COORDINAMENTO NAZIONALE
“RIFORMA” BRUNETTA NON E’ CHE NIENTE, NIENTE HA RAGIONE LA CGIL?
Riteniamo utile portare a conoscenza dei lavoratori la lettera del prof. Micheli, componente della Commissione per la Trasparenza, l’Integrità e la Valutazione delle Amministrazioni Pubbliche che ribadisce quanto da noi affermato più volte in merito alla cosiddetta riforma Brunetta.
Non si fa una riforma senza affrontare le vere questioni della Pubblica Amministrazione che sono di carattere organizzativo e di sistema e puntando solo un sistema sanzionatorio diretto solo a colpire il dipendete pubblico.
Quanto detto dal prof. Micheli non fa che confermare che questa “riforma” non punta a migliorare l’efficienza e la qualità dei servizi pubblici ma risponde, invece, alla logica di sostituire al principio di uno Stato gestore e d erogatore di servizi diretti a garantire a tutti i diritti di cittadinanza quello di uno Stato solo regolatore di un mercato privato dei servizi, deprimendo il valore pubblico dell’azione amministrativa.
Roma, 20 gennaio 2011
Il coordinatore nazionale FP–CGIL
del Ministero dell’interno
Fabrizio Spinetti
Lettera aperta di Pietro Micheli, professore di analisi delle politiche pubbliche nell’Università di Cranfield e membro della Civit-Commissione per la Trasparenza l’Integrità e la Valutazione delle Amministrazioni pubbliche, inviata al ministro della Funzione pubblica il 14 gennaio 2011, parzialmente pubblicata su la Repubblica il giorno successivo
Egregio Ministro Renato Brunetta,
Le scrivo per comunicarLe le mie dimissioni da componente della Commissione indipendente per la Valutazione, la Trasparenza e l’Integrità delle amministrazioni pubbliche (CiVIT).
Avevo lasciato il mio lavoro in Gran Bretagna come professore universitario e consulente per dare il mio contributo a quella che nel 2009 fa si profilava come un’ambiziosa e storica riforma della Pubblica Amministrazione (PA).
Ebbene, dopo un anno, non credo vi siano più i presupposti per continuare.
Sebbene la riforma che porta il Suo nome abbia inizialmente conseguito dei risultati positivi, qualche difetto del suo impianto originario e soprattutto i gravi difetti nel modo in cui essa sta essendo attuata rischiano di farla naufragare in una palude di adempimenti burocratici, appesantendo le amministrazioni invece che renderle più efficienti. La mia valutazione attuale, purtroppo, è che i limiti stiano prevalendo sul cambiamento e che i vizi di un sistema da riformare non siano stati affrontati in modo corretto e con l’intensità di energie politiche e di risorse economiche che la sfida richiede.
Performance e valutazione sono le parole chiavi della riforma; ma in nessuna
organizzazione la valutazione individuale può dare buoni frutti se non c’è una buona gestione organizzativa. Invece, il consenso ottenuto con la campagna “anti-fannulloni” e la presenza nella legge di riforma di alcuni elementi esageratamente prescrittivi (ad es., la ripartizione dei valutati in fasce definite ex ante) hanno focalizzato l’attenzione di tutti sulla performance individuale. Il pressing sui “fannulloni” ha dato i suoi frutti all’inizio (riduzione dell’assenteismo), ma ha finito anche per deprimere la reputazione e il senso di appartenenza di tanti dipendenti pubblici. E dato che queste sono le leve motivazionali più potenti, sarà dura riuscire a (ri)motivare il personale pubblico a far meglio con l’uso di tornelli, telecamere, bastoni e carote (per altro sparite dopo la recente legge di stabilità).
Per rendere la PA più efficiente e competitiva bisogna risolvere prima problemi a livello organizzativo e di sistema: è qui che la Sua riforma avrebbe potuto fare la differenza, puntando sulla creazione di valore pubblico e sulla valutazione degli impatti dell’azione amministrativa, in un ambiente troppo spesso autoreferenziale. Perché è questo, in ultima istanza, l’interesse principale dei cittadini e delle imprese: la qualità dei servizi che gli vengono resi. Il meccanismo del premio e della sanzione è strumentale a questo obiettivo, mentre è finito per essere (specie la sanzione) il vero fulcro dell’azione. Poi, se la Sua riforma voleva essere di stampo manageriale, allora perchè nominare una Commissione prevalentemente composta da giuristi? E in ogni caso, come può una Commissione con 30 persone in organico, senza poteri ispettivi o sanzionatori, spingere a migliorare non solo chi è già incline a farlo, ma anche chi non ne ha alcuna intenzione? Inoltre, se la riforma fosse davvero una priorità, come spiegarsi l’auto-esclusione sia della Presidenza del Consiglio che del Ministero dell’Economia e delle Finanze?
Quanto all’indipendenza della CiVIT, come può esserci indipendenza quando il Governo si riserva ogni potere di determinare nomine, compensi e ambiti di operatività della Commissione stessa, e per di più opera quotidianamente trattando la CiVIT come parte del proprio staff? E lo stesso interrogativo vale per gli Organi Indipendenti di Valutazione recentemente costituiti presso molte amministrazioni.
Con sincero rammarico,
Pietro Micheli