455 ONG chiedono di respingere il CETA

06 Dicembre 2016

450 ONG europee e canadesi chiedono di respingere il CETA

CETA

L’appello sottoscritto dalla CGIL e da EPSU

(6 dicembre 2016) Pubblichiamo la traduzione in italiano dell’appello di più di
450 associazioni della società civile e sindacati del Canada e
dell’UE, al quale hanno aderito la CGIL e l’EPSU. 

Noi, Organizzazioni della società civile del Canada e dell’Europa con la
firma di questa dichiarazione esprimiamo la nostra profonda
preoccupazione per l’Accordo Economico e Commerciale Globale (CETA)
tra l’UE e il Canada.
Durante il lungo processo del negoziato e della verifica giuridica dell’accordo abbiamo ripetutamente sottolineato i principali problemi derivanti dal testo del CETA. Abbiamo fornito contributi concreti, che avrebbero potuto innescare un cambiamento verso una politica commerciale più trasparente e democratica con al centro la protezione dell’ambiente e i diritti fondamentali delle persone. Ma nella versione del CETA firmata nell’ottobre del 2016 le nostre preoccupazioni non hanno ricevuto risposta. Per questa ragione affermiamo la nostra ferma opposizione alla ratifica dell’accordo (…)
Il CETA limita fortemente la capacità dei governi di creare, estendere e regolamentare i servizi pubblici e di fare marcia indietro a fronte del fallimento di liberalizzazioni e privatizzazioni già decise. Il CETA è il primo accordo UE che rende la liberalizzazione dei servizi la regola e la regolazione a favore dell’interesse pubblico l’eccezione. Questo minaccia l’accesso dei cittadini a servizi di alta qualità, come l’acqua, i trasporti, l’assistenza sociale e sanitaria, nonché i tentativi di fornire servizi pubblici in linea con obiettivi di interesse generale. (….)
Sollecitiamo:
– il Parlamento europeo, il Parlamento canadese, nonché i Parlamenti nazionali, provinciali e regionali, che hanno voce in capitolo nella ratifica, a difendere i diritti e gli interessi dei popoli che rappresentano, dalle minacce poste dal CETA, votando contro la ratifica dell’accordo;
– le numerose amministrazioni comunali, regionali e provinciali che hanno sollevato preoccupazioni per il CETA a far sentire la loro voce nel processo di ratifica;
-queste istituzioni ad avviare un’approfondita consultazione democratica, che includa la società civile, sui fondamenti di una nuova, agenda equa e sostenibile, per il commercio mondiale.Il CETA, così com’è,  non è un accordo commerciale progressista.
Sarebbe un errore assumere questo trattato, con le sue numerose disposizioni preoccupanti, come un modello per accordi futuri. Il CETA è una versione retrograda e persino più intrusiva e retriva della vecchia agenda di liberalizzazione degli scambi elaborata da e per le più grandi multinazionali del mondo. 
Un cambio di paradigma verso una politica commerciale trasparente e inclusiva fondata sulle esigenze delle persone e del nostro pianeta è ciò di cui abbiamo bisogno. Ratificare il CETA ci porterà ulteriormente lontani da questo cambiamento sempre più necessario

 
 

 
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