Perché una donna….? La legge 40 è salda. Basta propaganda”. Così dichiarava all’Avvenire, il 3 aprile 2009, Eugenia Maria Roccella.

12 Marzo 2014

Perché una donna….?

La legge 40 è salda. Basta propaganda”.
 
Così dichiarava all’Avvenire, il 3 aprile 2009, Eugenia Maria Roccella.
 
Per chi avesse qualche problema di memoria, la Roccella è stata Sottosegretario di Stato al Ministero della Salute con il III Governo Berlusconi e così dichiarava all’indomani della sentenza della Consulta che sanciva i primi principi di incostituzionalità per una delle più brutte leggi che la destra abbia mai…partorito.
 
Quella legge, finalmente distrutta anche dalla Corte Europea dei Diritti, ha già fatto però migliaia di vittime: tutte donne, costrette a subire fisicamente il dolore di scelte ideologiche imposte da legislatori e governanti come la Roccella.
 
Una delle leggi più brutte ed allo stesso tempo esemplari di un ventennio di berlusconismo, di destre illiberali e misogine (il Pdl), di destre reazionarie ed integraliste (l’UDC), di destre tecnocratiche e asettiche (Monti).
 
Mi interrogo da tempo sul perché una donna dovrebbe scegliere di continuare a votare per queste destre.
 
Destre che hanno riportato indietro di quarant’anni la condizione materiale delle donne e che hanno lavorato alacremente per espiantarne fino all’ultimo embrione di libertà, di autodeterminazione.
 
La verità è che il Paese che la destra riconsegna dopo questo interminabile periodo di governo è sicuramente peggiore per tutti, innegabilmente “più” peggiore per le donne.
 
La distruzione del nostro sistema di welfare, il definanziamento del servizio sanitario nazionale, la minore capacità di erogare prestazioni di assistenza per non autosufficienti e anziani hanno parlato di noi e a noi, delle nostre giornate frenetiche passate fra un lavoro certificato (quello per il quale, forse, abbiamo un contratto regolare, pur con dimissioni in bianco già firmate all’atto dell’assunzione) e quello familiare, di cura, di presa in carico dei nostri anziani, dei nostri genitori.
 
Lo smantellamento della scuola pubblica, la distruzione di una idea “sociale” e collettiva delle scuole primarie parla di noi, delle difficoltà di accesso a nidi comunali o al tempo pieno per i nostri figli, dei salti, spesso “mortali”, che siamo costrette a fare per conciliare l’inconciliabile.
 
Le restrizioni per l’utilizzo di forme di lavoro positivamente flessibili come il part-time, dicono di noi, raccontano di drammi e vicende familiari, di donne sempre più piegate, incurvate sotto i colpi di un sistema che vuole espellerle dal mondo del lavoro.
 
La scomparsa progressiva di funzioni pubbliche a sostegno della libertà delle donne, quali ad esempio i consultori o i centri antiviolenza, narra di un isolamento sociale nel quale quelle destre hanno inteso ricacciare le donne, spesso, purtroppo, con la complicità di altre donne.
 
(A proposito, la consigliera Pdl della Regione Lazio, Olimpia Tarzia, ha dichiarato in questi giorni che riproporrà nella prossima consiliatura la sua orrenda proposta di legge sui consultori e sull’interruzione volontaria della gravidanza).
 
Dall’osservatorio non esaustivo, ma sicuramente significativo, del lavoro femminile nella pubblica amministrazione si ricavano dati significativi.
 
Nel 2009 le donne impiegate nella pubblica amministrazione erano 1.823.000 , nel 2011 sono scese a 1.784.000: 40.000 donne in meno nel lavoro pubblico.Nel 2009 le lavoratrici pubbliche in part-time erano 145.000, nel 2011 quel numero è calato di circa settemila unità.
 
Dal 2009 al 2011 l’utilizzo del telelavoro nelle pubbliche amministrazioni per le donne è cresciuto solo di 400 unità, passando da meno dell’ 0,1% del totale delle lavoratrici a…meno dell’0,1% dello stesso totale (1.272 donne che telelavorano su un totale 1.784.000 !)
 
Su circa 300.000 unità di personale soggetto a turnazioni nella pubblica amministrazione (quelli, cioè, che lavorano anche di pomeriggio e di notte) 180.000 sono lavoratrici, sono donne; mentre su 181.000 unità di personale soggetto a reperibilità, una di quelle condizioni che potrebbe favorire l’auspicata flessibilità nell’impiego femminile, le donne sono solo 70.000.
 
Nei ruoli dirigenziali della pubblica amministrazione la presenza femminile è minoritaria, e di tanto (molto meno del 40% del complessivo) e l’attribuzione di posizioni di responsabilità nell’organizzazione del lavoro investe le donne solo per poco più del 40%.
 
L’unico dato che vede crescere la presenza femminile nella pubblica amministrazione è il ricorso al lavoro precario: più del 60% è donna.
 
Gli interventi normativi che si sono succeduti dal 2008 in avanti, uniti alla sostanziale assenza di politiche attive dei vari ministri competenti (per ultima la Ministra Fornero che, nessuno si è accorto, aveva anche questa delega), ha cancellato di fatto la presenza dei comitati per le pari opportunità e contro il fenomeno del mobbing (in alcune amministrazioni sono ormai più di cinque anni che non si riuniscono, né deliberano).
 
Un quadro, quindi, quello che ci viene riconsegnato, desolante e drammatico, ancor di più se lo si rapporta al resto d’Europa.Ma quella domanda sul perché una donna dovrebbe continuare a votare per queste destre ha, per me, anche e soprattutto un altro significato.
 
Quella luccicante giostra di Zampanò, dalla quale “il nano ci guarda felice e non sa quel che dice”, quel substrato culturale fatto di battute offensive, di considerazioni volgari sul corpo delle donne, di utilizzatori finali e di ragazze diventate nipoti grazie ad un voto parlamentare, racconta meglio e più di ogni altro numero quanta arretratezza valoriale è stata scaricata su tutte noi, quanta libertà ci è stata sottratta.
 
Libere di decidere del nostro corpo, libere di lavorare, libere economicamente, libere ed organizzate; questi erano gli orizzonti di libertà e di non violenza di un movimento femminista, di un pensiero positivo che, pur con tutte le sue contraddizioni aveva costretto il paese a volgere lo sguardo verso direzioni diverse, ambiziose per quanto semplicemente civili.
 
Oggi quel paese, abbagliato dalle luci di quella giostra, confuso dalla sua musica a tutto volume, obnubilato dal frenetico e ripetitivo movimento dei suoi elementi e dal richiamo urlato del suo nano, ha voltato nuovamente la testa all’indietro. Perché una donna dovrebbe continuare a votare per queste destre?
 
Rossana Dettori Segretaria Generale FP CGIL

13 febbraio 2013

 
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