VVF – Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del C.N.V.V.F.

18 Luglio 2011


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Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del C.N.V.V.F.

15.03.2010 – Abbiamo ricevuto dal coordinatore FP CGIL VVF di Varese Fabio Barbonetti un articolo presentato il 7 marzo u.s. dal portale di informazione indipendente per il comparto sicurezza GrNet.it, pubblicato di seguito in allegato, nel quale l’avvocato Giorgio Carta esprime, dal punto di vista giuridico ed in perfetta sintonia con quanto più volte denunciato dalla FP CGIL VVF, la propria opinione riguardo la norma che introduce la “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.

La vaga promessa di un riconoscimento retributivo e previdenziale, in cambio di determinati obblighi e limitazioni previsti da leggi e regolamenti, si lega all’oggettiva difficoltà, accertata nelle aule dei tribunali amministrativi, nel far valere i diritti dei lavoratori in uniforme rispetto al sommo interesse pubblico della Difesa e della Sicurezza, distorcendo palesemente quanto sancito dall’art. 52 della Costituzione Italiana.

Risulta pertanto evidente il rischio di creare uno strumento volto a giustificare la restrizione delle tutele per il personale del comparto sicurezza celato dietro artificiose aspettative di cospicui guadagni economici.

Vale la pena, inoltre, soffermarsi a riflettere sull’aspetto paradossale del suddetto provvedimento che, da un lato tenta timidamente di gratificare il personale militare facendo partecipare il COCER (Consiglio centrale di rappresentanza militare) alle attività negoziali concernenti il trattamento economico del personale rappresentato, paventando l’istituzione di una sorta di sistema contrattuale per le forze armate, dall’altro sottrae materie contrattuali al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco in cambio di imprecisate risorse economiche da destinare ad una sconosciuta platea del personale con criteri di assegnazione non definiti.

Ci auguriamo, dunque, che il succitato ed autorevole parere possa contribuire a far crescere in tutto il personale la consapevolezza di quanto sia urgente e necessario un progetto di riforma del Corpo che ne riveda il modello organizzativo, maggiormente autonomo e decentrato, ne riaffermi compiti e funzioni nell’ambito del soccorso e della Protezione Civile, valorizzando anche il personale sia economicamente che professionalmente.

L’esatto contrario di soluzioni a carattere occasionale, spesso estemporanee e sbagliate come la norma in discussione, peraltro infelicemente ripresa dagli ordinamenti di altre amministrazioni dello Stato, il cui ruolo istituzionale prevede funzioni fondamentalmente e profondamente differenti da quelle dei Vigili del Fuoco.


 
Specificità, Avv. CARTA: norma pericolosa e liberticida
DOMENICA 07 MARZO 2010

Roma, 7 marzo – (di Giorgio Carta*) – Il plauso pressoché generale suscitato dall’approvazione della norma sulla cosiddetta specificità conferma, quasi che ce ne fosse ancora bisogno, che viviamo in un Paese drogato, dalle menti obnubilate, dove non esistono più i fatti o i concetti oggettivi e dove tutti sono ben disponibili a giurare che c’è il sole anche se è notte.

 

Dico questo perché, quando ho letto il testo della norma rubricata “Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”, ho pensato subito che fosse stato creato un pericoloso monstrum giuridico, cioè uno strumento idoneo a giustificare l’ulteriore repressione e limitazione dei diritti personali del personale del comparto sicurezza e difesa, i cui frutti amari si raccoglieranno nelle aule di giustizia amministrativa (quindi all’insaputa dei più e nel dramma silenzioso dei diretti interessati)
Il bello (si fa per dire) è che la caramella amara è stata avvolta in una accattivante carta colorata e pubblicizzata ingannevolmente, con la conseguenza che è stata applaudita da tutti quanti, sia carnefici, che collaborazionisti e vittime predestinate, le quali ultime continuano oggi ingenuamente a fantasticare sui sontuosi aumenti stipendiali in arrivo.
Trascorro troppo del mio tempo nelle aule dei TAR, per non avere invece timore e per non vedere la norma in questione per quella che è, cioè l’anello mancante tra l’articolo 52 della Costituzione ed il singolo sopruso inflitto al cittadino in uniforme.
La citata norma costituzionale (che pure sancisce che l’ordinamento delle Forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica) è stata da sempre tradizionalmente interpretata per dire il contrario di ciò che esprime e, quindi, per giustificare le numerose limitazioni di diritti (e sovente anche le prevaricazioni) perpetrate nei confronti dei cittadini in uniforme.
Di conseguenza, ogni qual volta, specie nelle aule di giustizia amministrativa, si rilevano le violazioni dei più essenziali diritti umani dell’essere umano e si evidenzia l’incostituzionalità di norme primarie e/o secondarie, i Giudici oppongono il testo (o meglio, l’interpretazione distorta) del citato articolo della Costituzione e concludono che fare il poliziotto o il militare è un mestiere duro, ma la stessa Costituzione ci consente di renderlo ancora più gravoso (e alieno ai diritti) perché ciò impone il perseguimento dei supremi interessi pubblici della Difesa e della Sicurezza.
Ebbene, in un contesto normativo e giurisprudenziale già così sbilanciato, oggi è stato fornito un nuovo strumento normativo idoneo a giustificare la limitazione dei diritti. La norma oggi in esame, infatti, dice esplicitamente ciò che alla Costituzione veniva surrettiziamente ed arbitrariamente appioppato: ogni limitazione dei diritti è consentita in virtù della specificità dei compiti assegnati.
La norma approvata dal Senato dice, infatti, che «è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti».
Ora, tale asserzione può suonare neutra a tutti tranne che a chi bazzica i tribunali amministrativi.
Da ora in poi, infatti, un trasferimento illegale e punitivo, una sanzione sproporzionata e arbitraria, una declinazione di giudizio caratteristico saranno ancora più difficili da far dichiarare illegittimi. Ciò perché risulterà ancora più difficile affermare che ai cittadini in divisa spettano i fondamentali diritti dell’uomo moderno.
No, diranno i giudici, i loro rapporti di lavoro sono specifici (o speciali) «in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti». E il gioco sarà concluso qui.
Sulla scorta di tale considerazione – normativamente sancita (e, ahimè, perfino applaudita!) – sarà impensabile cercare di persuadere un giudice che ogni essere umano ha gli stessi diritti dell’altro, che cioè non è speciale o “specifico”.
Mi immagino, poi, quale potrà essere il tenore degli ulteriori atti esecutivi cui la norma, al secondo comma, fa rinvio. Sulla scorta di tale premessa – la famigerata specificità – non vi potrà essere che un ulteriore declino della considerazione umana e del rispetto degli operatori della sicurezza e della difesa.
Eppure quasi tutti applaudono alla deriva in atto. Capisco i carnefici, ma non capisco i destinatari della norma.
E’ passata, infatti, la notizia che la norma sia fonte di una ridefinizione del trattamento economico dei cittadini in divisa. Ma perché si rinvia a dopo la specificazione e l’attuazione degli aumenti, oggi solo subliminalmente paventati?
Peraltro, la norma, dal punto di vista giuridico, è assolutamente neutra, non sancendo alcun obbligo di migliorare il trattamento economico degli operai con le stellette. Semplicemente, si autorizza a «stanziare le occorrenti risorse finanziarie». Ma per assegnarle a chi? Per retribuire cosa? Forse per pagare le indennità di trasferimenti d’autorità d’ora in poi resi più semplici ed immediati? Al momento non è dato saperlo, ma tutti intanto festeggiano!
Non solo. I militari oggi brindano alla novità contenuta – dicono – nel terzo comma della norma in esame, secondo il quale «il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale».
Quale sarebbe la novità contenuta in detta norma non si capisce. Di certo non è stato istituito, anche per i militari, il sistema della contrattazione, tra parte pubblica e parte sindacale, che vige per le forze di polizia ad ordinamento civile.
Semplicemente si autorizza (ma non era già previsto?) la partecipazione dei COCER alle “attività negoziali”, ma non si sa con quali poteri.
La novità – secondo tutti – starebbe nel concetto di negozialità, ma, in un negozio giuridico, o si è parte (contraente) o non si decide un bel niente. Partecipare ad un negozio, in termini giuridici non significa assolutamente niente: o si ha la possibilità di condizionare il contenuto dell’accordo o si è irrilevanti, come sempre. E allora che dire di questa norma? Perché gioire? 

                                                                                                               Avv. Giorgio Carta

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