ILO – Scheda sul mondo del lavoro in Italia & ILO World of Work report 2013

04 Giugno 2013

ILO – Scheda sul mondo del lavoro in Italia (giugno 2013)

ILO World of Work report 2013

Avrete letto sicuramente sulla stampa del “Rapporto sul mondo del lavoro 2013′ che ‘International Labour Organization (ILO)  che fa il punto sull’andamento occupazionale nel globo rispetto al periodo ante-crisi, dove, oltretutto, in una scheda si criticano le politiche e le proposte sul lavoro dei governi italiani, Monti e Letta, in particolare l’ipotesi della cosidetta ‘staffetta generazionale’.

Si tratta del lavoro annuale del ILO, l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO), l’agenzia delle Nazioni Unite “che si occupa di promuovere il lavoro dignitoso e produttivo in condizioni di libertà, uguaglianza, sicurezza e dignità umana per uomini e donne. I suoi principali obiettivi sono: promuovere i diritti dei lavoratori, incoraggiare l’occupazione in condizioni dignitose, migliorare la protezione sociale e rafforzare il dialogo sulle problematiche del lavoro” ed è l’unica agenzia delle Nazioni Unite con una struttura tripartita: i rappresentanti dei governi, degli imprenditori e dei lavoratori determinano congiuntamente le politiche ed i programmi dell’Organizzazione. L’ILO è l’organismo internazionale responsabile dell’adozione e dell’attuazione delle norme internazionali del lavoro, 185 Stati membri e si prefigge di assicurare che le norme del lavoro siano rispettate sia nei principi che nella pratica.

Secondo il World of Work report 2013: Repairing the economic and social fabric («Rapporto sul mondo del lavoro 2013. Ristabilire il tessuto economico e sociale»), le disuguaglianze di reddito hanno registrato un aumento tra il 2010 e il 2011 in 14 dei 26 paesi avanzati presi in esame, tra cui Francia, Danimarca, Spagna e Stati Uniti. I livelli di diseguaglianza in 7 dei 12 paesi rimanenti, erano anche più elevati di quanto fossero all’inizio della crisi.

Secondo il rapporto nella maggioranza dei paesi a reddito medio-basso la differenza tra ricchi e poveri è ampia. Molte famiglie che sono riuscite a superare la soglia di povertà, ora rischiano di ripiombare nella miseria assoluta. Al contrario, negli ultimi due anni le disuguaglianze di reddito nelle economie avanzate sono cresciute, in un contesto di aumento della disoccupazione mondiale, di cui si prevede una crescita dagli attuali 200 milioni a circa 208 milioni entro il 2015.

Il rapporto mostra che, in molte economie avanzate, la classi media è sempre meno numerosa, un fenomeno dovuto, in parte, dalla disoccupazione di lunga durata, dal deterioramento della qualità del lavoro e dall’uscita dei lavoratori dal mercato del lavoro. In Spagna, la classe media è diminuita dal 50% nel 2007 al 46% nel 2010. Negli Stati Uniti, il 7% più ricco della popolazione ha registrato un incremento del reddito netto medio dal 56% nel 2009 al 63% nel 2011. Il rimanente 93% degli Americani ha registrato una diminuzione del reddito netto.

Nelle economie in via di sviluppo e in quelle emergenti, la classe media è aumentata da 263 milioni nel 1999 a 694 milioni nel 2010. È un aumento significativo per un numero crescente di paesi latino americani e asiatici, aumento che è stato registrato recentemente anche in alcuni paesi africani e arabi. Tuttavia, il gruppo definito «fluttuante» e vulnerabile — coloro appena al disopra del livello di povertà — è aumentato da 1 miliardo 117 milioni nel 1999 a 1 miliardo 925 milioni nel 2010, soprattutto nelle economie a reddito basso e medio-basso. Questo gruppo vulnerabile è quasi tre volte più grande del gruppo appartenente alla classe media.

Secondo l’ILO chi ha seguito strade opposte all’austerity ha finora ottenuto risultati assai più positivi. Gli USA hanno finanziato politiche per la crescita, riducendo la disoccupazione e arrivando, nel primo trimestre 2013, a un +2,5% del PIL. Paesi come l’Uruguay, il Brasile, l’Indonesia hanno consolidato e ampliato l’occupazione e la qualità del lavoro grazie a politiche di sviluppo. In Europa, invece, oltre alla disoccupazione, cresce la precarietà, quella che sino a poco tempo fa si era usi edulcorare chiamandola flessibilità.

 
 

 
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