Non bastava la gravissima carenza di personale, non bastavano i massacranti turni di lavoro imposti senza soluzione di continuità ai poliziotti nei 206 istituti e servizi penitenziari del Paese, così come evidentemente non bastava innalzare l’orario di lavoro da 36 a 42 ore settimanali contro le norme vigenti: no, ora ai poliziotti penitenziari si chiede anche di surrogare le funzioni di psicologo, di educatore, medico e chi sa cos’altro ancora!
Una cura, quella singolare individuata e resa pubblica dal capo del Dap con la circolare che istituisce le “unità di ascolto” di Polizia Penitenziaria, che dovrebbe rispondere all’emergenza suicidi in carcere e alle malattie del sistema, ma che invece oltre ad attribuire ulteriori responsabilità ai poliziotti penitenziari finirà per garantire un alibi al governo e all’amministrazione penitenziaria.
Tra dichiarazioni di stato di emergenza, piani carcere e misure di intervento che non risolvono la drammatica condizione di un sistema penitenziario ormai alla deriva, la realtà ci consegna il fallimento della politica e di una amministrazione che si è fin qui dimostrata incapace di fronteggiare con coraggio l’emergenza carcere e del mondo del lavoro, che nonostante tutto continua ad operare con grande senso di responsabilità.
Piuttosto che inseguire chimere e lanciarsi in annunci confusi, il governo e l’amministrazione penitenziaria si diano davvero da fare per garantire oggi, non fra quattro anni, la copertura degli organici della Polizia Penitenziaria e l’assunzione delle professionalità qualificate ed indispensabili a garantire la mission del sistema.
Roma, 29 Gennaio 2010