CONCLUSIONI CONSIGLIO EUROPEO 30 GENNAIO 2012

31 Gennaio 2012

LA CES: UN FALLIMENTO LE CONCLUSIONI DEL CONSIGLIO EUROPEO (30 GENNAIO 2012)

Solo parole vuote su crescita e occupazione. Il nuovo trattato rassicura il Cancelliere Merkel ma non i milioni di precari e lavoratori europei.

“L’incontro informale era stato promosso come un vertice sulla crescita e l’occupazione. Ma alla fine non è stato così. Si è annunciata la nuova disciplina di bilancio ed una debole ed inconsistente dichiarazione su crescita e lavoro, senza nessun impegno sostanziale. Solo parole vuote che sembrano condurre verso una strada senza uscita. Un nuovo Trattato che sembra scritto per rassicurare il cancelliere Merkel e i suoi amici ma non i milioni di poveri, precari e poveri lavoratori europei che si attendevano una qualche risposta dalle istituzioni europee. – ha dichiarato la segretaria generale della CES Bernadette Ségol – ecco perchè ci opponiamo ad esso. L’austerità uccide la crescita e l’occupazione. Noi abbiamo bisogno di un social compact che ridia fiducia ai lavoratori ed ai cittadini europei.”

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E’ stato raggiunto, a tarda notte, l’accordo del Consiglio europeo al vertice informale dedicato principalmente al rilancio dell’economia europea. Due i temi, un programma per la crescita e una nuova disciplina di bilancio (il cosidetto fiscal compact). Su carta l’operazione è abbastanza riuscita. Il pacchetto fiscale però dovrà essere misurato alla prova dei fatti, e, in particolare, delle ratifiche nazionali.

Il nuovo Trattato intergovernativo non ha ricevuto l’unanimità. Lo hanno approvato 25 Paesi dell’Unione su 27. La Gran Bretagna, come previsto, non ha firmato l’intesa; ma neppure la Repubblica Ceca. A Praga sono alla guida personalità euroscettiche, non solo il presidente Václav Klaus, ma anche il primo ministro Petr Necas.

Molti dubbi arrivano dalle ratifiche nazionali. Dall’Irlanda, un recente sondaggio ha rivelato che due terzi degli interpellati vogliono che venga indetto un referendum. Solo una piccola maggioranza di irlandesi è pronta oggi ad approvare il nuovo Trattato. L’accordo intergovernativo entrerà in vigore non appena dodici Paesi lo avranno ratificato.

Il timore è di assistere alla nascita di una Europa a più velocità, tanto più che la Repubblica Ceca non ha un’opzione opt-out dalla moneta unica (a differenza della Gran Bretagna).

Con il patto sul fiscal compact, i 25 Paesi aderenti sposano come “regola d’oro” il pareggio di bilancio, accettano di inserire l’obbligo dell’equilibrio dei conti nelle Costituzioni nazionali o in leggi equivalenti e si impegnano a fare scattare sanzioni semi-automatiche in caso di violazione. I paesi che hanno un debito superiore al tetto fissato da Maastricht del 60% sul Pil si sono impegnano inoltre ad un piano di rientro pari ad 1/20 l’anno, tenendo però conto – come voleva dall’Italia – dei fattori attenuanti già previsti dal six-pack, il pacchetto di disposizioni sulla nuova governance economica.

I leader riuniti hanno poi dato il via libera alla creazione del fondo salva-stati permanente Esm, che da luglio prenderà il posto di quello provvisorio Esfm, rinviando però al vertice del primo di marzo la decisione sulle risorse (500 miliardi, come vorrebbe la Germania, o almeno 750 come chiedono altri paesi, Italia inclusa, la Commissione e il Fmi).

Sul fronte economico, i 27 si sono trovati d’accordo su un piano che deve per quanto possibile compensare gli sforzi di risanamento dei conti pubblici in molti Paesi, garantendo la «coesione sociale». Si dice

Nelle conclusioni del vertice, il primo a livello di capi di Stato e di Governo del 2012, segnato tra le altre cose dalle drammatiche difficoltà della Grecia in grave crisi debitoria, si sottolinea che misure per ridurre il costo del lavoro non salariale «possono avere un forte impatto sulla domanda di manodopera concernente lavoratori poco qualificati e giovani». Nuovi sforzi bisogna fare nell’apprendistato e nella formazione.

Fondi europei verranno dirottati proprio per raggiungere più rapidamente questi obiettivi. Per tentare di risolvere gli squilibri del mercato del lavoro in Europa – segnato per esempio da carenze di figure professionali in alcuni Paesi, compensate da un eccesso in altri Stati membri – il consiglio europeo promette «la realizzazione di  progressi nell’acquisizione e la salvaguardia dei a pensione complementare dei lavoratori migranti».

Si potrebbe pensare che su conclusioni di questo tipo l’accordo sarebbe stato generale. Invece no: il Governo svedese, rappresentato dal primo ministro Fredrik Reinfeldt, ha annunciato di non poter firmare l’intesa «per motivi parlamentari». L’Esecutivo di Reinfeldt è di minoranza. Come nel caso ceco, anche la scelta svedese ha contribuito ieri sera a mostrare al mondo un’Unione forse meno unita delle speranze.

 
 

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