – Amministrazione e Corte – Istituzione pesa come un macigno non soltanto sulla corretta definizione del ciclo di gestione della performance, soprattutto di quella organizzativa, ma è un oggettivo ostacolo alla valorizzazione di cui sopra. – Su questo punto, sinora, non abbiamo mai sentito posizioni contrarie dall’ ANM e, non a caso, è uno dei punti che affrontiamo nella nostra “lettera aperta” da “SINDACATO A SINDACATO”;
 
c) non è chiaro se rispetto alla “Commissione Giampaolino” ci sia prevalentemente una critica per non essere stati informati preventivamente  o se ci siano anche contenuti culturalmente diversi, ad es., dalle “linee direttive” di cui all’ intervento del professor Caravita di Toritto (vice-presidente della Commissione).
 
Quest’ ultimo punto, ci dà la possibilità di passare al secondo gruppo di considerazioni.

Stante l’ attuale quadro politico-istituzionale, come delineatosi in seguito alla riforma del titolo V parte II della Costituzione, è da ritenere che ci siano dei “dubbi di costituzionalità” nello spingersi fino a delineare apertamente il superamento di quanto previsto dalla nota sentenza n. 29/1995 della Corte Costituzionale.
Questo profilo, tra i vari su cui abbiamo da formulare critiche  alle citate “linee direttive” del professore Caravita di Toritto, sembra preliminare rispetto a tutti gli altri.

Infatti, non soltanto l’ art. 3 della legge 20/94 (oggetto della citata sentenza della Corte Costituzionale) è stato “salvato” per la natura “collaborativa” del controllo sulla gestione, ma anche il controllo di regolarità contabile di cui alla finanziaria 2006 è stato “salvato” con la medesima motivazione (sentenza n. 179/2007).

Certo, all’interno della Corte ci sono degli “ultras” che già ora mandano deliberazioni delle Sezioni Regionali di controllo alle nostre Procure, pertanto, sotto quest’ aspetto, il riferimento contenuto nella relazione di Caravita ad un collegamento della funzione di controllo con quella giurisdizionale bypassando le Procure Regionali sembra addirittura moderato (si veda la pag. 5 del citato intervento).
In realtà, anche la proposta di istituire “Sezioni Centrali Consultive”, togliendo dette funzioni alle Sezioni Regionali,  da un lato,  sembra “copiare” il modello Consiglio di Stato (configuratosi in un contesto storico ed istituzionale ben diverso) dall’ altro, più che ad assicurare maggiormente la “funzione nomofilattica” sembra anch’ essa rivolta a meglio trasformare le Sezioni Regionali in “watchdog”  degli EE.LL. togliendo ad esse la più tipica delle funzioni collaborative svolte dalla Corte e molto apprezzata dagli Enti visto il progressivo incremento della stessa.

Per noi, la critica ad una riorganizzazione centralistica e da “controllo sanzionatorio” della Corte non è soltanto rispetto all’ ormai annosa questione del rapporto tra controllo e giurisdizione, in realtà, oggi significa anche criticare il “centralismo liberista” che ispira la legge costituzionale n. 1/2012 la cui attuazione s’ intreccia con la citata direttiva europea – la n. 2011/85 –  che prevede il citato nuovo organismo e facente parte dell’ elenco di quelle che dovranno essere recepite nel nostro ordinamento con la prossima “legge comunitaria”, l’ A.C. n. 4925, il cui esame parlamentare è iniziato nello scorso mese di aprile.

Naturalmente, l’ augurio è che qualche “spiffero” del “vento francese” giunga nelle aule parlamentari.

Tuttavia, è da notare che la citata legge costituzionale n. 1/2012 prevede anche l’ approvazione, entro la fine di febbraio 2013, di una “legge rinforzata”  che disciplinerà la nuova Authority che sarà la prima ad avere una rilevanza costituzionale.
Ciò, si sposa col vecchio vizio italico di creare nuovi organismi, invece di riformare quelli esistenti, come, per l’ appunto, la nostra Corte dei conti.

Quindi, un altro importante punto di convergenza potrebbe essere quello di delimitare al massimo il nuovo organismo sia sul piano dell’ apparato che di quello delle funzioni.
Sul piano organizzativo, sarebbe assurdo che in una fase di accorpamenti, tagli e soppressioni si può pensare soltanto ad un organismo “leggero” che nasca da una ristrutturazione/unificazione dei servizi studi e bilancio delle Camere già dotati di personale qualificato che svolgerebbe, se proprio necessario, il ruolo di “cane da guardia” dei conti pubblici.
Pertanto, la “resistenza istituzionale” da parte di settori della magistratura contabile, dovrebbe basarsi sul recupero  del modello di controllo collaborativo.
Quindi, si tratta di contrastare con proposte unificanti quella centralizzazione delle politiche di bilancio che, tra l’ altro, ha comportato il passaggio della materia dell’ “armonizzazione dei bilanci” dalla legislazione concorrente tra Stato e Regione a quella di legislazione esclusiva dello Stato separandola dalla materia del “coordinamento della finanza pubblica” che, invece, resta, opportunamente, di legislazione concorrente.
Infatti, la modifica dell’ art. 117 della Costituzione è anche di difficile comprensione logica all’ interno di una governance politico-istituzionale che, comunque, resta “multilivello” e, nello specifico, sembra molto contraddittoria visto l’ inscindibile nesso che c’è tra le materie dell’ “armonizzazione dei bilanci” e del “coordinamento della finanza pubblica”.

In realtà, la  rigida sovradeterminazione a livello europeo delle strategie di pianificazione della politica di bilancio porta ad un aumento degli aspetti “top down” del processo pianificatorio a scapito di quelli “bottom-up”  contravvenendo al concreto svilupparsi della strategia che, data la complessità delle situazioni che bisogna fronteggiare, è sempre più basata su quella metodologia che da anni gli studiosi hanno definito di “incrementalismo logico”[3] basata su piccoli e continui aggiustamenti che portano ad un riorientamento complessivo presupponendo, quindi, flessibilità invece di irrigidimenti addirittura di tipo costituzionale.

Insomma, sembra paradossale ma, facendo una facile battuta, centralizzazione delle politiche di bilancio e ciclo brunettiano della performance sono le classiche “due facce della stessa medaglia” costituite  dall’ enfasi e dal mito della “pianificazione razionale” (dalla pianificazione sovranazionale a quella dei singoli sottosettori della P.A. o, per dirla alla Brunetta, dal “piano della performance” alla direttiva annuale, alla “relazione sulla performance”).
Il riferimento è al tipico percorso “a cascata” (ripreso anche da deliberazioni CIVIT) degno dei piani quinquennali stile Comitato Centrale del PCUS in epoca staliniana.
Un simile meccanismo non poteva reggere, è andato in crisi nei singoli Paesi e sta per essere messo in discussione a livello europeo.
In questo senso, l’ accordo di Palazzo Vidoni è positivo se è il primo passo per mettere in discussione il “dirigismo liberista” e il modello di controllo ad esso legato.
Nello specifico, la Corte potrebbe sfruttare il fatto che, come al solito, ha un certo ritardo nei documenti di pianificazione e, pertanto, non ha ancora aggiornato il documento programmatico triennale restato al 2011-2013;
in quella sede potrebbe avere una posizione più “elastica” e costruire un qualche nesso tra performance organizzativa e individuale, allo stato mancante e che ha costituito una delle maggiori critiche sia delle nostre osservazioni al D.P. n. 53/2011 che nel parere n. 1/2012 del CUG;
naturalmente, il nuovo sistema di valutazione dovrà delinearsi all’ interno di una ripresa del confronto con le OO.SS. aspettando anche i principi scaturenti dalla nuova legge-delega. 
 
PER CONCLUDERE,  pensiamo che occorra fissare la data della “GIORNATA NAZIONALE PER LA CORTE” prima della conclusione dei lavori della “Commissione Giampaolino” e, comunque, entro il mese di giugno.
Roma, 11 maggio 2012 

DELEGAZIONE NAZIONALE TRATTANTE                                         F.P.-CGIL
F.P.-CGIL CORTE DEI CONTI                                                 FUNZIONI CENTRALI
 
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[1] L’ opposizione all’ inserimento di laureati in economia all’ interno della magistratura ha già portato nel passato, com’è noto, al boicottaggio della disposizione sulla riserva del 20% della dotazione organica a tale tipo di laureati: – Purtroppo, spesso, ci si basa su un raffronto non opportuno con la magistratura ordinaria che per esigenze specialistiche ha i “consulenti” e, quindi, in analogia ci si affida soltanto (o prevalentemente) al personale di supporto laureato in economia. – Questa concezione, nel corso degli anni, ha già provocato danni in quanto contribuisce a far concepire la Corte come una magistratura non sufficientemente specializzata;
altri, per giustificare la propria contrarietà all’ inserimento di laureati in economia nella dotazione organica richiedono un “uso mirato” dei consiglieri di nomina governativa, tuttavia, sappiamo che, storicamente, la nomina di questo tipo di consiglieri spesso serve a finalità non sempre confessate apertamente (ad es., a “piazzare” alti burocrati, ufficiali, ecc. che non trovano più adeguate collocazioni) e, inoltre, l’ aliquota sarebbe, comunque, numericamente insufficiente.

[2] La direttiva 2011/85/UE dell’ 8 novembre 2011 relativa ai requisiti per i quadri di bilancio degli Stati membri, si inserisce in un pacchetto di sei provvedimenti legislativi comunitari (“six pack”) volti all’ istituzionalizzazione, a livello europeo, del sistema di governance economica liberista.
La suddetta direttiva, sia nelle premesse che nei successivi articoli, prevede l’ istituzione dell’ organismo indipendente per controllare il rispetto delle regole di bilancio;
in particolare, al punto 16 delle premesse, si osserva: “Tali regole dovrebbero basarsi su un’ analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti od organismi dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri”.
E ancora, all’ art. 6, co.1, lett. b) “il controllo effettivo e tempestivo dell’ osservanza delle regole, basato su un’ analisi affidabile e indipendente, eseguita da organismi indipendenti o dotati di autonomia funzionale rispetto alle autorità di bilancio degli Stati membri”.
 
[3] Così Quagliani-Robotti Ed. Franco Angeli pagg. 40-42

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