Dipendenze – Droghe: Fp Cgil, Udu e Rete, progetto insieme per parlare a giovani rilanciando servizi

01 Settembre 2015

Dipendenze – Droghe: Fp Cgil, Udu e Rete, progetto insieme per parlare a giovani rilanciando servizi


“Prevenzione e contenimento dei rischi
indispensabile depenalizzare uso personale”

Roma, 1 settembre 2015

Cosa fare e a chi rivolgersi quando ‘si rimane
sotto’ per un eccesso di droga o alcol? Quali interventi  fare, come
agire e reagire, dove andare e con chi parlare? A queste domande, a
queste esigenze, – mai sopite ed esplose dopo la tragica morte di
Lamberto Lucaccioni, il giovane sedicenne deceduto lo scorso luglio dopo
una serata alla discoteca Cocoricò di Riccione, causata dall’assunzione
di Mdma – tenta di rispondere un progetto che la Fp Cgil sta elaborando
con le associazioni studentesche: l’Unione degli universitari e la Rete
degli Studenti.

Allo studio è infatti un progetto che usando le
nuove tecnologie possa parlare ai giovani e aprire loro le porte dei
servizi. “Un modo per i giovani di individuare i servizi territoriali,
interloquire con loro, rilanciando la loro funzione attraverso politiche
di riduzione del danno finalizzate al benessere delle persone che
utilizzano sostanze, ed alla prevenzione dei rischi legati all’abuso”,
come spiega Denise Amerini, responsabile dipendenze della Fp Cgil
Nazionale.

L’occasione per discutere di questo progetto e, più
in generale, del tema dell’uso delle sostanze si è registrata qualche
settimana fa in occasione di un incontro al ‘Revolution Camp’ tra la
Funzione Pubblica, Udu e Rete. Partendo dal caso della morte del giovane
a Riccione, Amerini ha osservato come: “Troppo è stato detto, spesso a
sproposito, fino alla morte accettata come logica conseguenza (‘se l’è
cercata’), e l’unica iniziativa messa realmente in campo è stata la
chiusura del locale, in quella logica sbrigativamente repressiva e
giustizialista che ormai pervade la politica, “la tolleranza zero”. Ma
non è questa la risposta di cui abbiamo bisogno. A partire dalla banale
considerazione che chiudere un locale o vietare un festa non elimina di
certo il problema in quanto si consuma comunque, di nascosto con un
aumento dei fattori di rischio se nessuno ti può soccorrere”.

Secondo
la dirigente sindacale della Fp Cgil, inoltre, “se è vero che è
aumentato l’uso di sostanze, non solo illegali, fra i giovani, è
altrettanto vero che questo non porta sempre alla dipendenza, ma che
necessitano approcci finalizzati alla prevenzione ed al contenimento dei
rischi, insieme ad un sistema di cura efficace e differenziato, in
grado di fornire una pluralità di interventi”. Un approccio però che si
scontra con le politiche sanitarie degli ultimi anni che, spiega ancora
Amerini, “si sono basate su tagli, il più delle volte lineari, che hanno
penalizzato in maniera drammatica soprattutto i servizi territoriali,
per quanto riguarda sia le risorse che il personale. Il blocco del turn
over ha fatto sì che le dotazioni organiche si siano sempre più
impoverite, e che le sostituzioni, laddove effettuate, siano state
sempre fatte ricorrendo a personale precario: i dati ci parlano di un
50% circa di sostituzioni avvenute ricorrendo a personale precario”.

Per
la responsabile dipendenze della Fp Cgil “è estremamente difficile, se
non impossibile, elaborare e praticare forme diverse di intervento, come
servizi di prossimità (drop in, attività di strada, centri a bassa
soglia), più appropriati e più efficaci, mortificando la professionalità
degli stessi operatori: gli interventi efficaci non sono soltanto
quelli che portano alla completa astensione, ma anche quelli che
permettono alle persone di vivere le loro scelte in maniera consapevole,
sicura, e che rispettano la loro autonomia e la loro dignità, senza
pregiudizi”.

Per questi motivi la Fp Cgil ritiene, nelle parole
di Amerini, “indispensabile rilanciare i servizi territoriali,
attraverso politiche di riduzione del danno finalizzate al benessere
delle persone che utilizzano sostanze, ed alla prevenzione dei rischi
legati all’abuso: pensiamo che i servizi debbano essere attrezzati per
poter intervenire in tutti i contesti in cui si fa uso di sostanze, come
i luoghi del divertimento giovanile, e quindi anche per l’analisi delle
sostanze, e che debbano essere predisposti luoghi e forme per la
somministrazione controllata. La libertà di accesso alle cure, e la
pluralità degli interventi (accoglimento, servizi di strada,
disintossicazione, autoaiuto, riduzione del danno, ecc.) sono – prosegue
Amerini – opportunità che vanno rese disponibili a tutti, rispettando
la libertà di scelta e di cura, garantendo il diritto all’accesso ai
servizi. Riteniamo indispensabile la depenalizzazione dell’uso
personale. Con un intervento di riduzione del danno si sarebbe potuto
evitare di stroncare due vite: quella del giovane morto e quella del
giovane etichettato come pusher. Rivendichiamo il rinnovo del contratto,
fermo al 2009, come strumento che permette di intervenire concretamente
sui temi dell’organizzazione del lavoro, e della valorizzazione delle
competenze, per rispondere alle esigenze di utenti ed operatori,
all’aumento degli interventi richiesti ed ai mutamenti dei bisogni per
una nuova cultura dei diritti di tutti i cittadini.”

Per il
coordinatore dell’Unione degli Universitari, Gianluca Scuccimarra, “per
anni l’Italia sul tema dell’utilizzo di sostanze (e quando parliamo di
sostanze dovremmo avere la coerenza di parlare di tutte le sostanze,
anche dell’alcol) ha perseguito politiche proibizioniste in
controtendenza con il resto d’Europa. Ma queste politiche cieche e
proibizioniste hanno funzionato? I continui tagli a servizi quali ad
esempio quelli per le dipendenze e di riduzione del danno che oggi
rischiano di essere eliminati a cosa hanno portato? Forse, anziché
puntare il dito su un locale o su un ragazzo etichettandolo come
‘pusher’, l’interrogativo che la stampa, la politica e la società tutta
dovrebbero porsi è: come prevenire che qualcuno, anziché divertirsi,
muoia? Dicendogli che la droga è il male del mondo o mettendo in campo
politiche innovative di prevenzione a partire dalle nostre scuole per
consentire ai ragazzi di scegliere consapevolmente anche come
divertirsi, informandoli sui rischi e le precauzioni da prendere?”

Infine,
Alberto Irone, portavoce della Rete degli Studenti Medi: “Il tema delle
sostanze è un tema controverso su cui nelle ultime settimane si sono
spesi fiumi di inchiostro fatti di stereotipi a volte anche ai limiti
della realtà. La responsabilità di ogni ragazzo che perde la vita
pensando di divertirsi senza poi divertirsi veramente è dello Stato, uno
Stato che anziché porre in campo politiche di prevenzione e riduzione
del danno ricerca nel proibizionismo e nei tagli ai servizi la
soluzione. E’ necessaria un’inversione di rotta innanzitutto culturale
in grado di ricreare una cultura del divertimento consapevole che parli a
noi giovani, responsabilizzandoci nelle nostre scelte e dandoci gli
strumenti utili per tutelarci. Questa è l’unica via che intravediamo in
un mondo in cui le sostanze esistono da migliaia di anni e che
evidentemente non sono elementi della società eliminabili e allora,
anziché nascondere la ‘polvere’ sotto il tappeto, possiamo parlarne
senza giudizi o almeno provarci?” .

 
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