Emergenza Carceri: protesta a Viterbo del personale di Polizia Penitenziaria. Basta sensazionalismi, servono risposte tempestive e risolutive. Comunicato stampa di Francesco Quinti Responsabile Nazionale Comparto Sicurezza FP CGIL

18 Luglio 2011

Emergenza Carceri: protesta a Viterbo del personale di Polizia Penitenziaria. Basta sensazionalismi, servono risposte tempestive e risolutive. Comunicato stampa di Francesco Quinti Responsabile Nazionale Comparto Sicurezza FP CGIL

In concomitanza con la cerimonia locale della Festa del Corpo di Polizia Penitenziaria le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative del personale in servizio al carcere viterbese “Mammagialla”, come preannunciato, sono scese oggi in piazza per denunciare le insostenibili condizioni lavorative e le drammatica situazione vissuta dalla popolazione detenuta.

Un tentativo di spezzare il silenzio delle istituzioni politiche e amministrative, inerti di fronte al collasso del sistema penitenziario, alle privazioni vissute dai suoi lavoratori e dalle persone private della libertà personale.

La sicurezza dell’istituto penitenziario di Viterbo è pregiudicata: sovraffollato (ospita 700 detenuti, più del doppio del numero consentito); la carenza di personale di Polizia Penitenziaria ha superato le 220 unità, con un organico ormai dimezzato. I pochi poliziotti rimasti in servizio sono costretti a rinunciare istematicamente ai propri diritti contrattuali, a sostenere turni sfiancanti in condizione di assoluta insicurezza intra ed extra muraria, come dimostrano gli episodi di aggressione e umiliazione quotidiana, divenuti troppo frequenti.

Insopportabili l’immobilismo e la noncuranza del Governo, del Ministro della Giustizia e del Capo del DAP (che inoltre ricopre l’incarico di Commissario delegato all’attuazione del “Piano Carceri). Mentre le istituzioni e la politica continuano con il sensazionalismo degli annunci la Polizia Penitenziaria fa i conti con una triste realtà, con i suicidi, le aggressioni e con una situazione di instabilità costante che rasenta la rivolta, che non permette agli operatori di fare fino in fondo il proprio lavoro e ai detenuti di intraprendere veri percorsi di riabilitazione e di reinserimento nella società.

Viterbo, 21 maggio 2010

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