Piano del Governo per la Pubblica Amministrazione: Dichiarazione di Carlo Podda Segretario Generale FP CGIL

18 Luglio 2011

Piano del Governo per la Pubblica Amministrazione: Dichiarazione di Carlo Podda Segretario Generale FP CGIL

 
Pubblichiamo di seguito il testo della dichiarazione

Ieri sera, dopo la riunione informale del Ministro della Funzione Pubblica con i Segretari Generali confederali, si è svolto un incontro, a cui hanno partecipato tutte le sigle sindacali rappresentative nel pubblico impiego. Il Ministro ha illustrato le linee generali del Piano Industriale e ci è stato consegnato un secondo documento, di approfondimento, su “Riforma del lavoro pubblico e della contrattazione collettiva”, chiarendo che il metodo è quello della consultazione. L’incontro è proseguito con la sola presenza del Capo di Gabinetto e del Capo Dipartimento.

Non può sfuggire l’inusualità di una procedura di tal fatta. Si discute di un piano industriale del lavoro pubblico, indipendentemente dalla sua bontà, senza il coinvolgimento diretto delle Federazioni di categoria. Comprendiamo i problemi di rapporto unitario che hanno creato questa situazione, ma non si può andare oltre su questa strada. Occorre che la CGIL prenda le distanze da questo metodo e ponga fine a questa anomalia.
 
Nonostante l’evidente impossibilità di avere un vero confronto, vista la composizione di parte pubblica e visto l’orizzonte temporale che ci è stato prospettato, circa una decina di giorni, entro il quale il Governo vuole emanare i primi provvedimenti, abbiamo evidenziato alcune questioni importanti che non vengono chiarite nei documenti e sulle quali non c’è una presa di posizione chiara del Governo.

Neanche nel secondo documento, nonostante il titolo, si chiarisce qual è il rapporto tra la contrattazione e la legge, in termini di regolazione del rapporto di lavoro. E’ evidente che noi insistiamo sulla primazia del contratto, in continuità con la piena contrattualizzazione del rapporto di lavoro e con la conseguente unificazione delle regole di tutto il mondo del lavoro. Quale sarebbe la grande modernità di un ritorno alla regolazione per legge?
 
Forse che vent’anni fa’ il servizio era un modello di efficienza e di efficacia? Non possiamo accettare, per esempio, che l’organizzazione del lavoro sia a totale appannaggio della legge, o che per legge venga assegnata in via esclusiva alla dirigenza la definizione del sistema premiante, compresi i processi di riqualificazione.

Ovviamente abbiamo ribadito che la valorizzazione e la motivazione del personale, di cui si parla, a sproposito, nei documenti consegnatici, passa in primo luogo per il rinnovo dei Contratti Nazionali di Lavoro, con la necessità che nel DPEF vengano indicate le risorse per il rinnovo del biennio economico 2008/2009.

Così come non si può pensare all’efficienza del servizio se si blocca il processo di stabilizzazione dei lavoratori precari e se, come si legge sui giornali, dal Ministero dell’Economia e delle Finanze si da’ l’indicazione che nei prossimi anni sarà attivata una nuova assunzione a fronte di otto pensionamenti. E’ un altro modo per ridurre l’efficienza dei servizi pubblici.

Così come ci siamo stupiti che si pensi ai lavoratori pubblici come a dei lavoratori kleenex. Se la professionalità posseduta dai lavoratori in servizio non è più utile, non si pensa ad una loro ricollocazione e riqualificazione, ma si dice che devono essere espulsi dal lavoro. Siamo molto lontani dal rispetto per il lavoro e i lavoratori. Oltretutto con questa idea in testa come si fa’ a parlare di mobilità tra amministrazioni?

Dai documenti non emerge con chiarezza se il quadro che si delinea riguarda solo le amministrazioni centrali o tutte le amministrazioni pubbliche. Se fosse vera la seconda opzione, sarebbe bene che si riflettesse sul fatto che la riforma del Titolo V della Costituzione ha modificato il rango ed il rapporto dei vari livelli istituzionali del nostro Paese. E’ difficile comprendere come si possa imporre per legge, al sistema delle autonomie locali e della Sanità, un sistema decisionale e di controlli tutto accentrato. Strana questa dimenticanza per un Governo che sbandiera la logica del federalismo per ogni questione.

Probabilmente altri punti sfuggono agli estensori delle proposte, a partire dai sistemi di valutazione della produttività. Forse sarebbe utile andarsi a rileggere i contratti già firmati per vedere come le soluzioni proposte siano già state definite. Ovvero alcune modifiche in materia disciplinare, per scoprire che i contratti anche su questo sono già intervenuti. Un esame appena più attento porterebbe a verificare che la produzione di un certificato falso, anche nel caso della malattia, è già un reato, così come giova ricordare che il licenziamento per truffa è previsto già dal lontano DPR n.3 del 1957.

Non si comprende bene quali sono gli interventi sulla dirigenza, per rimodellarne il ruolo adeguato ai nuovi compiti, osserviamo noi. Invece sembra che la politica voglia di nuovo confondere le diverse prerogative e si propone, come misura per dare slancio ai dirigenti, che non si possano iscrivere al sindacato. Siamo quindi un fattore eversivo per uno Stato che dovrebbe essere al servizio dei cittadini?

Da queste osservazioni, ed altre se ne potrebbero aggiungere, ne discendono alcune ovvie considerazioni.
Non c’è nessuna disponibilità del Governo a discutere e confrontarsi intorno ad un tema serio ed importante per il Paese, quale quello della riforma della Pubblica Amministrazione o, per meglio dire delle Pubbliche Amministrazioni. La consultazione è una modalità dichiaratamente unilaterale.

Nel solco di questa impostazione ne consegue che la legge deve essere prevalente nella regolazione del rapporto di lavoro nel pubblico impiego. I lavoratori pubblici devono essere merce di scambio della politica e non possono avere una condizione di pari dignità con la loro controparte datoriale.

Al di là delle chiacchiere non si investe sul lavoro pubblico, a partire dalle risorse per i Contratti, agli investimenti strumentali, alle risorse per la contrattazione integrativa, alla stabilizzazione dei precari, alle assunzioni necessarie.

Da questo quadro emerge una volontà di smantellamento del lavoro pubblico che è funzionale alla privatizzazione di interi settori, che sono economicamente appetibili. Privatizzazione che trasformerebbe i cittadini, portatori di diritti, che solo il servizio pubblico è in grado di garantire, in clienti, che solo in relazione alla loro capacità di spesa potranno assicurarsi delle prestazioni.

Basta leggere i giornali, anche oggi, per rendersene conto e per capire che la vera riforma della Pubblica Amministrazione la sta preparando il Ministro Tremonti, con tagli, privatizzazioni, esternalizzazioni, riduzione della presenza sul territorio delle amministrazioni pubbliche (anche se il Ministro Brunetta si affanna a riconfermare il principio della prossimità territoriale nei confronti dei cittadini).

Se ci sarà, invece un confronto vero, noi avanzeremo le nostre proposte, pronti a discuterle, per migliorare la risposta che le amministrazioni pubbliche devono dare ai cittadini, alle imprese, all’intero sistema Paese. Se non ci saranno risposte adeguate da parte del Governo o se, peggio ancora dovesse essere sordo alla richiesta di un confronto, proporremo a CISL e UIL la mobilitazione dei lavoratori e delle lavoratrici del pubblico impiego.

Roma, 5 giugno 2008

X
Questo sito usa i cookie per offrirti la migliore esperienza possibile. Procedendo con la navigazione sul sito o scrollando la pagina, accetti implicitamente l'utilizzo dei cookie sul tuo dispositivo. Informativa sull'utilizzo dei cookie Accetto