La Finanziaria sulle spalle dei lavoratori più tasse, tagli ai servizi pubblici e all’occupazione

18 Luglio 2011

La Finanziaria sulle spalle dei lavoratori più tasse, tagli ai servizi pubblici e all'occupazione

La Finanziaria sulle spalle dei lavoratori più tasse, tagli ai servizi pubblici e all’occupazione
A cura di V. Di Biasi e A. Pellegrino

Su un quotidiano, qualche giorno fa, è apparsa una vignetta che faceva dire al Presidente del Consiglio: “taglierò le tasse, a costo di ridurvi sul lastrico”. Purtroppo non era solo una battuta, come hanno ben compreso i lavoratori, aderendo in modo massiccio allo sciopero generale e alle manifestazioni.
Partiamo dalla legge finanziaria, intanto, e poi dal famigerato emendamento del Governo sul fisco.
Questo è l’ordine giusto per valutare l’impatto generale della manovra della destra poiché sarebbe inconcepibile assecondare il disperato tentativo del Governo, sostenuto in questo da alcuni organi d’informazione, di far dimenticare una contestatissima legge finanziaria, presentata neanche un mese fa, per accentrare l’attenzione, con una campagna tutta mediatica, sui presunti benefici fiscali.
Una finanziaria pesantissima, imperniata su ventiquattro miliardi di euro fatti di tagli alla spesa pubblica, aumento della pressione fiscale, vendita del patrimonio immobiliare, misure una-tantum.
La misura più ” innovativa” che questa manovra introduce è il meccanismo del 2%, che il Governo ha presentato come una crescita della spesa sapendo di non affermare la verità. A fronte di una crescita media tendenziale del 5% si opera, nella realtà, un taglio netto del 3% e, quel che è peggio, non si assumono priorità.
Così il Governo riduce 9,7 miliardi di spesa pubblica, di cui 2 a carico dei Ministeri e 7,7 delle regioni, degli enti locali e del servizio sanitario nazionale.
Particolarmente pesante il taglio alla spesa sanitaria. Nel 2005 le regioni dovranno rinunciare a circa 4 miliardi di euro, mettendo a rischio i livelli essenziali di assistenza. Sarà per questo che, con due emendamenti introdotti alla Camera, il Ministro della salute è stato autorizzato, con un proprio regolamento, a rivedere i “Livelli Essenziali di Assistenza”, per adeguarli alle minori disponibilità economiche.
Ci sono poi misure fiscali per aumentare le entrate per circa 7 miliardi di euro cosi ripartiti: 3,8 dalla revisione degli studi di settore e 3,3 dall’aumento delle imposte indirette. Quest’ultimo aspetto è particolarmente odioso perché fortemente regressivo, grava su tutti allo stesso modo, indipendentemente dal reddito. Anche così si premiano i ricchi.

Come se ciò non bastasse, con l’emendamento sul fisco, per gli anni 2005, 2006 e 2007, è stata di fatto bloccata qualsiasi possibilità di assunzione nelle amministrazioni pubbliche, sia centrali sia territoriali. Nelle amministrazioni centrali le deroghe, per esigenze eccezionali, non potranno superare le tremila unità per anno (centoventi milioni di euro a regime). Le autonomie locali sono strangolate dal taglio ai trasferimenti, non compensato dall’autonomia impositiva, congelata fino a dopo le elezioni politiche. Nella sanità sarebbe possibile assumere soltanto personale infermieristico, ma bisognerà fare i conti con le minori risorse e con i vincoli al pareggio di bilancio, resi ancora più stringenti.
Infermieri a parte, nei prossimi due anni negli enti territoriali sarà possibile sostituire soltanto il 20% dei dimissionari, il 50% nel 2007, e comunque bisogna attendere che il Presidente del Consiglio, con proprio decreto, ne stabilisca i criteri. Altro che un assunzione su cinque pensionamenti. Con questi meccanismi, nel 2005 nessuna amministrazione sarà in grado di assumere e, comunque, nel triennio, e anche dopo, gli effetti sono devastanti, come si dimostra più avanti.
Inoltre, sempre a causa del taglio dei trasferimenti, in aggiunta al sostanziale blocco delle assunzioni, si realizzerà una forte riduzione della spesa per contratti atipici, riportata ad un livello appena superiore al 2000. Abbiamo sempre contrastato tutte le forme di precarizzazione del lavoro, peraltro questa misura diventa un ulteriore attacco alla capacità delle strutture pubbliche di assolvere i propri compiti e, allo stesso tempo, uno sfruttamento dei lavoratori, gravati da sempre maggiori carichi di lavoro, e una ulteriore spinta verso la esternalizzazione dei servizi.
Proprio per queste ragioni, la richiesta avanzata dalle Organizzazioni sindacali di definire serie e strutturali politiche occupazionali nelle pubbliche amministrazioni, che realizzino tra percorsi certi, anche se graduali, di stabilizzazione del lavoro atipico, rimane il punto cruciale aperto con le diverse controparti.
Per avere un’idea delle profonde distorsioni che si stanno verificando nel lavoro pubblico, e nella qualità dei servizi, basta guardare la sanità, o gli enti locali, dove i cosiddetti lavoratori atipici coprono, in taluni casi, anche il 30 per cento del fabbisogno. E’ paradossale, ma facilmente comprensibile, che il numero di questi lavoratori aumenti dove maggiore è l’offerta di servizi e quindi meno comprimibile la domanda dei cittadini.
La svalorizzazione del ruolo pubblico, determinata dalle scelte governative, produce precarietà, minore professionalità, inefficienza che andrebbero, al contrario, contrastati con investimenti in mezzi e risorse umane, con una più forte motivazione dei lavoratori. Questa finanziaria si muove in una direzione esattamente opposta a ciò che sarebbe necessario fare, perfino negando il rinnovo dei contratti pubblici, scaduti ormai da un anno. Un altro modo per attaccare lo stato sociale.
Infine, ma si potrebbe continuare, ora si vogliono vendere anche le sedi degli enti previdenziali destinate a uffici. Si tratta d’immobili acquistati con i contributi dei lavoratori e delle imprese, il cui ricavato dovrebbe servire a coprire la riduzione delle tasse. Si usa un patrimonio sociale per dare copertura finanziaria ad un provvedimento che, com’è noto, va a vantaggio dei più ricchi.
La cosa più grave, però, è che in questo modo si continua a dissestare l’equilibrio del sistema previdenziale, intaccando le riserve tecniche di cui gli immobili costituiscono parte rilevante. Che questo poi costituisca una forma d’indebitamento differito, come rilevato dallo stesso Fondo Monetario Internazionale, non preoccupa più di tanto un Governo che ha fatto delle una-tantum, e della finanza creativa, la sua bandiera.
A tutto questo si aggiunge ora il famoso emendamento che taglia le tasse, cui il Governo affida la sua stessa sopravvivenza.
Intanto una prima verità. La manovra “epocale” interesserà soltanto il 40% dei contribuenti, il restante 60% non riceverà nulla e, di questi, circa due milioni, rischia di pagare di più. Dire, come si affanna a fare il Governo, che le famiglie risparmieranno, in media, circa 325 euro l’anno, non significa molto, anche se, comunque, colpisce l’esiguità della manovra. Diventa tutto più chiaro se si scende nel dettaglio.
Al 50 per cento dei contribuenti va il 12,5 per cento dello sgravio, mentre il 16,5 per cento dei contribuenti più ricchi gode del 60 per cento del totale.
I redditi fino a 25.000 euro riceveranno meno di 70 centesimi al giorno. Dai 100 milioni di reddito in su invece la riduzione giornaliera partirà da un minimo di 9 euro.
Come si vede, si tratta di un provvedimento “epocale” che non cambierà la vita di nessuno, per questo tutti la considerano inefficace.
Ma è certamente ingiusto perché colpisce i redditi più bassi, quelli dei lavoratori dipendenti e dei pensionati. Lo fa tagliando i servizi pubblici, che qualificano i diritti di cittadinanza Lo fa perché le risorse così risparmiate le ridistribuisce verso i più ricchi. Lo fa perché non difende i redditi di lavoratori e pensionati dalla speculazione sui prezzi e non restituisce il drenaggio fiscale, una vera e propria tassa che questo Governo ha imposto.
Solo nel 2003 lo Stato ha incassato 2,7 miliardi di euro dal drenaggio fiscale e dalle maggiori imposte sul TFR e sulle liquidazioni. Più soldi in tasca per rendere più liberi i cittadini. Questo è lo slogan del Governo. Ma è dura con soli 70 centesimi, e poi a quale prezzo. E’ una libertà che vale solo per i ceti abbienti, poiché per la stragrande maggioranza dei cittadini non può che essere l’azione pubblica quella che garantisce la loro libertà reale attraverso l’erogazione di servizi e tutele.
La distruzione della pubblica amministrazione e lo smantellamento del lavoro pubblico per finanziare una riforma fiscale che favorirà quelle poche migliaia di persone che possono contare su redditi molto elevati e tra i quali, ovviamente, c’è anche il Presidente del Consiglio On.le Berlusconi.
Semplicemente il blocco del turn-over, la riduzione di personale serve a finanziare la riduzione delle tasse.
Mentre al cittadino Berlusconi e ad altri pochi paperoni d’Italia sarà consentito questo ingente risparmio fiscale, per la stragrande maggioranza di cittadini italiani rimarranno pochi spiccioli.
Già dalla riforma fiscale attuata nel 2003 i lavoratori dipendenti hanno potuto constatare come i grandi proclami si siano mostrati insignificanti nel loro valore visto che è trattato, nella migliore delle ipotesi, di meno di un euro al giorno.
Non molto di più si dovranno aspettare dalla riforma ipotizzata per il 2005.
Tenuto conto di retribuzioni medie tra i 22.000,00 ed i 28.000,00 euro al lordo delle ritenute previdenziali, avremo retribuzioni imponibili e benefici fiscali di questo ammontare:

Reddito lordo Reddito imponibile Beneficio fiscale giornaliero

€ 18.827,50 € 17.000,00 € –
€ 19.935,00 € 18.000,00 € –
€ 21.042,50 € 19.000,00 € –
€ 22.150,00 € 20.000,00 € 0,18
€ 23.257,50 € 21.000,00 € 0,39
€ 24.365,00 € 22.000,00 € 0,61
€ 25.472,50 € 23.000,00 € 0,82
€ 26.580,00 € 24.000,00 € 1,03
€ 27.687,50 € 25.000,00 € 1,24
€ 28.795,00 € 26.000,00 € 1,45
€ 29.902,50 € 27.000,00 € 1,66
€ 31.010,00 € 28.000,00 € 1,41

Non va meglio se il provvedimento è esaminato dal punto di vista delle famiglie i cui risparmi sono evidenziati dalla Tabella sotto riportata (esempio di Famiglia monoreddito).

Reddito lordo Reddito imponibile Beneficio fiscale giornaliero con Coniuge a carico Beneficio fiscale giornaliero con Coniuge e 1 Figlio a carico Beneficio fiscale giornaliero con Coniuge e 2 Figli a carico
€ 16.612,50 € 15.000,00 € 0,22 € 0,49 € 0,91
€ 17.720,00 € 16.000,00 € 0,32 € 0,58 € 0,97
€ 18.827,50 € 17.000,00 € 0,30 € 0,53 € 0,90
€ 19.935,00 € 18.000,00 € 0,27 € 0,48 € 0,83
€ 21.042,50 € 19.000,00 € 0,25 € 0,43 € 0,75
€ 22.150,00 € 20.000,00 € 0,40 € 0,57 € 0,86
€ 23.257,50 € 21.000,00 € 0,59 € 0,73 € 1,00
€ 24.365,00 € 22.000,00 € 0,78 € 0,89 € 1,14
€ 25.472,50 € 23.000,00 € 0,96 € 1,05 € 1,28
€ 26.580,00 € 24.000,00 € 1,15 € 1,22 € 1,42
€ 27.687,50 € 25.000,00 € 1,33 € 1,38 € 1,56
€ 28.795,00 € 26.000,00 € 1,52 € 1,54 € 1,70
€ 29.902,50 € 27.000,00 € 1,71 € 1,70 € 1,84
€ 31.010,00 € 28.000,00 € 1,53 € 1,51 € 1,62

Il mancato aumento degli assegni familiari colpisce proprio le fasce di reddito che non pagano IRPEF e per questo sono fuori da questa manovra e, in più, non possono detrarre nessuna spesa, a partire da quelle sanitarie. E dal prossimo anno potrebbe sparire anche l’assegno di mille euro per il secondo figlio.
Ma questo non è ancora tutto. L’emendamento del Governo introduce ulteriori aggravi fiscali. Nel 2006 è previsto un inasprimento delle imposte indirette di ulteriori 3,4 miliardi di euro, che, aggiunti ai 3,3 previsti dalla finanziaria, fanno circa 7 miliardi in più che tutti i cittadini dovranno sborsare.
Questa finanziaria non affronta i problemi veri.Il Mezzogiorno è scomparso dall’orizzonte politico del Governo perché manca una seria politica economica attenta, vincolata alle priorità del Paese, vincolo che non ci si può attendere da un Governo che un giorno si impegna a tagliare l’IRAP, per sostenere lo sviluppo, e il giorno dopo cambia idea, per sostenere Berlusconi.
Il Governo confida nell’effetto annuncio e nella propaganda mediatica, ma i cittadini faranno presto a scoprire l’imbroglio, già con la busta paga di gennaio, quando si vedrà che le cose non sono cambiate e anzi, se possibile, peggiorate.
La tabella 1, tratta dal sito “lavoce.info”, chiarisce nel dettaglio il senso della manovra.

Non meno, ma più tasse.

Una volta chiarito il senso della manovra complessiva del Governo, contenuta nella Legge Finanziaria, è necessario soffermarsi su una questione assai importante e preoccupante. Essa consiste nel cambiamento (che testimonia anche la grande disinvoltura di questa destra) delle motivazioni addotte dal Governo a giustificazione della riduzione fiscale: mentre in un primo momento il taglio delle tasse doveva servire a creare maggior sviluppo, oggi, di fronte alla evidente inefficacia del provvedimento su questo terreno, si recupera il vero e mai così apertamente dichiarato obiettivo di ridurre il peso dello Stato, sfrondare la pubblica amministrazione, allargare gli spazi dell’intervento privato.
A regime sostanzialmente il blocco delle assunzioni e del turn-over serviranno a finanziare quasi totalmente la riforma fiscale:

Media Cessazioni Annuali Minore spesa cessazioni dal servizio nel 2005 Minore spesa cessazioni dal servizio nel 2006 Minore spesa cessazioni dal servizio nel 2007
MINISTERI 5.946 € 222.167.360,25 € 444.334.720,50 € 666.502.080,75
AZIENDE AUTONOME 949 € 35.457.107,40 € 70.914.214,80 € 106.371.322,20
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1.986 € 74.192.782,95 € 148.385.565,90 € 222.578.348,85
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 21.444 € 801.194.253,75 € 1.602.388.507,50 € 2.403.582.761,25
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 25.091 € 937.464.996,60 € 1.874.929.993,20 € 2.812.394.989,80
Totale 55.416 € 2.070.476.500,95 € 4.140.953.001,90 € 6.211.429.502,85

Deroghe 2005 Deroghe 2006 Deroghe 2007
MINISTERI 5.946 € 40.000.000,00 € 120.000.000,00 € 120.000.000,00
AZIENDE AUTONOME 949
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 1.986
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 21.444 € 158.640.862,50 € 317.281.725,00 € 713.883.881,25
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 25.091 € 410.522.418,00 € 821.044.836,00 € 1.425.664.881,00
Totale 55.416 € 609.163.280,50 € 1.258.326.561,00 € 2.259.548.762,25

Risultati differenziali € 1.461.313.220,45 € 2.882.626.440,90 € 3.951.880.740,60

Nella parte di tabella delle deroghe:
a)per il Servizio Sanitario è stata prevista la totale sostituzione degli infermieri e sono state applicate sul resto delle cessazioni le deroghe del 20% per gli anni 2005 e 2006 e del 50% per il 2007;
b)per le Autonomie locali sono state applicate le deroghe del 20% per gli anni 2005 e 2006 e del 50% per il 2007;
c)per le altre Amministrazioni pubbliche è stato indicato il limite massimo di spesa annuale.
La riduzione fiscale diventa il grimaldello per “affamare la pubblica amministrazione”, riproponendo in Italia la politica dei neo-conservatori americani.
Si svela, quindi, la vera ideologia di questo Governo secondo cui tutta la spesa pubblica è improduttiva, lo Stato si deve occupare il meno possibile di garantire servizi, occorre allargare la presenza dei privati nella gestione del servizio pubblico per dare libertà agli individui; ideologia i cui risultati già oggi possiamo verificare poiché sono sotto gli occhi di tutti. Ad organizzarsi dovranno pensare i cittadini.
Si prefigura in tal modo una falsa uguaglianza di opportunità, si riducono gli spazi di equità sociale e di solidarietà, si spingono le persone verso una visione competitiva delle relazioni, e chi non ce la fa si arrangi.
Questa filosofia di attacco al ruolo ed alla missione pubblica ha portato alla controriforma pensionistica, alla deregolazione dei rapporti di lavoro, al taglio dei trasferimenti per i servizi sociali, per la sanità, per la scuola; ai cui si aggiunge ora il blocco delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni e il taglio delle spese intermedie, vale a dire della possibilità di usufruire degli strumenti per il funzionamento degli uffici, sostituire il materiale usato, acquistare il necessario per fornire un servizio o una prestazione.
Infatti, il cosiddetto emendamento fiscale, art. 16 bis, propone un drastico intervento su:

Organici: le amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, le agenzie, gli enti pubblici non economici, di ricerca e quelli di cui all’articolo 70, comma quattro, D.lgs 165/01, entro il 30 aprile 2005 devono apportare una riduzione, non inferiore al 5%, alla spesa complessiva relativa al numero dei posti in organico di ciascuna amministrazione.

Nel fare questo, devono privilegiare i compiti istituzionali, riducendo significativamente il numero dei dipendenti attualmente applicati in compiti logistico-strumentali e di supporto.
La norma contiene una doppia prescrizione: riduzione della spesa commisurata all’organico e riduzione del personale attualmente utilizzato in compiti diversi da quelli istituzionali.
Il primo punto ha un effetto pesante sulla dotazione organica.
Il secondo punto stabilisce, sia pure con criteri di massima, come deve essere composto il nuovo organico. In particolare sembra disporre un’effettiva riduzione del personale impiegato con l’obiettivo di offrire un’ulteriore spinta verso l’esternalizzazione di quei servizi.
La sanzione per le amministrazioni che non adempiono entro il 30 aprile è la fissazione della dotazione organica sulla base del personale in servizio al 31.12.2004, riferito a ciascuna qualifica.
Sono esclusi da questo adempimento Vigili del fuoco, Forze armate, Corpi di polizia, carriera diplomatica e prefettizia, magistrati, avvocati e procuratori dello Stato, ordini e collegi professionali e relativi consigli e federazioni, Università e scuola, istituzioni di alta formazione artistica e musicale.
Assunzioni: per gli anni 2005, 2006 e 2007 alle amministrazioni dello Stato, e similari, è fatto divieto di procedere ad assunzioni a tempo indeterminato, ad eccezione di quelle relative alle categorie protette.
Il divieto si estende anche ai segretari comunali, magistrati (ordinari, amministrativi e contabili), avvocati e procuratori dello Stato, personale militare e delle Forze di polizia, personale della carriera diplomatica e prefettizia, all’Autorità garante della concorrenza e del mercato e alla Consob.
Per indifferibili esigenze delle amministrazioni sopraccitate, è prevista una spesa annua lorda di 120 milioni di euro a regime (40 milioni nel 2005), che consente di effettuare non più di 3000 assunzioni per ciascun anno, meno del 5% del turn-over.
Le amministrazioni regionali, gli enti locali e quelli del servizio sanitario nazionale, per ciascuno degli anni 2005, 2006, 2007, previa attivazione delle procedure di mobilità, e sulla base di direttive emanate con decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri, possono assumere entro percentuali non superiori al 20%, negli anni 2005 e 2006, e 50%, nel 2007, delle cessazioni dal servizio verificatesi nell’anno precedente. Fino all’emanazione dei decreti le assunzioni sono bloccate.
Le disposizioni in materia di assunzioni si applicano anche al trattenimento in servizio previsto dalla legge 186/2004.
E’ prorogata di un triennio la validità delle graduatorie per le assunzioni di personale nelle amministrazioni soggette al blocco.
A decorrere dal 2008 le amministrazioni pubbliche, previo ricorso alla mobilità, possono effettuare assunzioni di personale entro i limiti delle cessazioni verificatesi nell’anno precedente. Si tratta di un taglio degli organici superiore alla riduzione del 5% prevista al primo comma, perché segue a tre anni di sostanziale blocco del turn-over.
Per le amministrazioni, istituzioni ed enti pubblici diversi dall’Amministrazione dello Stato le economie realizzate negli anni 2005,2006 e 2007 restano acquisite ai bilanci degli enti ai fini del miglioramento dei relativi saldi.
Il blocco, o la drastica limitazione del turn-over, avrà un effetto devastante sulle attività istituzionali delle Amministrazioni pubbliche con la conseguente impossibilità nella erogazione dei servizi ai cittadini ed alla utenza.
A poco o nulla vale la previsione, limitatissima, di deroghe al blocco delle assunzioni poiché queste non consentiranno, in una situazione già sofferente, la copertura di fabbisogno organico necessario allo svolgimento dei servizi istituzionali, ad esempio, nella sanità, nel servizio di prevenzione ed intervento dei vigili del fuoco, nella erogazione tempestiva dei servizi di previdenza, e si potrebbe proseguire.
Dall’analisi del trend di personale cessato dal servizio per limiti di età (pensionamento di vecchiaia), per dimissioni (pensionamento di anzianità) e per altre cause, negli anni 1999 / 2002, si rileva un fenomeno di uscita dal mondo del lavoro pubblico che va molto oltre i dati quantificati nella legge finanziaria, nella quale sono state considerate solo le cessazioni per limiti di età, cioè la parte minimale del fenomeno complessivo.
Nei comparti considerati, interessati al blocco totale o parziale del turn-over, abbiamo un fenomeno complessivo di cessazioni medie di circa 55.000 unità annue con lievissimi scostamenti in ogni anno pari a +/- 3.500 unità:

Totale 1999 Totale 2000 Totale 2001 Totale 2002 Media
MINISTERI 6.473 6.316 5.498 5.498 5.946
AZIENDE AUTONOME 864 684 1.124 1.124 949
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 2.439 2.082 1.711 1.711 1.986
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 23.441 22.270 20.032 20.032 21.444
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 24.591 27.593 24.090 24.090 25.091
Totale 57.808 58.945 52.455 52.455 55.416

Si tratta di un fenomeno non occasionale vista la sua frequenza nei quattro anni considerati e la sua ripetitività anche nel quadriennio precedente all’anno 1999.
Inoltre considerate le modalità tipiche delle assunzioni nelle pubbliche amministrazioni, il blocco triennale, 2005 / 2007, del turn-over di fatto si protrarrà o comunque avrà effetti anche nel 2008 se non oltre.

Potendo considerare il fenomeno come dato strutturale, vista la sua costante ripetitività in ogni anno e nei valori, al termine del periodo considerato, cioè 2005 / 2007 ed incluso il 2004, avremo questa situazione:

MINISTERI / A. FISCALI / PCM AZIENDE AUTONOME ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE Totale
Presenti 2002 (ultimo dato ufficiale) 261.915 37.453 62.873 605.392 692.002 1.659.635
Uscite 2004 (media) -5.946 -949 -1.986 -21.444 -25.091 -55.416
Uscite 2005 (media) -5.946 -949 -1.986 -21.444 -25.091 -55.416
Uscite 2006 (media) -5.946 -949 -1.986 -21.444 -25.091 -55.416
Uscite 2007 (media) -5.946 -949 -1.986 -21.444 -25.091 -55.416
Totale (Presenti – Uscite) 238.130 33.657 54.930 519.617 591.638 1.437.972

Deroghe 2005 (massimo) 774 111 186 4.289 5.018 10.378
Deroghe 2006 (massimo) 2.322 332 557 4.289 5.018 12.519
Deroghe 2007 (massimo) 2.322 332 557 10.722 12.546 26.479

Totale presenti 1/1/2008 243.549 34.432 56.231 538.916 614.220 1.487.347

Effetto blocco turn-over -18.366 -3.021 -6.642 -66.476 -77.782 -172.288

A rendere ancora più devastante gli effetti del blocco del turn-over ed a peggiorare i dati sopra riportati provvederà in questi anni la riforma pensionistica varata dal Governo Berlusconi, grazie alla quale a partire dal 1° gennaio 2008 l’età per accedere alla pensione di anzianità si innalzerà dagli attuali 57 ai 60 anni di età prima, per poi passare a 61 ed arrivare a 62 anni di età.
L’innalzamento drastico di tre anni, nel passaggio dal 2007 al 2008, per accedere alla pensione di anzianità è evidente che da oggi al 31/12/2007 comporterà, molto presumibilmente, la fuga di tutti coloro che in questo arco temporale matureranno i requisiti di 57 anni di età e 35 anni di contributi necessari per andarsene in pensione.
Per ipotizzare gli effetti di quanto si sostiene è sufficiente dare uno sguardo ai dati del Conto annuale 2002 della RGS relativi al personale dipendente per “età anagrafica” e per “anzianità di servizio”, aggiornarli con il trascorrere degli anni e configurare l’ampiezza e la gravità del problema che investirà tutte le pubbliche amministrazioni se questo personale non dovesse essere sostituito:

Personale per età anagrafica
Anno 2005 Anno 2006 Anno 2007
Tra 53 e 57 anni di età Tra 58 e 62 anni di età Tra 63 e 67 anni di età Tra 54 e 58 anni di età Tra 59 e 63 anni di età Tra 64 e 68 anni di età Tra 55 e 59 anni di età Tra 60 e 64 anni di età Tra 65 e 69 anni di età
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 107.554 52.912 17.587 107.554 52.912 17.587 107.554 52.912 17.587
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 12.604 9.384 4.078 12.604 9.384 4.078 12.604 9.384 4.078
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 114.019 51.831 20.657 114.019 51.831 20.657 114.019 51.831 20.657
MINISTERI 47.019 25.468 13.850 47.019 25.468 13.850 47.019 25.468 13.850
AZIENDE AUTONOME 4.032 880 200 4.032 880 200 4.032 880 200
Totale 285.228 140.475 56.372 285.228 140.475 56.372 285.228 140.475 56.372

Personale per anzianità di servizio
Anno 2005 Anno 2006 Anno 2007

Tra 34 e 38 anni di servizio Tra 39 e 43 anni di servizio Oltre i 43 anni di servizio Tra 35 e 39 anni di servizio Tra 40 e 44 anni di servizio Oltre i 44 anni di servizio Tra 31 e 35 anni di servizio Tra 36 e 40 anni di servizio Tra 41 e 45 anni di servizio
SERVIZIO SANITARIO NAZIONALE 31.189 3.598 447 31.189 3.598 447 77.532 31.189 3.598
ENTI PUBBLICI NON ECONOMICI 8.143 1.798 233 8.143 1.798 233 8.975 8.143 1.798
REGIONI ED AUTONOMIE LOCALI 21.340 3.595 826 21.340 3.595 826 67.793 21.340 3.595
MINISTERI 14.086 4.326 836 14.086 4.326 836 25.516 14.086 4.326
AZIENDE AUTONOME 338 85 18 338 85 18 5.322 338 85
75.096 13.402 2.360 75.096 13.402 2.360 185.138 75.096 13.402

Per meglio comprendere le conseguenze può essere utile portare qualche esempio:

Ministero dei Beni Culturali

L’organico previsto dal ministero è di 24800 addetti di cui realmente in carica, al 2004, 24000.

Il blocco per il triennio futuro si sommerà alla riduzione del 5% già operata negli anni scorsi con un impatto di 2000 – 2500 unità. Infatti, si pensi che, escludendo le dimissioni, usciranno per pensionamento di vecchiaia 400 persone all’anno cui è prevedibile aggiungere altre uscite per pensione di anzianità, essendo l’età media del personale di 52 anni.
L’Amministrazione aveva stabilito che in riferimento al funzionamento dei Musei (la stima era riferita solo ai principali Musei, non a tutti) fossero necessari 11000 addetti, di fronte ad una presenza effettiva di 7000, numero oggi ridotto a 5050.
La conseguenza di una situazione già pesante, ulteriormente aggravata dal blocco delle assunzioni, sarà la riduzione degli orari delle prestazioni culturali, il loro impoverimento qualitativo, fino alla vera e propria chiusura di siti.

Ministero del lavoro.

Secondo i dati ufficiali forniti dalla Amministrazione risulta che il personale delle aree funzionali in servizio alla data del 31 dicembre 1999 (al netto dei trasferiti alle regioni ed alle province a seguito del decentramento delle politiche attive del lavoro) era pari a 8.471 unità. A dicembre 2004 il numero dei presenti in servizio è sceso a 7.867 unità, con una riduzione percentuale del 7%.
Quindi, nonostante in questi anni vi sia stata un’implementazione delle funzioni e dei compiti si è già oggi in presenza di una consistente diminuzione del personale.
Lo stesso Ministero arriva a parlare di carenze di organico nell’ordine del 32%.

Per fare un esempio basti citare il rapporto fra personale ispettivo ed aziende sul territorio nazionale che è pari ad un ispettore ogni 2.182 aziende, rapporto che sale a 2.310 per la Liguria, a 2.811 per il Piemonte, a 2.933 per l’E. Romagna, a 3.687 per il Veneto, a 3.843 per la Lombardia. Tanto è vero che la stessa relazione dice: ” … emerge evidente l’assoluta insufficienza di risorse umane disponibili per garantire il raggiungimento del livello minimo di funzionalità dell’azione ispettiva…”.

Altro che lotta al lavoro nero.

Quindi, non solo si mantiene una discrepanza abissale tra dotazione organica, pari a circa 11.625 unità di personale delle aree funzionali, e personale attualmente in servizio, 7.867 unità (- 3.758) ma gli stessi bandi di concorso per 870 ispettori del lavoro, decisi dal precedente Governo per contrastare il “lavoro nero” saranno quasi certamente bloccati dalla Finanziaria.

La conseguenza, mettendo insieme vecchie insufficienze e blocco delle assunzioni, sarà di un’ulteriore riduzione di 350-400 addetti l’anno.

Corpo dei Vigili del Fuoco.

L’organico attuale dedicato al soccorso tecnico urgente è di 21756 unità.
L’organico minimo ponderato, risultante dall’esigenza di garantire l’attività di soccorso, per ogni singolo Comando Provinciale, estensione del territorio, attività industriali e commerciali, compreso l’ulteriore potenziamento sedi centrali e distaccamenti, risultante dalle necessità di tenere conto di specifiche esigenze introdotte con Leggi e Decreti Governativi di questi ultimi tre anni, dovrebbe essere di 31988 unità. ( +10232).

A causa della Legge Finanziaria si verrà a determinare una riduzione degli organici di circa 550 unità l’anno, che solo marginalmente potrà essere ridotta perché, come l’esperienza ha già dimostrato, gran parte delle modeste risorse disponibili saranno indirizzate verso i Corpi di Polizia.

D’altronde non potrebbe accadere altrimenti di fronte a comportamenti di un Governo costantemente inadempiente che, nel dicembre 2003, per bocca del Sottosegretario Balocchi formalizza alle OO.SS. i risultati di uno studio dell’Amministrazione – denominato “soccorso Italia in 20 minuti – il quale pianificava le misure più urgenti prevedendo un potenziamento degli organici del Corpo che, sommando tutte le sue componenti, avrebbe dovuto arrivare a 56.000 unità. Un risultato che va ben oltre quanto il Sindacato ha da sempre rivendicato, ovvero l’applicazione del parametro europeo che prevede 1 Vigile ogni 1500 abitanti, che per l’Italia equivale ad un Corpo di circa 45000 unità.

Comune di Roma.

L’organico attuale del comune è di circa 34.000 unità, mentre il personale in servizio non supera le 27.000 presenze.
Nel 2004, tra pensionamenti e dimissioni a vario titolo, circa 1200 lavoratori lasceranno il servizio, 3600 nei tre anni di blocco delle assunzioni.
Negli stessi anni, la finanziaria in discussione consente di assumere non più di 800 persone.
Particolarmente critica la situazione della polizia municipale, anch’essa interessata dal blocco. Attualmente sono in servizio circa 6.500 vigili. Ogni anno si registrano circa 300 dimissioni. Novecento vigili urbani in meno in tre anni, a fronte di una presenza già fortemente deficitaria, sono un serio problema per la sicurezza della città.
Nel 2008, per effetto del blocco e delle limitate assunzioni consentite, la dotazione organica si dovrebbe attestare su circa 24.200 unità, con una riduzione, rispetto al 2004, superiore al 10%.
Questo numero sarà la base per determinare il nuovo organico, e le assunzioni non potranno superare il reintegro del turn-over verificatosi nell’anno precedente.
Aumenterà il precariato nelle scuole, che già oggi devono ricorrere a più di 4000 supplenze-anno, per sopperire alla carenza di addetti ai servizi educativi, e negli uffici, dove già lavorano 230 lavoratori con contratto a termine.
Anche così si attacca lo stato sociale.
Per quanto riguarda il blocco delle spese intermedie, che il Governo reclamizza come tagli agli sprechi, oltre a denunciare come esse comporteranno una riduzione della qualità o della stessa possibilità di fornire un servizio, occorre evidenziare come le spese per acquisti, oggi precluse dalla Finanziaria, non potranno che essere rimandate agli anni successivi facendo esplodere nelle mani di chi seguirà problemi seri di copertura finanziaria.
Questo provvedimento specifico, oltre a far mancare le matite, la carta per fotocopiare o la manutenzione ai computers, determinerà conseguenze ancor più pesanti.
Anche su questo versante ci soccorre l’esperienza vissuta in questi ultimi anni.
L’attività ispettiva degli Ispettori del lavoro, in diverse aree del Paese, è stata bloccata per circa tre mesi a causa della mancanza di risorse delle Amministrazioni.
Ciò ha comportato un rallentamento pesante nella azione di controllo delle aziende, in particolare sui temi della emersione del lavoro nero e del rispetto delle norme per salute e sicurezza.
Con la prossima Finanziaria è assolutamente ragionevole pensare che la situazione si aggravi con un ulteriore danno per il diritto dei cittadini e, in questo caso, con un danno per lo Stato, visto che l’attività ispettiva porta annualmente nelle casse dello stato circa 40 milioni di euro, a titolo di sanzioni amministrative comminate e riscosse.
Anche per il Corpo dei Vigili del Fuoco le spese intermedie – per inciso, il taglio corrisponde alla misura del 10.33% (allegato 2 della finanziaria 2005) – oltre a riguardare le spese generali e di funzionamento, la formazione e l’addestramento, riguardano anche i mezzi operativi e strumentali, ovvero hanno ricadute dirette sull’attività di soccorso dei vigili del fuoco.
In sostanza, il taglio delle spese, riproduce gli effetti del decreto taglia spese di Tremonti, del 2003; ovvero oggi, come allora, i Comandi Provinciali, esauriti gli stanziamenti previsti, oltre alle immaginabili difficoltà sul piano gestionale ed amministrativo, non avranno risorse per acquistare il carburante, né per la manutenzione dei mezzi, con grave pregiudizio anche dell’attività di soccorso tecnico urgente.
Inoltre sembra che sia predisposta, tra i vari tagli previsti in Finanziaria, la riduzione del 10% delle risorse destinate al rinnovo degli automezzi di soccorso dei Vigili del Fuoco, 6 milioni di Euro a fronte di uno stanziamento complessivo di 60 milioni di Euro.
Sarebbe gravissimo, considerato che il parco automezzi del Corpo, con esclusione dei mezzi in dotazione al settore aereo ed a quello nautico, per stessa ammissione del vertice politico del Ministero ha, per il 60%, un età di esercizio superiore a 20 anni. Danno, a maggior ragione, ancor più intollerabile poiché l’efficienza dei mezzi è strettamente collegata sia alla qualità del servizio che alla sicurezza degli operatori.
Negativamente esemplare è la situazione dei Beni Culturali la quale con il “Decreto taglia spese” di luglio ha già subito una riduzione di spese di oltre il 24% per investimenti e del 46% per il funzionamento.
Al Ministero sono state tolte anche risorse extra bilancio, legate ai proventi del lotto (l’8%), cui si aggiunge, con la Finanziaria 2005, la sottrazione di altri 27 milioni di Euro.
Una situazione insostenibile per l’offerta culturale del nostro Paese. Verranno ridotti i servizi e le attività, deperiranno i gioielli dell’arte e della cultura italiana: Uffizi, Brera, Galleria Borghese, la Biblioteca nazionale di Firenze, l’Archivio centrale dello Stato, gli scavi di Pompei, la più grande zona archeologica del mondo.
Ma è anche una perdita economica. Le presenze di visitatori sono in continua crescita e hanno superato i 33 milioni nel 2004 e i proventi per lo Stato, derivanti dalle attività culturali, sono passati dai 109 miliardi di euro del 1997 ai 200 del 2004.
Gli esperti economici del Ministero calcolano che la spesa per singolo visitatore, tenendo conto di alloggio, spese di mobilità, cataloghi e gadget (escluso biglietto di ingresso), sia di 80 euro al giorno, con un corrispondente fatturato culturale di 2,4 miliardi di euro.
Una chicca finale: oltre alla riduzione delle fasce di apertura e, in alcuni casi, la chiusura di Musei, sarà impraticabile esercitare compiti di tutela e di controllo del territorio con ricadute pesanti per la salvaguardia del patrimonio artistico e culturale.
Ma, forse, anche questo è funzionale ad una politica governativa che abbassa i vincoli per spremere risorse dall’abusivismo.

Roma, 13 dicembre 2004

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