La Fp Cgil Medici di Bergamo scrive alla Turco per i precari

18 Luglio 2011

La Fp Cgil Medici di Bergamo scrive alla Turco per i precari

Egregio Ministro,
ci sono alcuni giovani, nel mondo della sanità, che meritano un po’ di attenzione. Mi riferisco ai laureati che sempre più spesso entrano negli ospedali con contratti libero-professionali. In alcuni ospedali, come il nostro, rappresentano ben più del 10% dei laureati che hanno rapporti di lavoro dipendente. Lavorano per una media di 20 Euro lordi l’ora, senza alcun diritto e con un futuro quantomeno dubbio.

Oggi, in ospedale, ci siamo incontrati con una parte di loro. A livello di ospedale l’obiettivo è quasi minimale ma, in questi casi, anche il minimo è meglio di niente: cercheremo di convincere l’amministrazione a cambiare lo standard dei contratti passando da emolumenti su base oraria a compensi su base mensile con meccanismi di indicizzazione minima su base annuale (abbiamo medici che da tre anni rinnovano il contratto allo stesso valore economico del primo accesso).
Contestualmente chiederemo di trovare soluzioni, che non confliggano con la normativa vigente, e che possano garantire un minimo di diritti: ferie o recuperi, assenze per aggiornamento professionale o per malattia/gravidanza.

C’è invece un aspetto generale che non può essere discusso in sede locale. Come sa la normativa vigente, vecchia di anni, non tiene in alcun conto delle mutate condizioni di lavoro dei medici negli ospedali. Quando è stata pensata neppure c’erano i contratti atipici o comunque erano una rarità. Oggi non è più così e purtroppo le norme dell’ultima finanziaria si riferiscono solo ai laureati con contratti a tempo determinato da trasformare in tempo indeterminato. Cosa buona, è una forma di precariato anch’essa, ma con livelli di garanzia maggiori.
Basti pensare che i periodi di lavoro a tempo determinato hanno, in termini concorsuali, un riconoscimento di punteggi per i concorsi ben stabilito. Per gli altri, benchè svolgano le stesse attività e per periodi altrettanto prolungati, tutto il lavoro svolto, guardando la normativa vigente, non conta nulla. Uno può aver fatto il cardiochirurgo per 5 anni a contratto libero-professionale, avere comunque la fortuna di superare ai concorsi dei concorrenti che hanno maturato punti per lo stesso lavoro ma con base contrattuale diversa, e inizierà da zero. Dovrà aspettare almeno altri 5 anni prima di poter accedere a livelli di posizione aziendale diversa da quella minima contrattuale.

Le aggiungo per completezza un’altra arcaicità normativa che penalizza, questa volta, i laureati che hanno svolto la loro attività nel settore privato, quelli che hanno iniziato in quel settore (non certo quelli che hanno fatto la loro carriera nel pubblico per poi valorizzarsi al meglio nel privato). A fronte di una equivalenza nei fatti tra servizio pubblico e quello privato, anche in questo caso, in termini di maturazione di carriera e di valutazioni nei concorsi, le attività svolte nel privato non hanno formale riconoscimento. Come per i contratti libero-professionali del pubblico possono pesare solo nell’area del curriculum, un area trattata in modo discrezionale dove il punteggio finale ha un massimo limitato e tiene conto di tutto quanto non è anzianità di servizio, comprese le attività didattiche o scientifiche.

Credo che tutto ciò non sia più in linea con i tempi e non è rispettoso del principio a cui tutti ci ispiriamo: aiutare i giovani ad emergere, valorizzarli.
Io spero di trovare in Lei, rispetto a questi problemi, la sensibilità necessaria per trovare soluzioni adeguate.
Con stima

FPCGIL Medici – Ospedali Riuniti di Bergamo
Claudio Arici
 
Bergamo, 31 maggio 2007

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