Lettera al Capo Dipartimento su caso di assegni familiari

18 Luglio 2011

Lettera al Capo Dipartimento su caso di assegni familiari

 
Roma 25 Ottobre 2007

Al Capo Dipartimento dell’Organizzazione Giudiziaria
Claudio Castelli

Al Direttore Generale del Bilancio
e della contabilità
Giuseppe Belsito

Questa O.S. è a conoscenza di un comportamento dell’Amministrazione nei confronti di un dipendente a nostro avviso discriminatorio e non conforme a diritto.
A tale dipendente è stata negata la corresponsione degli arretrati degli assegni familiari per la propria figlia perché non coniugato e con la residenza in un luogo diverso da quello della minore; le motivazioni, peraltro accompagnate da inopportune richieste di fornire i modelli 730 dei precedenti anni, non sono state mai comunicate per iscritto ma contestate solo verbalmente dalla responsabile dell’ufficio.
L’unica risposta scritta è stata data al dipendente quando ha reiterato la domanda ai sensi della 241/90 e, in tale risposta, l’Amministrazione ha dichiarato di essere attesa di una risposta a un quesito fatto all’INPS in merito alla corresponsione dell’assegno familiare e che, nel frattempo, avrebbe corrisposto a seguito di nuova domanda solo gli assegni per l’anno in corso, senza menzionare gli arretrati già richiesti dal dipendente, la cui figlia è nata nel 2002.
Si torna a contestare, come già fatto in una precedente nota, l’erroneo riferimento che questa Amministrazione fa all’INPS, che non è l’ente di assistenza dei lavoratori della giustizia; tra le altre cose il dipendente, su consiglio di questa O.S, nella sua domanda citava a sostegno delle sue ragioni una sentenza della Cassazione che condannava proprio l’INPS (sentenza del 12 ottobre 2000, 15978) per motivi affini.
Crediamo che le motivazioni date più volte verbalmente dall’Ufficio in questione siano del tutto pretestuose e che il dipendente, ancorché non coniugato, ma padre legittimo e convivente di fatto con la minore, abbia diritto alla corresponsione degli assegni familiari per la propria figlia, a far data dalla nascita della minore, in virtù delle seguenti ragioni:
1) la residenza ed il domicilio non sono la stessa cosa, e il dipendente, come ha anche dichiarato con atto notorio che ha allegato a suo tempo alla domanda, vive di fatto insieme alla sua compagna e alla minore, legalmente riconosciuta e della quale provvede al mantenimento;
2) il nucleo familiare in base alla legge n. 151 del 1975 è un vincolo tra due e più persone, indipendentemente dalla loro convivenza, in questo caso poi, la convivenza contestata è unicamente formale .
3) In base all’art. 261 del Codice Civile il riconoscimento del figlio comporta da parte del genitore l’assunzione di tutti i doveri e di tutti i diritti che egli ha nei confronti dei figli legittimi, tra questi il dovere di mantenere il minore, dal quale deriva il diritto all’assegno in questione.
4) L’Assegno spetta per i componenti del nucleo familiare, tra questi i figli, legalmente riconosciuti, come nel presente caso.
5) il dipendente è l’unico ad avere diritto agli assegni in quanto la madre della minore è inoccupata e non percepisce assegni familiari.
A sostegno della tesi sostenuta, si richiama la summenzionata sentenza della Corte di Cassazione che condanna l’INPS per aver negato l’assegno per nucleo familiare ad un padre per il figlio naturale sostenendo che lo stesso, poiché conviveva con la madre, non apparteneva al nucleo familiare del padre; nella stessa sentenza si dichiara che l’esistenza del nucleo familiare non presuppone il coniugio.
Crediamo che sia censurabile da parte dell’Amministrazione qualunque comportamento che discrimini i propri dipendenti perché non coniugati o non formalmente conviventi, e che gli assegni siano finalizzati unicamente al mantenimento del minore tanto da essere corrisposti anche a genitori separati.
Chiediamo all’Amministrazione di riesaminare prontamente la propria posizione nei confronti di questo e di tutti i casi assimilabili al presente; riteniamo inoltre inopportuno che tali situazioni si prolunghino nel tempo, così come avvenuto nel caso in esame, in considerazione del fatto che si tratta di diritti costituzionalmente garantiti e che l’eccessiva burocratizzazione finisce per limitare, in questo caso, il diritto al mantenimento di un minore.

Per la Delegazione Nazionale Trattante
Organizz. Giud. FPCGIL

Nicoletta Grieco

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