WTO Bali i sindacati

16 Dicembre 2013

Il WTO non è in grado di riconciliare commercio e sviluppo

WTO Bali

Il giudizio dei sindacati su Bali

WTO, Bali. Per i sindacati “il WTO non è in grado di riconciliare commercio e sviluppo”.
L’approvazione del Pacchetto di Bali alla riunione ministeriale della OMC-WTO in Indonesia     (3 – 7 dicembre) ha rappresentato un cambio di passo nella gestione dei negoziati multilaterali di liberalizzazione dei commerci. Il consenso, raggiunto grazie alla mediazione attiva del nuovo Direttore Generale, il brasiliano Roberto Azevedo, porta con sé una serie di conseguenze legate allo sblocco non solo di alcuni specifici capitoli negoziali, ma probabilmente dell’intero Doha Development Round, iniziato più di dodici anni e in stallo dal 2005. (Vedi, in allegato, traduzione della dichiarazione finale dei ministri).

Critica la posizione dell’ITUC – CSI, Confederazione Internazionale dei Sindacati, che, in un documento (vedi allegato) firmato anche da EI (Education International) e PSI (Public Services International), le federazioni mondiali dell’educazione e dei servizi pubblici, ricorda come “la WTO sia incapace di conciliare commercio e sviluppo”.

Nello specifico del Trade Facilitation, i sindacati avvertono come “il ridimensionamento della capacità dei Governi nazionali nel determinare le proprie politiche” sia un elemento negativo “per i lavoratori, i servizi pubblici e lo sviluppo” e che “gli impegni vincolanti” dell’accordo sulle dogane “richiederanno ai Paesi più poveri del mondo di investire in progetti costosi come porti, procedure doganali e strutture per facilitare le importazioni dal mondo sviluppato”.

Critiche che concordano con quelle espresse dai movimenti sociali, raccolti in network come EndWTO e Our World Is Not For Sale (vedi allegato), dove si ricorda come il Trade Facilitation Agreement sia in verità un favore fatto alle grandi multinazionali della logistica e agli interessi espansivi delle economie avanzate.

Rispetto agli altri capitoli sul tavolo, come quello sulla sicurezza alimentare e sul “caso indiano”, le critiche di sindacati e società civile appaiono ancor più inconciliabili con il “trionfalismo” dei governi e di molte imprese.

Se il quotidiano di Nuova Delhi “The Hindu” titola, il 6 dicembre, “La posizione dell’India si impone a Bali”, e se Deep Kapuria, leader della Confederation of Indian Industry ricorda come “i risultati sulla sicurezza alimentare siano una grande vittoria per il sistema commerciale multilaterale ed un risultato storico per tutti i Paesi membri”, non dello stesso avviso sono le realtà della società civile. Biraj Patnaik della rete indiana “Right to Food Campaign” etichetta il compromesso come inadeguato, sottolineando che la decisione di limitare le agevolazioni sui sussidi alla sola India sia una “dichiarazione di bancarotta del libero mercato”.

Una posizione ancor più critica quella di Focus on the global South e di realtà come Social Movements for an Alternative Asia (SMAA), Gerak Lawan e La Via Campesina che evidenziano come l’opzione del Peace Clause, la clausola di pacificazione, si applichi su programmi di sicurezza alimentare già in atto, salvaguardando l’India ma non permettendo l’approvazione nel futuro di programmi simili da parte di altri Paesi in via di sviluppo. E come l’accordo approvato all’ultimo a Bali sia in verità un regalo a grandi multinazionali e Paesi sviluppati.

D’Altra parte, questa realtà è stata ben riassunta da diversi commenti dal mondo delle imprese multinazionali.

Scott Davis, presidente e direttore esecutivo di UPS, leader dei corrieri espresso, ha sottolineato come l’accordo, in particolare sul capitolo del Trade Facilitation, sia stato “un passo avanti enorme per le imprese piccole e grandi nel velocizzare la movimentazione di beni a livello globale, riducendo una burocrazia non necessaria”.

Una posizione condivisa da Walmart, una delle più importanti catene distributive statunitensi, che ricorda come il pacchetto approvato ridurrà in modo significativo “i costi doganali, della logistica, delle operazioni di confine ed altre inefficienze, migliorando la nostra capacità di consegnare il prodotto adatto al giusto prezzo nel momento giusto”.

Lo stesso Christian Verschueren, direttore generale di Euro-Commerce, in rappresentanza delle imprese europee della distribuzione organizzata e dell’ingrosso, ritiene che grazie al Pacchetto di Bali si assisterà a “procedure al confine più veloci e semplificate, che saranno catalizzatori per il commercio, la crescita e l’occupazione. Il Trade Facilitation Agreement è un accordo win-win”.

Alcuni studi, però, ridimensionano l’enorme valore, in termini di PIL globale, che il WTO assegna all’accordo e sottolineano, invece, i costi di adeguamento per i paesi in via di sviluppo.

Leopoldo Tartaglia (CGIL Politiche globali)

 
 

 
 

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