Conclusioni del Consiglio europeo, 17-18 marzo 2016

19 Marzo 2016

Conclusioni del Consiglio europeo, 17-18 marzo 2016

migranti

Accordo tra UE e Turchia sulla migrazione

C’è l’accordo con Ankara: l’Unione Europea e la Turchia collaboreranno per ridurre il flusso dei migranti che approdano nelle isole greche.

Nel terzo Consiglio Europeo nel giro di un mese  sono riusciti a concordare una dichiarazione congiunta, in cui si afferma che “tutti i nuovi migranti irregolari che passano dalla Turchia alle isole greche dal 20 marzo 2016 saranno rimandati in Turchia”, ovviamente “in pieno accordo con il diritto internazionale, pertanto escludendo qualsiasi tipo di espulsione collettiva e in pieno rispetto del principio di non-refoulement (nel diritto internazionale, significa che una persona bisognosa di protezione non può essere riconsegnata al proprio carnefice, ndr)”.

Nella dichiarazione si citano esplicitamente le “isole greche”, ma la Turchia ha anche un confine di terra con la Grecia, e pure con la Bulgaria. Sofia aveva chiesto nei giorni scorsi di essere inclusa nell’accordo con Ankara, per evitare il rischio di una deviazione dei flussi verso la Tracia, ma nella dichiarazione non si fa cenno alla Bulgaria, né al confine terrestre tra Grecia e Turchia europea.

Tuttavia, nelle conclusioni del Consiglio Europeo è scritto a chiare lettere che “il Consiglio è estremamente vigile per quanto riguarda possibili nuove rotte per i migranti irregolari e raccomanda di prendere qualsiasi misura che possa rendersi necessaria a questo riguardo”. Un impegno, questo, che Sofia potrebbe richiamare, nel caso si rendesse necessario. Non solo: al punto tre la Turchia si impegna a prendere “qualsiasi misura necessaria a prevenire l’apertura di nuove rotte via mare o via terra per le migrazioni illegali tra la Turchia e l’Ue, cooperando con l’Ue a questo fine”.
Ue e Turchia sottolineano che si tratta di “misure temporanee e straordinarieche sono necessarie a porre termine alle sofferenze umane e a ripristinare l’ordine pubblico”. I migranti che arriveranno sulle isole greche saranno registrati e qualsiasi domanda di asilo verrà “processata individualmente dalle autorità greche, in accordo con la direttiva sulle procedure d’asilo”. A questo fine, Grecia e Turchia prenderanno le necessarie misure e gli accordi bilaterali del caso.

Il costo del trasferimento dei migranti irregolari verso le coste turche verrà coperto dall’Unione Europea. L’altra gamba del sistema è che “per ogni siriano rimandato dalle isole greche in Turchia, un altro siriano verrà reinsediato dalla Turchia nell’Ue”, secondo un meccanismo che verrà sviluppato con l’assistenza delle agenzie dell’Ue, della Commissione e di altri Stati membri. Per il reinsediamento si utilizzeranno anzitutto i 18mila posti ancora non utilizzati nel programma di resettlement dell’Ue concordato l’anno scorso (ne sono stati usati 4.555 su 22mila circa), più un eventuale ulteriore ‘serbatoio’ di 54mila posti (quelli non usati dall’Ungheria).

In tutto sono 72mila posti. Se il numero dei ritorni verso la Turchia eccederà questa soglia, il meccanismo verrà interrotto. Se invece il numero dei ritorni dovesse arrivare vicino a 72mila, allora il meccanismo verrà rivisto. Una volta che le migrazioni irregolari verso l’Ue saranno, è la speranza, ridotte in modo “sostanziale e sostenibile”, allora verrà attivato uno schema umanitario volontario di ammissione, cui gli Stati parteciperanno su base, appunto, volontaria.

 
 

La dichiarazione del Segretario Generale della CES

“Un tentativo ipocrita di aggirare gli obblighi internazionali”, così Luca Visentini, segretario generale della Confederazione europea dei sindacati, ha descritto la proposta di accordo UE con la Turchia.”La CES è inorridita dalla mancanza di unità europea e di umanità nel trattare con i rifugiati che cercano riparo dalla guerra, e sta lavorando con i datori di lavoro per sostenere l’integrazione dei rifugiati e dei migranti nel mercato del lavoro.”Non ci può essere integrazione senza ricolllocazione. .Esortiamo i governi europei a riaprire le loro discussioni sul reinsediamento e l’integrazione invece di mettere tutti i loro sforzi nella chiusura della porta.
La responsabilità per i rifugiati non può semplicemente essere consegnata a Grecia e Turchia. “..”I leader dell’UE rischiano di fuggire non solo dalla loro responsabilità legale verso i rifugiati, ma anche dalla loro responsabilità verso le lavoratrici ed i lavoratori europei.”

 

La posizione di CGIL CISL UIL (11 marzo 2016)

COMUNICATO STAMPA UNITARIO CGIL, CISL, UIL
L’accordo UE con la Turchia porta al respingimento collettivo di vittime della guerra. L’Europa rispetti i diritti fondamentali di chi fugge dalle aree di conflitto
Esprimiamo la nostra più ferma condanna per i contenuti dell’accordo tra UE e Turchia circa il dramma dei migranti e dei rifugiati, soprattutto donne e bambini, un tema sul quale l’Europa sta dando prova di irresponsabilità e di debolezza verso gli egoismi nazionali. 
Di fronte ad una crisi umanitaria, alle decine di migliaia di migranti e rifugiati accampati in condizioni disumane spesso anche sul suolo di Stati europei, al dramma di persone che fuggono da situazioni di guerra e di miseria, l’Unione Europea e gli Stati membri rispondono alle numerose tragedie e morti (4000 morti in mare dall’inizio della crisi), erigendo nuove barriere e trasformando un problema umanitario in una materia di scambio politico ed economico con il governo della Turchia, scambio che si configura come un  possibile grave respingimento collettivo delle vittime di guerra.
Quanto stabilito nell’accordo, infatti, contrasta platealmente con le norme internazionali in materia di rispetto dei diritti umani e contraddice nella sostanza i valori fondamentali dell’Europa e lo spirito del progetto europeo, oltre a non rispettare quanto previsto da regolamenti e normative della stessa UE in tema di diritti dei rifugiati e dei richiedenti asilo. 
Consideriamo inaccettabile che l’obbligo all’accoglienza e ad un trattamento umano dei migranti e rifugiati sia ridotto a una mera questione di finanziamenti alla Turchia allo scopo di contenere il flusso di profughi. Accordo con un Paese il cui governo peraltro risulta non rispettoso dei diritti umani, di quelli dei lavoratori e dei sindacati, di quelli della libertà di stampa e di informazione. Un governo lontano dal rispetto degli standard di protezione internazionali, come del resto dimostra la continua persecuzione della minoranza curda.
L’Unione Europea deve ritrovare nel suo modello sociale e nei suoi principi originari la chiave per una risposta a questa emergenza in linea con gli accordi internazionali; risposta fondata sulla solidarietà e sul principio di accoglienza, per evitare che la questione dei rifugiati – al pari delle politiche economiche sbagliate, dell’insistenza sull’austerità cieca, del crescere delle disuguaglianze e del disagio sociale – divenga un possibile elemento di disgregazione dell’Europa stessa e di crisi irreversibile del processo di integrazione, oltreché un costo inaccettabile di vite umane.
Chiediamo al Governo italiano, che su questa emergenza si è mosso in maniera corretta, al fine di avere dall’insieme degli Stati europei una risposta comune e all’altezza della gravità della situazione, di non rassegnarsi ad un accordo che rappresenta non solo un compromesso al ribasso ma anche la concreta possibilità che aree, regioni e nazioni europee divengano zone di esclusiva realizzazione di campi e centri di detenzione, scaricando così sui territori coinvolti le responsabilità dell’intera UE.
Chiediamo altresì alla Confederazione Europea dei Sindacati, che negli ultimi mesi ha reiterato le critiche all’approccio e alla politica contraddittoria sulla questione da parte delle autorità europee, di decidere le iniziative adeguate, anche in termini di mobilitazione, per continuare a incalzare la Commissione europea e gli Stati membri e ottenere per i rifugiati, i richiedenti asilo e i migranti un trattamento all’altezza dei valori e delle tradizioni dell’Europa.
Roma, 11 marzo 2016

 
 

 
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