Euromed: nasce l’Unione per il Mediterraneo, Parigi 13 luglio 2008

18 Luglio 2011

Euromed: nasce l'Unione per il Mediterraneo, Parigi 13 luglio 2008

Il Vertice ha visto la nascita dell’Unione per il Mediterraneo (UPM). Un progetto che mira, sul modello dell’Unione Europea, a creare una comunità economica tra i paesi del bacino del Mediterraneo. 43 i capi di Stato e di Governo che hanno partecipato all’incontro. Il Summit per il Mediterraneo del 13 luglio 2008 ha avuto due principali aspetti: quello politico-istituzionale e quello economico.

L’Unione per il Mediterraneo vede la presenza dei 27 Paesi membri dell’Ue e di Albania, Algeria, Bosnia Erzegovina, Croazia, Egitto, , Giordania, Israele, Libia (osservatore), Libano, Marocco, Mauritania, Principato di Monaco, Montenegro, Siria, Tunisia, Turchia, Autorità palestinese. Ed inoltre le Nazioni Unite, l’Assemblea parlamentare euro-mediterraea (APEM), il Consiglio di cooperazione degli stati arabi del golfo, La Lega degli stati arabi,l’Unione Africana, l’Unione del Maghreb arabo ,l’Organizzazione della Conferenza islamica, la Banca africana di sviluppo, la Bei, la BM, l’Alleanza delle civilizzazioni, la Fondazione euro-mediterranea Anna Lindh per il dialogo delle culture. FYROM (ex repubblica iugoslava di Macedonia), già candidata formale all’UE e aderente alla carta del processo di Barcellona, potrebbe accedervi  successivamente.

Sul piano geografico e strategico, l’Unione per il Mediterraneo assicura una copertura più vasta ai confini Sud e Sud-Est dell’Unione. Oltre ai 27 paesi dell’UE, alla Turchia e ad Israele, ai paesi del Maghreb e del Mashrek, tutti già membri del processo di Barcellona, l’Unione per il Mediterraneo accoglie altri nuovi aderenti: il principato di Monaco, la Mauritania (in precedenza solo osservatrice nel processo di Barcellona) e soprattutto i Paesi mediterranei dei Balcani (la Croazia, la Bosnia Erzegovina, il Montenegro, l’Albania).

La Dichiarazione congiunta firmata dai rappresentanti dei 43 paesi ha ufficialmente lanciato il “Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo” e ne ha definite finalità e struttura istituzionale, sebbene l’accordo sull’implementazione di quest’ultima sia stato in parte rinviato alla conferenza dei ministri euro-mediterranei degli esteri prevista per il prossimo 3-4 novembre.

Il processo di nascita della UpM è stato lungo e tortuoso. L’UpM approvata a Parigi è ben diversa dalla proposta originaria di Sarkozy. Quella proposta riguardava solamente il Mediterraneo. Essa intendeva lanciare un’iniziativa diversa dal Partenariato euro-Mediterraneo (Pem) e dal processo di Barcellona, lasciandoli entrambi al loro destino, un destino ritenuto fallimentare e inconcludente. Ma ciò ha suscitato nell’Unione europea preoccupazioni circa la coesione comunitaria e indotto la Germania a promuovere l’inglobamento dell’iniziativa francese nel processo di Barcellona. Ciò è di fatto avvenuto sotto l’insegna di una sorta di endiadi – “Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo” – che include vecchie e nuove componenti del processo in un progetto dal sapore un po’ gattopardesco il cui profilo concreto è difficile predire.

Così, Sarkozy ha sacrificato la sua idea di Mediterraneo alla coesione europea, ma l’Unione europea ha ingoiato un progetto di rinnovamento della sua politica mediterranea eterogeneo nei suoi fini all’acquis del Partenariato euro-Mediterraneo, per mediocre che sia. La fusione dei due filoni risulta, con ogni evidenza, faticosa e non è escluso che la cicatrice non cesserà di vedersi.

La principale innovazione rispetto al Partenariato euro-mediterraneo è la struttura istituzionale, fondata su una Co-presidenza e un Segretariato congiunto, che vogliono sottolineare la co-ownership dei partner mediterranei ma evidenziano anche un certo ridimensionamento del ruolo della Commissione europea a vantaggio di un’enfasi maggiore sul principio intergovernativo (viene anche istituito un Comitato congiunto permanente, una sorta di Coreper per l’UpM).

Mutamento inevitabile nel momento in cui si passa da una politica dell’Unione europea per il Mediterraneo ad una Unione per il Mediterraneo composta da stati sovrani, del Nord come del Sud.

Mentre le vecchie strutture continueranno ad occuparsi delle materie che sono sempre state di competenza del Partenariato, le nuove strutture, in particolare il segretariato congiunto, si occuperanno del lancio e dell’esecuzione di alcuni grandi progetti trasversali e regionali, nel campo dell’ambiente, dell’energia, dei trasporti e dell’addestramento, etc. La Dichiarazione di Parigi contiene in annesso una lista, che si suppone indicativa, di tali progetti. L’esecuzione di questi grandi progetti trasversali di carattere economico, sociale e infrastrutturale è quello che caratterizzava la proposta originaria di Sarkozy e costituisce parte del valore aggiunto dell’UpM.

Sarà il Segretariato congiunto – di cui a novembre si deciderà la sede (sono in lizza Barcellona, Malta, Marsiglia, Rabat e Tunisi), da cui dipenderà la nazionalità del direttore (del Nord se la sede sarà a Sud e viceversa) – a gestire il principale strumento economico dell’UpM, ossia le sei iniziative descritte nell’Annesso della Dichiarazione. Alle quattro (ambiente, trasporti, energia solare, protezione civile) già individuate nella Comunicazione della Commissione europea dello scorso 20 maggio sono dunque state aggiunte l’istruzione superiore e lo sviluppo imprenditoriale.

In questo senso, appare innanzitutto rilevante l’estendersi della dimensione governativa a scapito di quella comunitaria. La Commissione che era il segretariato del processo di Barcellona, resta ora segretariato del processo pregresso, mentre delle nuove attività – i grandi progetti comuni – si occuperà il segretario congiunto dell’UpM. Inoltre, l’intero processo, sarà ora orchestrato dal Comitato congiunto permanente. La rinazionalizzazione dell’Ue trova nell’UpM e nella riforma del processo di Barcellona un’ulteriore espressione.

In secondo luogo, anche se la Dichiarazione di Parigi ne parla, rifacendosi all’acquis del processo di Barcellona, le ambizioni europee di riforma nei paesi del sud Mediterraneo – in parallelo alle riforme dell’allargamento – sono naufragate e con esse anche le ambizioni di promuovere i diritti umani. Il passaggio dalle riforme alla stabilità è una tendenza che si è sempre più affermata a partire dall’11 settembre. L’UpM è parte di questa tendenza: in essa di riforme non si parla affatto e neppure di diritti dell’uomo.

Nel complesso, la nuova politica euro-mediterranea si presenta con un maggiore potenziale politico (che frutterà però solo se l’Ue sarà capace di fare più politica), e con una struttura a due velocità (un vecchio apparato condotto essenzialmente dalla Commissione e un nuovo apparato con organi politici e tecnici congiunti che dovrebbe fornire la maggiore dinamica che serve a far avanzare la cooperazione euro-mediterranea).

Dichiarazione conclusiva.

Il vertice si è comunque concluso con l’approvazione di una Dichiarazione in cui si sono delineati tratti essenziali del nuovo progetto, da rendere pienamente operativo entro fine anno. 

  I partner, da eguali, si impegnano a costruire “un futuro di pace, democrazia, prosperità e intesa sul piano umano, sociale e culturale”. Per raggiungere questi obiettivo continueranno “con rinnovato dinamismo” a cercare la pace e la collaborazione, esamineranno i problemi comuni e trasformeranno queste buone intenzioni nelle azioni di un “rinnovato partnenariato per il progresso”. 

  Piuttosto che inseguire grandi obiettivi politici, l’Unione lancerà progetti regionali più modesti in sei settori: l’inquinamento del Mediterraneo; le autostrade e le nuove rotte marittime; il coordinamento della protezione civile; lo sfruttamento dell’energia solare; l’istruzione e la ricerca per aiutare le piccole e medie imprese. I finanziamenti verranno dal bilancio dell’Ue e dei Paesi partecipanti, dal settore privato e da istituzioni e partner internazionali. 

  Per tutti i Paesi che aderisco all’Unione, una immigrazione legale e gestita in modo ordinato e’ nell’interesse comune. E così la lotta contro l’immigrazione clandestina e la promozione del legame tra migrazione e sviluppo. Per questo serve un “approccio globale, equilibrato e intergrato”. 

  I leader si incanteranno ogni due anni per redigere una dichiarazione politica e una lista di progetti regionali concreti sulla base di un programma di lavoro biennale. I ministri degli Esteri si incontreranno ogni anno per valutare progressi fatti, preparare i summit e approvare i progetti. I summit avranno presidenza congiunta (Ue a rotazione semestrale e altri Paesi su base biennale), mentre a un segretariato spetterà seguire e promuovere i progetti e la ricerca di partner internazionali. La composizione, le dimensioni e la sede saranno decisi in occasione della riunione dei ministri degli Esteri a novembre.

Dettagli

Per quanto riguarda l’ambiente, la Dichiarazione menziona il programma di disinquinamento del Mediterraneo “Horizon 2020” che venne lanciato nel 2005 ma la cui attuazione si è avviata soltanto nel 2007 con una ricognizione sui progetti prioritari. Quest’anno una survey finanziata dalla Bei ha identificato 44 progetti “bancabili” per un costo stimato in 2,1 miliardi €; la maggioranza (57%) sono progetti per la gestione delle acque reflue, seguiti da rifiuti solidi urbani (18%), emissioni industriali (14%) e altro (11%); il numero maggiore di progetti è localizzato in Israele e Tunisia, seguiti da Siria, Egitto, Giordania e Marocco.

Per le infrastrutture di trasporto la Dichiarazione evidenzia le autostrade del mare, e le relative connessioni terrestri, le autostrade costiere (richiamando, senza nominarlo esplicitamente, il progetto di autostrada del Maghreb) e la ferrovia trans-maghrebina. In questo contesto viene menzionata anche la cooperazione nella sicurezza marittima, particolarmente rilevante tenuto conto della dimensione dei traffici (transitano per il Mediterraneo il 40% delle merci trasportate via nave e il 30% del traffico petrolifero mondiale). La documentazione non ufficiale distribuita durante il Vertice ipotizza la creazione di un fondo alimentato da un

nuovo tributo da imporre al naviglio transitante per Gibilterra, il Bosforo e Suez. Ad esempio, 1 € per tonnellata di merci trasportate attraverso Suez enererebbe un contributo di 1 milione € al giorno, un contributo che la documentazione del Vertice definisce “painless” per i trasportatori ma che, come era facile immaginare, ha già suscitato forti critiche.

Per quanto riguarda le energie rinnovabili, la Dichiarazione incarica il Segretariato congiunto di esaminare la fattibilità di un Piano solare mediterraneo. Il progetto, sostenuto in particolare dalla Germania, prevede la creazione – utilizzando tecnologia europea – in diversi paesi mediterranei di impianti per la generazione di elettricità fondati sull’energia solare. Per rendere sostenibile il progetto, e coinvolgere investitori privati, si prevede l’esportazione verso l’Europa di parte dell’energia così prodotta: sono già stati ipotizzati diversi progetti assai avveniristici di interconnessione elettrica euro-mediterranea per lo scambio di energia prodotta con fonti rinnovabili.

Tra i nuovi progetti vi è anche l’Agenzia per lo sviluppo delle piccole e medie imprese e del microcredito nei paesi mediterranei, una proposta italo-spagnola che ha già raccolto il consenso di diversi stati del Sud (Algeria, Egitto, Marocco e Tunisia sono entrati nel gruppo di lavoro) e del Nord. Dato che diversi stati

membri della UE hanno espresso il timore che l’uso del termine Agenzia facesse pensare ad un futuro finanziamento comunitario, la Dichiarazione del Vertice definisce il progetto “Iniziativa per lo sviluppo imprenditoriale nel Mediterraneo” e sottolinea che i contributi dei governi avverranno su base volontaria.

L’Iniziativa potrebbe utilizzare un’ampia gamma di strumenti: dall’assistenza tecnica e consulenza ai crediti diretti e indiretti tramite il sistema finanziario locale, all’offerta di schemi di garanzia e a finanziamenti con capitale di rischio. L’Iniziativa dovrà combinare la partecipazione dei governi donatori, sia europei sia

mediterranei, di organismi multilaterali e di soggetti privati. Particolarmente significativo – anche per non dare vita ad un organismo pletorico – sarà l’utilizzo dell’expertise delle istituzioni multilaterali già operanti nell’area: Banca mondiale, Banca africana di sviluppo, Banca europea per gli investimenti (attraverso il Femip) e la Bers che ha già una lunga esperienza nei paesi balcanici coinvolti nell’UpM e che potrebbe ampliare il suo raggio d’azione ai paesi mediterranei.

Altre aree tematiche vengono menzionate nella Dichiarazione (una enfasi speciale è data alla gestione delle risorse idriche e alla sicurezza alimentare), ma sarà il prossimo Vertice del 2010 sotto presidenza spagnola a selezionare gli eventuali nuovi progetti; nel frattempo il focus è limitato alle sei iniziative sopra descritte.

Tutti i progetti sono a geometria variabile, gestiti dai soli paesi interessati a prendervi parte. Per tutti i progetti rimane dunque aperta la questione finanziaria: il loro buon esito dipenderà dalla capacità di promuovere e combinare finanziamenti di diversa provenienza visto che non sono previsti nuovi finanziamenti comunitari specificamente destinati al “Processo di Barcellona: Unione per il Mediterraneo”.

Si tratterà di predisporre per ogni progetto (in genere attraverso una Conferenza di lancio) un mix di risorse finanziarie: dagli aiuti bilaterali ai crediti delle banche di sviluppo internazionali e regionali, al contributo dei fondi sovrani dei paesi del Golfo (l’emiro del Qatar ha partecipato al Vertice di Parigi in quanto presidente di turno del Consiglio di cooperazione del Golfo), ai fondi comunitari (se i progetti saranno eleggibili ai programmi già decisi da Bruxelles) e agli investimenti privati. E’ la scommessa da cui dipende il futuro dell’UpM, una scommessa che potrebbe essere vinta tenuto conto del consistente afflusso di risorse finanziarie nell’area mediterranea registrato negli ultimi anni grazie alle buone performance economiche e alla crescente attrattività dei paesi mediterranei.

 
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