Senza mezzi né benzina, il dramma dei Vigili del fuoco

21 Ottobre 2014

Senza mezzi né benzina, il dramma dei Vigili del fuoco

 
Fatture e bollette arretrate, caschi scaduti. Altrove sono eroi, da noi precari e poco pagati

 

Caschi scaduti, stivali consumati e pile di fatture e bollette arretrate da pagare ai fornitori di gasolio, gas e luce. Il corpo dei Vigili del fuoco non se la passa proprio bene. Il blocco del turn over ha fatto lievitare l’età media e molti arrivano alla pensione ancora in attività di soccorso. Con loro invecchiano pure caserme e mezzi, che dovrebbero avere una manutenzione ordinaria continua e che invece vengono lasciati arrugginire. Semplicemente, perché i soldi non ci sono. A suon di spending review, dal 2010 in poi i fondi a disposizione del corpo nazionale sono stati ridotti di quasi il 50 per cento. E la legge di stabilità 2015 riserverà anche a loro il blocco degli stipendi per tutto il prossimo anno, con un taglio ulteriore (stimato dai sindacati) di altri 159 milioni di euro. Tagli su tagli che portano «a salti di turno cancellati, ferie congelate e forti conseguenze sulla sicurezza» di un lavoro 24 ore su 24 che già sicuro non è, denuncia Danilo Zuliani, vigile del fuoco dal 1976 e membro della Cgil Nazionale di categoria. Mentre altrove i Vigili del fuoco sono considerati degli eroi, da noi arrancano tra tagli, macchine che si fermano perché non ci sono fondi per comprare i pezzi di ricambio e stipendi che difficilmente superano i 1.500 euro.
Il primo problema sono i numeri. I Vigili del fuoco stabilizzati al momento sono circa 32mila, l’1% di tutti i dipendenti pubblici (di cui 13 donne in servizio sul territorio e 44 tra ingegneri, architetti, geometra e periti). Che significa: un vigile ogni 1.900 abitanti circa, quando la media dei Paesi europei è di un vigile ogni mille abitanti. Agli stabili si aggiungono i cosiddetti discontinui e i volontari, che vengono chiamati quando ce n’è bisogno e che sono fondamentali per coprire le emergenze. «Se volessimo raggiungere qualsiasi posto sul territorio nazionale nell’arco di 20 minuti dovremmo essere più di 50mila», dice Zuliani, «ma così non è». A coprire i buchi ci pensano quelli senza contratto. I discontinui sono i precari del corpo per eccellenza: possono essere retribuiti solo per 20 giorni consecutivi per un massimo di 180 giorni all’anno. La chiamata può arrivare in qualsiasi momento, anche con pochi giorni di preavviso. Solo nel 2012 i contratti a intermittenza da 20 giorni sono stati 70mila. Quelli chiamati con una certa regolarità sono circa 30mila, anche se «il budget a disposizione per il richiamo si abbassa di anno in anno», dice Zuliani, «e quindi ne chiamiamo sempre meno, con sforzi ulteriori da parte degli stabilizzati».

 

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