Agenzia delle Entrate: comunicato sulla direttiva anticorruzione

03 Marzo 2015

 

News

 
OSSERVAZIONI SULLA DIRETTIVA ANTICORRUZIONE
 

  
COMUNICATO
AGENZIA DELLE ENTRATE
 

La CGIL è da sempre parte attiva nella grande battaglia contro la corruzione, un fenomeno pericoloso per la tenuta democratica del Paese, che  affligge in maniera endemica il nostro sistema economico, sottrae risorse allo Stato contribuendo ad aumentare la povertà e a peggiorare la qualità dei servizi. L’illegalità e la  criminalità economica sono i veri ostacoli alla crescita e allo sviluppo, per rimuovere questi ostacoli è urgente rivedere tutta la normativa relativa al falso in bilancio e  contrastare con più determinazione l’evasione fiscale.
La legge 190/2012 si prefigge l’obiettivo di prevenire e contrastare i fenomeni corruttivi presenti nella pubblica Amministrazione, obbligando i singoli Enti  a dotarsi di un piano triennale anticorruzione.
 
Mentre la legge fa riferimento in maniera esplicita a denunce di comportamenti illegali, il problema potrebbe sorgere quando si passa dall’obbligo di una denuncia di atto illecito a  denuncia di presunto tale, dalla certezza del reato, alla segnalazione  anonima basata “sull’intuizione” di un  comportamento sospetto. 
 
Con la direttiva  del 25 febbraio l’Agenzia ha disciplinato “le modalità con cui i dipendenti possono segnalare le condotte illecite di cui sono venuti a conoscenza in ragione del rapporto di lavoro“. Le segnalazioni che possono essere  effettuate in forma anonima c.d. “whistleblowing,( soffia nel fischietto) devono  essere inviate al Responsabile della Prevenzione della Corruzione ( RPC) che dovrà valutare attraverso indagini interne la sussistenza dei comportamenti segnalati. La circolare precisa che ” le espressioni illecite o situazione di illecito, non vanno intese esclusivamente nella loro accezione penalistica, cioè come sinonimo di ” fattispecie a rilevanza penale” ma assumono un significato ben più ampio, comprendente ogni comportamento che possa ritenersi in contrasto con norme di legge, regolamenti, disposizione di prassi e organizzative dell’Agenzia.” L’Amministrazione ha  ritenuto  di  precisare che le segnalazioni non devono riguardare esclusivamente atti illeciti, fenomeni certi di corruzione di cui  il segnalante viene a conoscenza, bensì altre anomalie comportamentali, tipo, come è stato detto durante un corso sull’anticorruzione, “osservare come veste un collega“.
 

A titolo meramente esemplificativo, ma non certamente esaustivo, potranno costituire oggetto di utile segnalazione le seguenti fattispecie“:
·        Irregolarità nell’attestazione delle presenze in ufficio ( utilizzo irregolare del Badge).
La falsa attestazione in servizio è un reato grave, sanzionabile anche con il licenziamento, non è chiaro il collegamento con la norma anticorruzione: l’utilizzo irregolare del badge è una problematica più      inerente al codice di            comportamento del dipendente pubblico.  
·        Accessi indebiti agli applicativi informatici dell’Agenzia.
Più che lotta alla corruzione sembra ritornare la fobia della  fuga di notizie, il terrore che possa essere interrogato qualche “potente” di turno, come accadde nel 2007. Ricordiamo che l’accesso abusivo ai sistemi informatici  costituisce un reato, facilmente accertabile.   Chiedere ai lavoratori di denunciare tale reato è un invito a  controllare tutte le interrogazioni del collega di stanza?
·        Rapporti o contatti ricorrenti tra singoli operatori dell’ufficio e uno stesso contribuente/ consulente.
Su questo punto l’Agenzia dovrebbe essere più esplicita e indicare il numero minimo di contatti tollerati senza incorrere nella segnalazione! Il problema sarebbe irrisolvibile se il  consulente avesse molti clienti, specialmente nei piccoli uffici dove è impossibile dirottare il consulente presso altri funzionari: il dipendente dovrà appuntarsi quante volte ha incontrato quel consulente e rifiutarsi di riceverlo ancora?
 

E’ chiaro che non ci troviamo di fronte a segnalazioni di atti illeciti, in presenza dei quali la denuncia è un dovere di ogni cittadino, ma in presenza di ipotesi, di intuizioni, di giudizi personali sull’operato del collega.
È proprio questa mancanza di prove nella segnalazione, questo fare affidamento all’intuizione che sta determinando tra i circa  40 mila lavoratori dell’Agenzia  disagio e apprensione sul rischio di denunce anonime infondate. Alimentare un clima di sospetto generalizzato (un maccartismo postmoderno?) potrebbe minare il funzionamento degli uffici stessi, peggiorando la qualità e l’efficienza delle attività.
Qualche dubbio deve essere sorto anche nei vertici dell’Agenzia se nella direttiva si è ritenuto necessario spiegare  “che il dipendente che segnala  condotte illecite non è, e non può essere, assimilato a un delatore“: se sono denunce di atti illeciti ci sfugge la precisazione.
A questo punto non si comprendono le funzioni del  direttore dell’ufficio: se non è in grado di controllare “la presenza dei propri dipendenti in ufficio, di verificare l’applicazione  corretta dei  regolamenti , disposizioni di prassi e organizzative dell’Agenzia“, tutte materie  di cui ha l’esclusiva responsabilità, la sua presenza diventa superflua.
L’Agenzia in questi anni ha conferito ai sensi degli artt. 17 e 18 tantissime posizioni organizzative e di responsabilità andando ben oltre al 2% dell’organico di terza area come previsto dal CCNL, non possiamo pensare che sia in atto una delegittimazione di queste figure professionali.
 
L’Agenzia ha esaminato con attenzione quanto previsto dall’articolo 1 comma 16 della legge 190/2012?
Nell’articolo sono elencate le attività più esposte al fenomeno della corruzione tra le quali, alla lettera d), si fa esplicito riferimento alle “….progressioni di carriera di cui all’articolo 24 del decreto legislativo n.150 del 2009″.
 
È convinta l’Amministrazione che il tentativo di trasformare le progressioni economiche in promozioni (il famigerato 10%) non entri in contrasto con quanto stabilito dalla legge 190/2012?
Il giudizio insindacabile del dirigente per i percorsi professionali ed economici dei dipendenti risponde alle esigenze di una Pubblica Amministrazione trasparente in cui sia assicurata l’imparzialità?
È in grado l’Amministrazione di dimostrare che la gestione del personale per quanto riguarda i distacchi e i trasferimenti è trasparente e improntata sul principio dell’imparzialità?
Abbiamo notizie contraddittorie.
E se si attivasse il whistleblowing anche su questa delicata materia?
 
Sono interrogativi ai  quali gradiremmo venisse data  una risposta.

Roma, 3 marzo 2015
 

 

FP CGIL Nazionale                 FP CGIL Nazionale
 Carmine di Leo                      Luciano Boldorini
 

   

 
 

 
 
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