Beni Culturali: Fp Cgil, Mibact condannato per comportamento antisindacale

03 Febbraio 2017

Beni Culturali: Fp Cgil, Mibact condannato per comportamento antisindacale

Ogni vittoria per la democrazia nei luoghi di lavoro è una vittoria per la democrazia di tutti

Roma,
30 gennaio – “La sentenza del Giudice del lavoro di Cuneo, che condanna
il Mibact per comportamento antisindacale, riporta al centro
dell’attenzione il tema del Codice di Comportamento del dipendente
pubblico e del suo rapporto con uno dei due punti più controversi,
ovvero l’esercizio delle libertà sindacali e le eventuali
incompatibilità da questo derivanti rispetto alle attività di gestione
del personale”. È quanto si legge in una nota della Fp Cgil Nazionale.

Questo
tema, spiega la Funzione Pubblica Cgil, “unitamente ai limiti imposti
all’esercizio delle libertà di espressione in relazione al rapporto con i
media e più in generale all’esercizio del diritto di critica e di
opinione sugli atti gestionali e le attività del Ministero, rappresenta
una modalità tipica con cui oggi si interviene non solo al Mibact per
regolamentare i comportamenti dei propri dipendenti. Tramite una
interpretazione, per così dire, estensiva della regolamentazione
prevista dalla legislazione primaria, al punto da trasformare uno
strumento finalizzato a definire corretti parametri di etica
comportamentale in una forma di compressione di diritti fondamentali che
i dipendenti pubblici esercitano in quanto lavoratori e cittadini”.

Da
questo punto di vista, precisa il sindacato, “la sentenza di Cuneo è
particolarmente importante perché è il primo pronunciamento di un
giudice che interviene direttamente su un  Codice di Comportamento e ne
evidenzia il carattere fortemente discriminatorio in materia di
esercizio delle libertà sindacali. Intervenendo su un caso concreto:
quello di una lavoratrice Assistente alla Vigilanza con funzioni di
caposervizio, ovvero mansioni di coordinamento nell’organizzazione delle
turnazioni  degli addetti alla vigilanza. Mansioni da cui la
lavoratrice viene sollevata a causa della sua funzione di rappresentante
sindacale territoriale della Fp Cgil”.

La Funzione Pubblica
Cgil piemontese “ha deciso allora di ricorrere al Giudice del Lavoro
ritenendo questa disposizione antisindacale in quanto la legge che
disciplina questo tipo di incompatibilità la limita esclusivamente ai
compiti di direzione diretta di strutture deputate alle gestione del
personale. La rilevanza del tema per l’esercizio delle prerogative
sindacali nei luoghi di lavoro è profonda: se avesse prevalso una
valutazione di legittimità di quell’articolo del Codice intere categorie
di lavoratori, ad esempio gli impiegati amministrativi, i gestori dei
dati, chiunque avesse incarichi di coordinamento di personale sarebbe
stato escluso dal diritto a poter essere eletto nelle Rappresentanze
sindacali unitarie, in sostanza dal processo democratico primario per i
lavoratori”.

Il Giudice di Cuneo, aggiunge la Fp Cgil, “con una
sentenza mirabile da punto di vista della visione giuridica, ha invece
accolto in toto le tesi del Sindacato, sostenendo la piena illegittimità
di questa disposizione in quanto fuori dai perimetri previsti dalla
norma e pertanto fortemente lesiva del diritto di rappresentanza
sindacale.  E questa è soprattutto una vittoria dei nostri delegati di
luogo di lavoro che hanno subito sulla propria pelle una grave
discriminazione e non si sono piegati”.

Ma, sottolinea ancora la
nota del sindacato, “c’è un Codice di Comportamento che ancora va
cambiato e va  ripristinata la libertà di opinione dei lavoratori,
l’altro fattore di compressione della democrazia nel Ministero dei Beni
Culturali. Una sentenza  non basta, ma può aiutare a far crescere  la
consapevolezza che  la posta in palio è alta e tocca la concezione
stessa di fondamentali diritti costituzionali reinterpretati ad uso e
consumo  di processi di riorganizzazione  che vorrebbero imporre,
tramite i media compiacenti, una immagine di efficientismo manageriale
minacciata dall’esercizio di prerogative democratiche come la libertà di
opinione o di sciopero, il diritto alla buona occupazione, la difesa
del principio di tutela del patrimonio culturale. Un giudice a Cuneo ci
ha dimostrato invece che è possibile smontare questo canovaccio, che non
necessariamente siamo destinati ad una deriva autoritaria”, conclude la
Fp Cgil.

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