Precariato nella Pubblica Amministrazione: Documento della FP CGIL e alcuni articoli sulla conferenza stampa della FP CGIL

18 Luglio 2011

Precariato nella Pubblica Amministrazione: Documento della FP CGIL e alcuni articoli sulla conferenza stampa della FP CGIL

Di seguito pubblichiamo una rassegna stampa con alcuni articoli usciti nei quotidiani di oggi sulla conferenza stampa della Funzione Pubblica Cgil sul precariato nella pubblica amministrazione e del Ministro Brunetta al Cnel  e il testo del documento riassuntivo, presentato ieri alla stampa, con i dati sul precariato nella pubblica amministrazione.

 

 

 
IL PRECARIATO NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE

La presenza del precariato nella pubblica amministrazione è di difficile quantificazione a causa del grande numero di enti e tipologie di lavoro presenti. La stima esatta della presenza del personale precario è necessaria non solo ai fini della definizione dei meccanismi di stabilizzazione, ma più in generale per garantire la congruità degli organici e quindi la tenuta dei servizi ai cittadini.

Ad oggi lo strumento più efficace per quantificare il numero dei lavoratori precari, utilizzato anche dal Mef per le previsioni di spesa di finanza pubblica, è il Conto Annuale della Ragioneria Generale dello Stato, che censisce l’intero personale della pubblica amministrazione suddiviso per tipologie contrattuali. I dati forniti nel Conto Annuale sono riferiti all’anno 2007.

Di recente il Ministero per la pubblica amministrazione e l’innovazione ha concluso un monitoraggio sul numero dei precari nel settore pubblico, monitoraggio sulla cui validità ed efficacia abbiamo già espresso le nostre critiche.

Il primo punto di criticità di questa indagine risiede innanzitutto nel campione statistico, 4027 enti. Un numero molto ridotto rispetto alla totalità degli enti interessati (basti pensare che il Conto Annuale ne censisce 9903), che rende il monitoraggio parziale e pressappochista. La proiezione che viene fatta in base a questi dati, fotografa quindi una parte del pubblico impiego, lasciando fuori molti enti con un alto numero di precari all’interno dei loro organici. Potremmo definirlo un monitoraggio selettivo e strumentale, perché una volta ridimensionato il fenomeno del precariato nei numeri, risulterà socialmente più “accettabile” l’interruzione del processo di stabilizzazione dei precari avviato dal precedente Governo, al fine di mascherare un’operazione di cassa fatta a scapito della qualità e della quantità dei servizi offerti ai cittadini.

Il Conto Annuale censisce il precariato in 8.488 enti nelle sole Regioni ed Autonomie locali. I Comuni partecipanti alla rilevazione del Ministro Brunetta sono 3.182 su un totale di 8.101, mentre per quel che riguarda le Provincie il monitoraggio ne censisce 84 su 110, mancano ad esempio le provincie di Palermo e Milano.

Quanto poi agli Enti Pubblici non economici, sono 146 enti quelli censiti dal Conto Annuale, 26 enti dal Monitoraggio di Brunetta. Sistema Sanitario Nazionale: 335 enti Conto Annuale, 230 enti Monitoraggio Brunetta. In quanto alle Università pubbliche, anche se non riguarda i nostri comparti, il Conto Annuale censisce 69 enti contro i 45 del Monitoraggio del Ministro Brunetta.

Va notato come tale rilevazione non abbia alcuna validità formale (come già dichiarato dalla Conferenza delle Regioni, dall’Anci e dall’Upi in una lettera congiunta) e non rientri nei meccanismi legislativi preposti alla quantificazione del personale da stabilizzare nel pubblico impiego.

Di fatto il Monitoraggio appena effettuato è stato composto con dati che gli enti hanno inviato nella stragrande maggioranza dei casi riferendosi sempre alle esigenze di organico pregresse rivelate nel Conto Annuale. La sola differenza è che il monitoraggio è meno completo e comprende molti meno enti.

Inoltre appare quantomeno dubbio il criterio con cui il questionario è stato formulato, laddove la richiesta riguardava le unità di personale che gli enti “intendono” stabilizzare, e non il loro fabbisogno. Sarebbe cioè opportuno, come d’altronde era stato previsto dal precedente Governo, che l’entità delle stabilizzazioni si stabilisca in base al fabbisogno degli enti e non viceversa.

Oltre a censire meno della metà degli enti censiti dal Conto annuale, Il Monitoraggio del Ministro Brunetta, ad esempio, non tiene conto del personale precario in forze al corpo dei Vigili del Fuoco (3.589 “unità di lavoro annue” nel 2007 secondo il Conto Annuale), alla Croce Rossa Italiana (1872 lavoratori a tempo determinato), ed alla Protezione Civile (130 lavoratori precari con diverse tipologie di lavoro).

La parzialità dei dati forniti dal Monitoraggio del Ministero per la pubblica amministrazione è l’innovazione si evince poi da alcune incongruenze ed imprecisioni riscontrate.

Per quel che riguarda la professione infermieristica, molti di quegli enti che hanno dichiarato di non stabilizzare i proprio lavoratori, in realtà o lo hanno già fatto, o lo faranno nel corso di questo anno. È ad esempio il caso del Policlinico Universitario Meyer di Firenze, o dell’Azienda Ospedaliera di Verona.

Altri casi di incongruenze sono i dati riferiti al Comune di Campobasso, i cui 36 Lsu non stabilizzabili, verranno in realtà stabilizzati nel corso dell’anno, o quelli del Ministero dell’Ambiente che in un apposito decreto dell’Aprile del 2008 dichiarava 133 lavoratori stabilizzabili, poi non riferiti nel questionario inviato al Ministero (risultano infatti soli 16 contratti a tempo, 41 Co.co.co. e 10 lavoratori in formazione lavoro, tutti privi dei requisiti di stabilizzazione).

Altro caso esemplificativo è quello dell’Agenzia delle Entrate. Il monitoraggio riporta 1217 lavoratori precari non stabilizzabili che in realtà verranno in gran parte assunti entro Giugno 2009 (in questo caso tutti i lavoratori risultano idonei o vincitori di concorso assunti però temporaneamente in formazione lavoro).

In altri casi lavoratori che risultano non stabilizzabili per il monitoraggio sono in effetti già assunti a tempo determinato, come nel caso del Comune di Bari.

Questi esempi mostrano come la veemenza dimostrata dal Ministro Brunetta sul tema del precariato si scontri con la necessità degli enti di tenere in piedi servizi essenziali e quindi di stabilizzare il personale che quei servizi fornisce. In questi casi in esempio, più che parlare di sole incongruenze, potremmo definirle conquiste del lavoro, in quanto l’attività delle organizzazioni sindacali nei territori ha spesso superato le diatribe nazionali ottenendo risultati su questo fronte.

Sul tema del precariato si gioca una partita che mette in campo due fattori: da un lato la correzione degli abusi commessi in passato nell’assunzione immotivata e spesso a fini clientelari di personale precario, dall’altro la necessità di garantire la tenuta dei servizi tenendo conto dell’incapacità di organici già carenti di sopperire ad ulteriori ridimensionamenti. La soluzione messa in campo dal precedente Governo, che non condividevamo nei tempi perché troppo lunghi (prova ne sia il fatto che ancora la questione è irrisolta), ci aveva visti complessivamente favorevoli perché era appunto una mediazione tra queste due esigenze. Il sindacato non poteva e non può accettare mediazioni sulla difesa del lavoro, ma in questo caso si trattava di porre rimedio al “peccato originale” del precariato nelle amministrazioni pubbliche, quindi di conciliare la salvaguardia del lavoro e dei servizi ai cittadini da una parte, garantendo dall’altra il rispetto della costituzione, introducendo nel meccanismo delle stabilizzazioni la pregiudiziale dei requisiti concorsuali.

Sul precariato non è opportuno, ne necessario, ne quantomeno utile giocare con i numeri.

Il Conto Annuale censisce al 2007, nell’intera pubblica amministrazione, 234.641 occupati a tempo determinato (tra scuola ed A.F.A.M.), 52.702 occupati a tempo determinato nei Corpi di Polizia e nelle Forze Armate, 116.804 lavoratori con contratti di tipo “flessibile”, 36.773 tra interinali e lavoratori socialmente utili, per un totale di 440.920 precari della pubblica amministrazioni, escluse le collaborazioni, che tra monocommittenze e committenze non esclusive toccano le 79.493 unità.
Il totale del personale precario nei comparti di riferimento della sola Funzione Pubblica Cgil, quindi esclusi gli enti di ricerca, scuola, università ed A.f.a.m., secondo il Conto Annuale ammontano a 201.716 unità (102.388 lavoratori a tempo determinato, 11.321 lavoratori interinali, 4.307 lavoratori in formazione lavoro, 25.164 lavoratori socialmente utili, 58.536 collaborazioni.).

Per quello che riguarda le stabilizzazioni, sempre riferendosi ai dati del Conto Annuale, nel 2007 risultano stabilizzati 10.982 lavoratori della Pubblica amministrazione, ed altri 38.956 risultano gli aventi diritto.

La stima dei lavoratori che a causa dello stop alle stabilizzazioni subirà la cessazione della propria attività lavorativa è di oltre 60.000 unità a partire dal 1 Luglio 2009, per arrivare ad oltre 120.000 nel 2010. Qualora venisse approvata la norma ex art.7 dell’AS 1167 (norma ancora in discussione, ma sulla quale si basa la strategia del Governo) tutto il personale precario, quindi tutti i lavoratori non stabilizzati, a prescindere dal possesso dei requisiti per la stabilizzazione, non vedrà rinnovato il proprio contratto.

Questo che potremmo definire un licenziamento di massa, insieme alle mancate stabilizzazioni, è il dato più allarmante, in quanto alla perdita di una singola unità lavorativa, ad esempio in settori come la sanità ed il socio assistenziale, corrisponderà un’assenza di organico difficilmente colmabile. In questi casi la cessazione del rapporto di lavoro corrisponderà con la cessazione del servizio.

Roma, 5 maggio 2009

 
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