CES: COMITATO DELLE DONNE – Nei giorni 15 e 16 dicembre 2009 si è tenuta a Bruxelles la riunione del Comitato delle donne della CES. Presentiamo la nota preparata dalla CGIL

18 Luglio 2011

CES: COMITATO DELLE DONNE – Nei giorni 15 e 16 dicembre 2009 si è tenuta a Bruxelles la riunione del Comitato delle donne della CES. Presentiamo la nota preparata dalla CGIL

Nei giorni 15 e 16 dicembre u.s. si è tenuta a Bruxelles la riunione del Comitato delle donne della CES.

I membri della Presidenza hanno aperto la riunione con un rapporto delle attività svolte dal gruppo dall’ultima riunione del Comitato e hanno dato una panoramica sulle questioni politiche attuali rispetto alla parità di genere.

Recentemente è stata approvato un parere del Comitato economico e sociale sui collegamenti tra parità di genere, crescita economica e tassi di occupazione, presentato dalla consigliera del CESE Beatrice Ouin relatrice del parere (testo allegato).

E’ stata poi presentata la campagna sui diritti dei lavoratori domestici. Il prossimo anno l’OIL discuterà della possibile adozione di standard internazionali per il lavoro domestico. Si è quindi discusso quali azioni i sindacati europei possono intraprendere per ottenere un risultato favorevole ad una convezione OIL sul tema.
Successivamente si è proceduto alla presentazione delle candidate alla nuova Presidenza del Comitato donne e si è proceduto all’elezione per le seguenti posizioni: una Presidente, due vice‐presidenti e tre membri supplenti. La nuova Presidenza risulta così composta:

Presidente: Claudia Menne, DGB Germania

Vice‐presidenti: Karin Enodd, LO Norvegia e France Sponem Perez, FO Francia

Membri supplenti: Gitta Vanpeborgh , FGTB Belgio; Gloria Mills, TUC Regno Unito ; Montserrat Sagarra Fito, EFFAT (Federazione europea alimentaristi), provenienza CC.OO Spagna

E’ stato rilevato che non ci sono state candidature provenienti dai Paesi PECO, e che la CES dovrà lavorare in futuro per integrare membri di questi Paesi.

I lavori del Comitato sono proseguiti con all’ordine del giorno diversi argomenti tra cui:

rapporto finale di valutazione del Quadro di azioni sulla parità di genere, adottato il 27 ottobre scorso dalla parti sociali europee nel Comitato dialogo sociale. Il rapporto sarà presto disponibile sul sito della CES.

Programma di lavoro della Commissione sulle priorità future nell’area della parità di genere: la Commissione sta preparando una nuova “roadmap strategy” e la CES ha preparato una posizione ufficiale in merito a seguito della recente consultazione della Commissione che ha coinvolto tutte le organizzazioni membre.

Riconciliazione tra lavoro, famiglia e vita privata: a giugno è stato adottato un accordo quadro rivisto tra le parti sociali europee sui congedi parentali e il Consiglio ha pubblcato il 30 novembre scorso una nuova direttiva che integra fedelmente i contenuti dell’accordo. La CES sta preparando delle linee guida per l’attuazione della stessa.

Direttiva maternità: il Parlamento sta lavorando alla revisione della Direttiva 92/85 sulla protezione delle donne incinte e della maternità. La CES ha adottato una sua posizione in merito all’ultimo Comitato esecutivo del 1 e 2 dicembre scorso e si tenterà di trovare con i parlamentari europei vicini alle posizioni della CES un compromesso accettabile che vada nella direzione di rafforzare l posizione delle donne lavoratrici nell’ambito della protezione della maternità.

La Ces ha inoltre presentato le attività previste da un progetto europeo finanziato dalla Commissione per migliorare la posizione delle donne nei processi decisionali nei sindacati, nella contrattazione collettiva e nel dialogo sociale. Una grande Conferenza sul tema si terrà a Lussemburgo l’11 e 12 marzo 2010 e un seminario con un numero più limitato di partecipanti avrà luogo a Berlino il 29 settembre 2010. I risultati di questo progetto, che includeranno anche una serie di raccomandazioni, saranno presentati per la loro approvazione agli organismi dirigenti della CES e costituiranno anche materiale di lavoro per i prossimo Congresso della CES del 2011.

Come ogni anno la CES sta preparando un questionario per le organizzazioni membre sull’8 marzo che si concentrerà in particolare sulle donne in ruoli di dirigenza nel sindacato e sul rapporto tra qualità del lavoro femminile e part‐time.

Prossime Presidenze dell’UE: il nuovo Trattato di Lisbona è stato approvato e non è ancora chiaro se questo avrà delle conseguenze sulle presidenze dell’Unione. Cionondimeno rimangono per il momento confermate le presidenze di Spagna, Belgio e Ungheria. La Spagna prevede nel suo programma di occuparsi maggiormente di Europa sociale, in particolare di pari opportunità e di lotta alla violenza domestica. La strategia post‐Lisbona dovrà includere nelle sue politiche le pari opportunità come elemento trasversale. Il Belgio ha già previsto una grande Conferenza di genere incentrata sui divari salariali ed un Vertice sull’uguaglianza che si occuperà di diversità e occupazione.

Allegato:

Comitato economico e sociale europeo SOC/338 Parità fra uomini e donne, crescita economica e occupazione Bruxelles, 1° ottobre 2009

PARERE del Comitato economico e scoiale europeo sul tema Il legame tra la parità fra uomini e donne, la crescita economica e il tasso di occupazione

(parere esplorativo)

Relatrice: OUIN

Con lettera datata 18 dicembre 2008, il ministro svedese degli Affari europei Cecilia MALMSTRÖM ha chiesto al Comitato economico e sociale europeo di elaborare, nella prospettiva della futura presidenza svedese, un parere esplorativo sul tema:

Il legame tra la parità fra uomini e donne, la crescita economica e il tasso di occupazione.

La sezione specializzata Occupazione, affari sociali, cittadinanza, incaricata di preparare i lavori del Comitato in materia, ha formulato il proprio parere in data 1° settembre 2009, sulla base del progetto predisposto dalla relatrice OUIN.

Alla sua 456a sessione plenaria, dei giorni 30 settembre e 1° ottobre 2009 (seduta del 1° ottobre), il Comitato economico e sociale europeo ha adottato il seguente parere con 138 voti favorevoli, 6 voti contrari e 6 astensioni.

1. Conclusioni e raccomandazioni

1.1 Il merito della richiesta della presidenza svedese di elaborare un parere sul tema dei legami tra la parità fra uomini e donne, la crescita e l’occupazione è che ci consente di fare un passo indietro e di cogliere il quadro d’insieme di tale tematica. Infatti, nonostante la parità tra uomini e donne abbia fatto oggetto di numerose relazioni e studi, nonché di direttive, leggi, raccomandazioni e accordi, la situazione fatica a cambiare e le ineguaglianze persistono. Esse sono un retaggio dei secoli passati e solo negli ultimi 50 anni ci si è battuti per eliminarle. Ormai, la parità tra uomini e donne è riconosciuta per legge, tuttavia, rimangono da cambiare le mentalità e i comportamenti dei singoli e della società. Il presente parere propone appunto di cambiare prospettiva, in particolare riguardo a tre temi: l’organizzazione del tempo, il riconoscimento della qualificazione delle attività di servizio alla persona e l’equilibrio di genere sia nei settori professionali che nei posti decisionali.

1.2 Le raccomandazioni del Comitato economico e sociale europeo (CESE) sono dunque rivolte agli Stati membri, alla Commissione, alle parti sociali, ma anche a tutti i soggetti della società civile.

Raccomandazioni rivolte agli Stati membri:

1.3 La crescita si misura attraverso l’aumento del PIL, che è però un indicatore che non riflette in misura sufficiente il contributo economico delle donne. È opportuno rivedere lo strumento utilizzato per calcolare la crescita, onde poter esaminare il legame esistente tra quest’ultima e la parità di genere.

1.4 Contribuire a garantire la parità tra uomini e donne deve essere considerato:

– un mezzo per promuovere la crescita e l’occupazione e non un costo o un ostacolo,

– uno strumento per potenziare l’indipendenza economica delle donne, le quali saranno indotte a consumare un maggior numero di beni e servizi,

– un sistema per investire nelle risorse umane, imponendo la parità di accesso alla formazione professionale e all’apprendimento permanente e valorizzando maggiormente l’esperienza e la diversità,

– un mezzo per creare le condizioni a favore di una migliore conciliazione tra lavoro, vita familiare e vita privata, proponendo orari di lavoro flessibili, scelti nell’interesse sia delle imprese che dei lavoratori, aumentando i servizi di assistenza, considerando i servizi per la prima infanzia non come un onere bensì come un investimento, e incoraggiando gli uomini a partecipare al lavoro familiare,

– un sistema per stimolare lo spirito imprenditoriale femminile sostenendo la creazione e la trasmissione di imprese e migliorando l’accesso delle donne ai finanziamenti,

– un mezzo per garantire la presa in considerazione della parità di genere in tutte le misure adottate a breve, medio e lungo termine per far fronte alla crisi economica e finanziaria sia a livello di Unione europea in generale sia a livello di singoli Stati membri,

– un modo per ridurre il fenomeno della “povertà dei lavoratori” (spesso i salariati sottopagati, i precari e i capo famiglia di nuclei monogenitoriali sono donne) migliorando l’accesso al lavoro e le possibilità di un impiego sicuro e di un salario decoroso.

Raccomandazioni rivolte alla Commissione:

1.5 Il CESE chiede di monitorare e valutare gli sforzi condotti dagli Stati membri nell’attuazione della tabella di marcia per la parità tra uomini e donne e di diventare una piattaforma di scambio di buone pratiche e di esperienze.

Raccomandazioni rivolte alle parti sociali:

1.6 Il Comitato chiede che venga attuato il quadro comune d’azione in materia di parità tra i sessi, concentrandosi sui ruoli rispettivi di uomini e donne, sulla promozione delle donne al processo decisionale, sul sostegno ad un equilibrio tra lavoro e vita privata e sulla riduzione della disparità salariale.

1.7 Chiede inoltre di migliorare le conoscenze e gli strumenti di lotta contro la separazione tradizionale degli impieghi tra maschili e femminili, al fine di favorirne l’equilibrio di genere.

1.8 Chiede infine di rendere le attività di assistenza alla persona delle vere e proprie professioni attraverso un maggior riconoscimento delle competenze necessarie per esercitarle.

Raccomandazioni rivolte a tutti i soggetti della società civile e ai responsabili politici. Il Comitato chiede di:

– prendere in considerazione delle altre modalità di pensionamento, prevedendo eventualmente la possibilità per chi lo desideri di beneficiare di tempo libero prima della pensione per far fronte ai propri obblighi familiari,

– potenziare l’offerta di servizi a domicilio attraverso lo sviluppo di servizi pubblici e la creazione di imprese,

– aumentare la presenza delle donne nelle funzioni dirigenziali degli enti pubblici e nei consigli di amministrazione e nei comitati direttivi delle imprese pubbliche e private,

– esaminare questo tema da una prospettiva di ampio respiro, per poter adottare sia misure immediatamente applicabili sia linee d’azione a lungo termine.

2. Introduzione

2.1 La necessità di adottare misure per migliorare la partecipazione delle donne al mercato del lavoro è parte integrante della strategia di Lisbona, vale a dire il processo destinato a trasformare l’Europa in una società più competitiva basata sulla conoscenza.

2.2 Nella relazione sulla parità tra donne e uomini 2008 , la Commissione afferma quanto segue: “il lavoro femminile è stato il principale fattore della continua crescita dell’occupazione nell’UE nel corso di questi ultimi anni. Tra il 2000 ed il 2006 il numero di persone che lavorano nell’UE-27 è salito di circa 12 milioni di unità, tra cui oltre 7,5 milioni di donne (…). Il tasso di occupazione delle donne con figli a carico è appena del 62,4%, contro il 91,4% degli uomini, con uno scarto di ben 29 punti percentuali. Oltre tre quarti dei lavoratori a tempo parziale sono donne (76,5%), un dato che corrisponde a una donna su tre, rispetto a meno di un uomo su dieci”.

2.3 Nella relazione del 2009 , la Commissione afferma che il tasso di occupazione femminile è del 58,3% contro il 72,5% di quello maschile e che il tasso di occupazione femminile a tempo parziale è del 31,2% contro il 7,7% di quello maschile. La Commissione inoltre sottolinea la predominanza delle donne nei settori in cui il lavoro è meno retribuito e mette in risalto la ripartizione iniqua dei poteri nelle istituzioni e nelle imprese.

2.4 Anche se è vero che in Europa la parità tra i sessi non è ancora realtà, è sicuramente vero che la situazione delle donne lavoratrici sul nostro continente è una delle migliori al mondo. Bisogna riconoscere che l’Unione europea ha affrontato il problema sin dal suo apparire e che ha creato strumenti statistici, condotto studi e analisi e adottato misure legislative in proposito.

2.5 Nonostante i progressi e i risultati positivi raggiunti, il potenziale economico delle donne non è stato adeguatamente valorizzato. Inoltre, la crisi economica e finanziaria mondiale senza precedenti attualmente in atto avrà probabilmente un impatto differente sulle donne e sugli uomini, data la loro diversa situazione nella sfera economica, sociale e familiare.

2.6 Considerando il gran numero di studi esistenti in materia, di raccomandazioni formulate e di decisioni adottate dalle istituzioni e dalle parti sociali europee (in 9 anni il Comitato ha adottato 14 pareri su temi legati alla parità tra uomini e donne) il CESE ha deciso di non trattare, nel presente documento, il tema della parità nel suo complesso. L’ambito del presente parere è dunque limitato ai legami tra la parità da un lato e la crescita e l’occupazione dall’altro, tenendo presente l’obiettivo stabilito dalla strategia di Lisbona per quanto concerne la maggiore partecipazione delle donne al mercato del lavoro .

3. Osservazioni generali

3.1 Antecedenti

3.1.1 Dagli anni ’60, c’è stato un costante aumento dell’occupazione femminile. Un grande passo verso la parità dei sessi è stato, sin dagli anni ’70, l’accesso in massa delle donne ad un lavoro. Da quando hanno avuto la possibilità di scegliere quando fare figli e di accedere agli studi superiori, le donne hanno voluto, al pari degli uomini, usare le loro competenze all’interno della società e non solo in ambito familiare, acquisendo un’indipendenza economica. Avere un lavoro retribuito significa avere una fonte di reddito personale, maggiori garanzie in termini di sicurezza sociale e di pensione, nonché una protezione contro la povertà in caso di separazione, divorzio o vedovanza.

3.1.2 L’ingresso delle donne nel mondo del lavoro ha creato nuove esigenze, che il mercato ha dovuto soddisfare. Lavorando in casa, le donne svolgevano un’attività che non era calcolata nel prodotto interno lordo. Quando le donne sono uscite dalla sfera familiare, si sono creati nuovi impieghi per svolgere i compiti che esse portavano avanti in casa. Basti pensare alle bambinaie e alle collaboratrici domestiche, e non solo.

3.1.3 L’occupazione femminile ha creato nuovi bisogni, che hanno contribuito allo sviluppo economico. Nel momento in cui le donne hanno trovato un’occupazione, le coppie si sono dotate di un maggior numero di elettrodomestici e di una seconda automobile, hanno cominciato a comprare piatti già pronti, hanno iniziato a pranzare fuori casa, le famiglie hanno avuto bisogno di servizi e strutture di assistenza ai malati, agli invalidi e agli anziani o di strutture per l’infanzia che funzionassero al di fuori dell’orario scolastico, tutti compiti che in precedenza erano portati avanti dalle casalinghe. Grazie ad un doppio stipendio, le coppie hanno potuto acquistare una casa e dedicarsi ad attività culturali, viaggiare, ecc. Questo ha comportato la creazione di posti di lavoro nell’industria degli elettrodomestici, in quella automobilistica e in quella agroalimentare, nella ristorazione collettiva, nei settori sanitari, sociali e parascolastici, dell’istruzione e della prima infanzia, nell’edilizia, nel settore turistico e in quello del tempo libero, della cultura e dei trasporti di passeggeri, ecc.

3.1.4 Da oramai quarant’anni, questo movimento di trasformazione del lavoro domestico in posti di lavoro è un motore della crescita. È tuttavia lecito chiedersi se si tratta veramente di crescita o piuttosto del riflesso del modo in cui essa è calcolata? L’economia non considera il lavoro domestico e familiare, eppure esso è necessario per garantire il funzionamento della società: da qui l’esigenza di porsi delle domande sul modo di calcolare la crescita.

3.2 Parità tra uomini e donne e crescita economica – fatti e constatazioni

3.2.1 Secondo un’analisi condotta dall’UE , il contributo della parità tra i sessi all’economia non deve essere misurato unicamente in termini di una migliore redditività delle imprese. Si tratta di un investimento produttivo che consente un progresso economico globale, una maggiore crescita e la creazione di posti di lavoro. La parità tra i sessi dà allo sviluppo un triplice contributo: 1) una più ampia partecipazione al mercato del lavoro comporta per le donne una migliore utilizzazione delle conoscenze su cui hanno investito nell’ambito della loro istruzione e formazione, 2) le donne acquisiscono una maggiore indipendenza economica, 3) le donne si integrano in modo più adeguato nel sistema fiscale e contribuiscono al benessere della collettività.

3.2.2 Anche se il contributo della parità tra i sessi all’economia è considerato come qualcosa che va al di là dell’approccio imprenditoriale e della gestione della diversità a livello delle aziende, non si può contestare che in alcuni casi quello all’approccio imprenditoriale ha portato a risultati economici positivi. La redditività delle aziende che annoverano un maggior numero di donne nei propri consigli di amministrazione è infatti maggiore.

3.2.3 Le politiche per la parità possono essere considerate un buon investimento a livello di risorse umane. Anche se gli obiettivi dello sviluppo economico sono circoscritti alla crescita economica, tali politiche possono avere, dal punto di vista dell’investimento, un impatto positivo sulle persone, le imprese, le regioni e le nazioni: anche un ricorso più ampio e più mirato alle donne caratterizzate da un alto grado di istruzione può generare vantaggi economici.

3.2.4 Una maggiore indipendenza economica delle donne è positiva per l’economia, poiché consente loro di acquistare più beni e servizi e aumenta il potere d’acquisto delle famiglie. Il contributo delle donne all’economia dovrebbe essere maggiormente riconosciuto nelle politiche economiche nazionali, regionali e locali.

3.3 La situazione attuale

3.3.1 Nel momento in cui la crisi economica e quella ambientale ci impongono di stabilire quale sia il tipo di sviluppo più auspicabile, c’è chi rimette in discussione il PIL come unico indicatore della crescita. Si potrebbe pertanto valutare l’uso di indicatori diversi .

3.3.2 Quali che siano gli indicatori impiegati, la situazione delle donne rimane non uguale a quella degli uomini, il che rappresenta un costo per la società. Gli Stati infatti investono lo stesso importo per l’istruzione di entrambi i sessi ma sono le ragazze a conseguire il 60% dei diplomi universitari europei. È dunque incomprensibile che non vi sia un maggiore sostegno da parte degli Stati alla successiva partecipazione delle donne al mercato del lavoro. La spesa sostenuta per l’istruzione di entrambi i sessi è la stessa, dunque le donne dovrebbero avere le stesse responsabilità e retribuzioni degli uomini. Le donne dovrebbero approfittare delle attuali trasformazioni per acquisire le nuove competenze necessarie ai nuovi impieghi. Ciò nondimeno, il contributo delle donne, la loro istruzione superiore e il loro potenziale per soddisfare le future esigenze del mercato del lavoro continuano ad essere sottovalutati e a non essere riconosciuti.

3.3.3 Lottare contro le disparità tra i sessi non è solo una questione etica ma significa gestire meglio le risorse umane. Se la presenza delle donne al lavoro aumenta, vi sarà maggiore ricchezza e maggiore consumo di beni e servizi e aumenteranno le entrate fiscali. Le equipe di lavoro miste presentano un più elevato potenziale di innovazione. Dare alle coppie i mezzi per realizzare il desiderio di avere figli, permettendo ai genitori di mantenere il loro posto di lavoro, significa lottare contro il deficit demografico. Se l’Europa desidera investire nel capitale umano, deve innanzi tutto affrontare la situazione di svantaggio delle donne .

3.3.4 Il potenziale di sviluppo delle donne è ostacolato in particolare dai seguenti fattori:

– l’iniqua condivisione delle responsabilità familiari (bambini, malati, genitori anziani, faccende domestiche, ecc.),

– l’insufficienza, sia in termini numerici sia in termini di qualità, di strutture di custodia prescolari pubbliche e anche di strutture di custodia alternative ad un prezzo accessibile a tutti,

– il peso degli stereotipi,

– la separazione orizzontale e verticale del mercato del lavoro,

– la separazione tra i sessi per quanto concerne l’orientamento scolastico e gli studi,

– il mancato riconoscimento delle qualifiche e delle competenze mostrate dalle donne in una serie di mestieri,

– il lavoro part-time, quando rappresenta una scelta obbligata,

– il lavoro precario,

– il lavoro non dichiarato,

– i bassi salari,

– le disparità salariali tra uomini e donne ,

– la violenza e le molestie di carattere sessuale e/o di genere,

– il numero troppo limitato di donne con responsabilità in campo politico ed economico,

– le condizioni svantaggiate delle donne imprenditrici, il sostegno inadeguato alla creazione e alla trasmissione di imprese e l’accesso ridotto ai finanziamenti,

– i comportamenti retrogradi diffusi da alcune comunità,

– la mancanza di modelli,

– le donne stesse, che non si valorizzano come fanno gli uomini (esitano a candidarsi a posizioni di responsabilità, hanno una scarsa fiducia in se stesse, non si dedicano al social networking, non sfruttano adeguatamente le opportunità e sono riluttanti a combattere la discriminazione).

3.3.5 Concentrare gli sforzi sulle condizioni di accesso e di mantenimento delle donne nel mercato del lavoro, colmando le disparità salariali tra uomini e donne, significa garantire una maggiore crescita, creare migliori posti di lavoro, prevenire la povertà e ridurre i costi della “crisi sociale”. In Europa, la povertà colpisce soprattutto le madri single .

3.3.6 In base alla antica ripartizione dei ruoli, il reddito percepito dall’uomo consentiva di finanziare il lavoro svolto da sua moglie a livello familiare, sociale e domestico. Oggi, se una coppia dispone di due stipendi, ne dedica prioritariamente uno, oltre che per finanziare i servizi necessari a coprire i compiti che venivano in precedenza svolti dalle casalinghe, al consumo di beni materiali.

3.3.7 In passato il lavoro gratuito delle casalinghe non aveva prezzo: trasformato in lavoro retribuito, esso finisce per avere un costo che i suoi utilizzatori non sono disposti o non possono pagare. Le bambinaie, le badanti, le domestiche vengono remunerate con i salari più bassi, lavorano part time, hanno più di un datore di lavoro contemporaneamente (i privati che le assumono per poche ore la settimana), e spesso operano nell’ambito dell’economia sommersa. In Europa il più importante settore di lavoro non dichiarato è quello dei lavori domestici.

3.3.8 I genitori affidano ciò che hanno di più prezioso, il loro bambino, a persone che percepiscono retribuzioni molto inferiori alla media ma chiedono che il loro livello di competenze sia elevato. Allo stesso modo, ad una domestica si lascia la chiave della propria casa senza però riconoscerle un salario corrispondente al grado di fiducia che le si accorda. È difficile che le qualifiche del personale domestico vengano riconosciute dal momento che le famiglie giudicano “facile” un compito che potrebbero esse stesse svolgere. Ma se occuparsi dei propri figli non è un mestiere, occuparsi dei figli degli altri invece lo è (occorrono nozioni di psicologia, dietetica, igiene, capacità di concentrazione e di ascolto, un’attenzione e un controllo permanenti, ecc.). Le competenze richieste sono spesso considerate “naturalmente” femminili e per questo ignorate in campo “professionale”. Esse vengono trasmesse a livello informale nelle famiglie piuttosto che insegnate a scuola.

4. Osservazioni particolari

4.1 La marcia verso la parità tra i sessi può continuare a creare crescita e posti di lavoro, essenzialmente per i seguenti motivi:

– l’aumento del tasso di occupazione delle donne crea ulteriori necessità di servizi,

– una rivalutazione dei salari femminili crea potere d’acquisto, ulteriore capacità di consumo ed entrate fiscali,

– una maggiore presenza femminile nelle cariche politiche e nelle posizioni decisionali ha un effetto positivo sulle prestazioni delle imprese e degli enti,

– l’aumento del numero delle donne imprenditrici crea valore aggiunto e contribuisce all’economia attraverso l’innovazione e la creazione di posti di lavoro.

4.2 Dato che è inutile ripetere quello che altri documenti comunitari hanno già affermato, il Comitato economico e sociale europeo si limita a proporre alcune piste, che appaiono meno battute delle altre.

4.2.1 Risolvere il problema degli impieghi separati per uomini e donne

4.2.1.1 L’ostacolo principale alla parità tra i sessi è attualmente la separazione degli impieghi tra uomini e donne. Esistono infatti da un lato professioni maschili e, dall’altro, professioni femminili in cui spesso i salari sono più bassi e nelle quali il lavoro part-time (non per scelta) e la precarietà sono fenomeni più frequenti.

4.2.1.2 Fino a quando una professione sarà riservata ad uno solo dei sessi, sarà oggetto di stereotipi. È oramai dimostrato che uomini e donne sono capaci di esercitare tutti i tipi di mestieri. Alcune professioni, che per lungo tempo sono state appannaggio quasi esclusivo degli uomini (insegnante, giudice, medico generico) sono ora prevalentemente femminili. Perché è tanto difficile garantire l’equilibrio di genere nell’occupazione? È opportuno incrementare le conoscenze in proposito, affrontare il problema e promuovere l’eterogeneità degli impieghi. Questo permetterà tra l’altro anche di scongiurare la carenza di manodopera che si registra in alcuni settori.

4.2.1.3 Gli ostacoli che vengono frapposti alla eterogeneità degli impieghi e delle funzioni sono spesso di origine inconscia e sono legati alla immagine dei ruoli. Essi affondano le loro radici nel sistema educativo, in base al quale la scelta della futura professione differisce a seconda del sesso. I genitori e gli insegnanti devono essere maggiormente sensibilizzati alle conseguenze delle scelte di carriera dei giovani. Anche i rappresentanti padronali e sindacali chiamati a negoziare i sistemi di classificazione e a stabilire una gerarchia delle qualifiche nel corso delle trattative salariali svolgono un ruolo fondamentale in questo campo: è dunque importante che essi comprendano il valore delle competenze acquisite nella sfera domestica e familiare. L’equilibrio di genere è carente anche a livello delle funzioni dirigenziali: dunque le grandi aziende e i gradi alti della pubblica amministrazione dovrebbero adottare misure per favorirlo.

4.2.2 Qualificare i lavori di assistenza alla persona rendendoli vere e proprie professioni

4.2.2.1 I lavori di assistenza alla persona devono diventare professioni a tutti gli effetti, con qualifiche ufficialmente riconosciute, un’adeguata formazione, un diploma e una carriera vera e propria. Per far sì che tale servizio non sia più basato su un rapporto personale tra i privati e coloro che offrono le loro prestazioni, è opportuno creare imprese e servizi pubblici di assistenza alla persona. Le famiglie non devono più svolgere il ruolo di datori di lavoro bensì quello di clienti o di utenti che beneficiano, a pagamento, di alcune ore di lavori domestici, di assistenza ad un anziano, di baby-sitting o di doposcuola. Occorrerebbe estendere a tutta l’Unione un sistema già collaudato in alcuni paesi europei, dove l’impresa o il servizio pubblico che dà lavoro è responsabile della sicurezza di beni e persone e deve accertare le qualifiche dei lavoratori che svolgono mansioni a domicilio. Questi ultimi hanno pertanto un unico datore di lavoro, sono retribuiti anche per il tempo che impiegano per recarsi da un primo ad un secondo domicilio, hanno accesso ad una formazione professionale e godono di tutte le garanzie collettive. È necessario elaborare un quadro di riferimento europeo per i servizi di assistenza a domicilio, che comprenda anche la dimensione psicologica di tali servizi (fiducia, empatia, attenzione, ascolto, controllo …) le indispensabili conoscenze che essi comportano (dietetica, incidenza dei prodotti impiegati sulla salute e l’ambiente …) e non solo la dimensione materiale e tecnica dei lavori domestici.

4.2.2.2 Il riconoscimento delle qualifiche farà però aumentare il costo di tali servizi, che già ora la maggior parte delle famiglie non può permettersi. Per renderli più accessibili per tutti, si potrebbe pensare a un finanziamento da parte dello Stato e a un contributo delle imprese – se previsto a livello di accordi aziendali.

4.2.2.3 Una più elevata professionalità dei servizi di assistenza alla persona e la garanzia di salari più adeguati renderà possibile anche una loro maggiore eterogeneità sul piano della partecipazione di entrambi i sessi. Quando gli uomini vorranno esercitare mestieri quali collaboratore domestico, baby-sitter o badante un gran passo in avanti sarà stato compiuto verso la parità tra i sessi.

4.2.3 Ripartire meglio le responsabilità familiari

4.2.3.1 I padri dedicano ai lavori familiari e domestici meno tempo delle madri. Sensibilizzare i padri circa l’importanza del loro ruolo accanto ai figli, spingere gli uomini a prendersi le loro responsabilità nei confronti dei genitori anziani e dei malati in famiglia sono condizioni essenziali per la parità.

4.2.4 L’assistenza alla prima infanzia

4.2.4.1 Sviluppare l’assistenza alla prima infanzia non deve essere considerato un costo ma un investimento. Secondo Gösta Esping Andersen , le madri che lavorano restituiscono a lungo termine gli aiuti ricevuti, attraverso l’aumento dei loro introiti nel corso della loro vita e le imposte corrispondenti che devono versare. Questo gettito rimborsa il sostegno pubblico iniziale e ha un impatto positivo sui bambini che ne beneficiano. Tale investimento permette inoltre di contenere il declino demografico dell’Europa.

4.2.5 Sviluppare l’offerta di servizi

La parità presuppone lo sviluppo di un’offerta di servizi che liberi le donne dai lavori domestici e familiari e garantisca loro occupazioni stabili, a tempo pieno e qualificate. Sviluppare l’offerta di tali servizi (assistenza alla prima infanzia, servizi parascolastici, assistenza agli anziani e agli invalidi, lavori domestici e stiratura) significa creare posti di lavoro.

4.2.5.1 Lo sviluppo di tali servizi presuppone un finanziamento sovvenzionato (Stato, imprese, clienti) . Alcuni recenti accordi tra le imprese e i loro dipendenti propongono servizi di assistenza alla persona come alternativa ad un aumento salariale. Proporre servizi che permettono di conciliare meglio vita privata e vita lavorativa fa parte della responsabilità sociale delle imprese.

4.2.6 Prevedere un “credito di tempo”

4.2.6.1 Per conciliare vita professionale e familiare i servizi non bastano. Per una buona parte di vita, crescere ed educare i propri figli richiede molto tempo. Il lavoro part-time, quando è frutto di una scelta volontaria, può aiutare le persone con famiglia a carico a conciliare meglio la loro vita professionale, familiare e privata: esso non deve tuttavia rendere fragile la posizione delle donne nell’occupazione e nella vita, soprattutto quando esse rivestono il ruolo di capo famiglia, né scoraggiare i padri a partecipare alla vita familiare. Entrambi i genitori devono potersi occupare dei loro figli.

4.2.6.2 Vi sono poi altri membri della famiglia che richiedono il nostro tempo: le persone in fin di vita, gli ammalati, i genitori anziani. Nel momento in cui si sta procedendo alla riforma di tutti i regimi pensionistici, è opportuno abbandonare la visione della vita divisa in tre periodi: gli studi, il lavoro e la pensione. Ognuno deve avere la possibilità di studiare durante tutto l’arco della vita e disporre di un “credito di tempo” costituito da un numero sufficiente di anni da dedicare alle proprie attività familiari, sociali, associative, politiche e civiche. Bisognerebbe avere la possibilità di scegliere di prorogare l’età della pensione se si desidera disporre di tempo (finanziato come la pensione) durante la propria vita attiva.

4.2.7 Aumentare il numero delle donne alle funzioni dirigenziali

4.2.7.1 Le donne sono mal rappresentate in tutte le funzioni dirigenziali, in politica, ai livelli alti dell’amministrazione e nella direzione delle grandi imprese. Eppure, le imprese che contano una maggiore proporzione di donne nei loro consigli di amministrazione sono anche quelle che ottengono i migliori risultati finanziari. Le donne creano meno imprese e meno spesso assurgono al ruolo di dirigenti d’impresa. Dal canto loro, gli uomini sono poco rappresentati nella sfera familiare e usufruiscono meno dei congedi parentali.

4.2.7.2 Le donne che si sono imposte in un ambiente maschile potrebbero fungere da guida alle donne che aspirano alla stessa carriera (tutoraggio). In tale contesto, potrebbero rivelarsi necessarie delle misure vincolanti; i grandi enti pubblici e le grandi imprese private dovrebbero adottare misure per garantire una presenza femminile significativa tra i propri dirigenti.

4.2.8 Sostenere le donne imprenditrici

Le donne che intendono avviare o gestire un’attività imprenditoriale nell’UE hanno molte difficoltà a creare le proprie imprese e a mantenerle in vita, e questo per diversi fattori: scarsa conoscenza del mondo delle imprese, dei tipi di impresa e dei settori, limitate informazioni, assenza di contatti e di reti, dominio degli stereotipi, inadeguatezza e insufficiente flessibilità dei servizi per l’infanzia, difficoltà a conciliare affari e obblighi familiari, diversità del modo di concepire l’imprenditorialità da parte di uomini e donne. La tabella di marcia dell’UE per la parità tra uomini e donne ha individuato le misure da prendere per sostenere l’imprenditorialità femminile, per aiutare le donne a creare le loro imprese o a rilevare imprese esistenti, per far sì che esse godano di un’adeguata formazione all’imprenditorialità e per facilitare il loro accesso ai finanziamenti.

4.2.9 Il ruolo delle parti sociali

Dato che le disparità esistenti sul mercato del lavoro hanno cause complesse e collegate tra loro, nel 2005 le parti sociali europee hanno adottato – nell’ambito del loro primo programma di lavoro comune – un quadro d’azione sulla parità tra i sessi che copre essenzialmente quattro settori d’intervento: il ruolo del genere, la promozione delle donne nel processo decisionale, il sostegno all’equilibrio tra lavoro e vita privata e la riduzione delle disparità salariali.

Enzo Bernardo Ufficio Internazionale Fp Cgil

Bruxelles, 1° ottobre 2009

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