Sentenza Corte Costituzionale su legittimità costituzionale legge riordino IRCCS

18 Luglio 2011

Sentenza Corte Costituzionale su legittimità costituzionale legge riordino IRCCS

Sentenza Corte Costituzionale su legittimità costituzionale legge riordino IRCCS
 
Con sentenza n. 270 /2005 la Corte costituzionale si è pronunciata circa il ricorso di legittimità Costituzionale degli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione); del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3) e dell’articolo 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promossi con due ricorsi della Regione Siciliana (reg. ric. nn. 30 e 98 del 2003), con un ricorso della Regione Veneto (reg. ric. 31 del 2003), con tre ricorsi della Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 32 del 2003 e nn. 3 e 33 del 2004) e con due ricorsi della Regione Marche (reg. ric. nn. 34 e 96 del 2003), notificati il 21 marzo 2003 (reg. ric. nn. 30, 31, 32 e 34 del 2003), il 19 dicembre 2003 (reg. ric. nn. 96 e 98 del 2003), il 27 dicembre 2003 (reg. ric. n. 3 del 2004) e il 24 febbraio 2004 (reg. ric. n. 33 .
Da una prima lettura del dispositivo si può desumere che sarà necessaria la riscrittura di buona parte delle norme, non siamo però ancora in grado di fornirvi ulteriori informazioni sulle possibili ripercussioni che tale sentenza avrà sulle decisioni già assunte (Policlinico di Milano; Pascale di Napoli) e sulle conferme dei commissari.

Il Responsabile del Coordinamento Naz.le IRCCS
Sandro Alloisio

SENTENZA N. 270 ANNO 2005
REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE COSTITUZIONALE
composta dai signori:
– Piero Alberto CAPOTOSTI Presidente
– Guido NEPPI MODONA Giudice
– Annibale MARINI ”
– Franco BILE ”
– Giovanni Maria FLICK ”
– Francesco AMIRANTE ”
– Ugo DE SIERVO ”
– Romano VACCARELLA ”
– Paolo MADDALENA ”
– Alfio FINOCCHIARO ”
– Alfonso QUARANTA ”
– Franco GALLO “
 
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nei giudizi di legittimità costituzionale degli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione); del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’articolo 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3) e dell’articolo 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), promossi con due ricorsi della Regione Siciliana (reg. ric. nn. 30 e 98 del 2003), con un ricorso della Regione Veneto (reg. ric. 31 del 2003), con tre ricorsi della Regione Emilia-Romagna (reg. ric. n. 32 del 2003 e nn. 3 e 33 del 2004) e con due ricorsi della Regione Marche (reg. ric. nn. 34 e 96 del 2003), notificati il 21 marzo 2003 (reg. ric. nn. 30, 31, 32 e 34 del 2003), il 19 dicembre 2003 (reg. ric. nn. 96 e 98 del 2003), il 27 dicembre 2003 (reg. ric. n. 3 del 2004) e il 24 febbraio 2004 (reg. ric. n. 33 del 2004), depositati in cancelleria il 26 marzo 2003 (reg. ric. n. 30 del 2003), il 27 marzo 2003 (reg. ric. nn. 31, 32 e 34 del 2003), il 23 dicembre 2003 (reg. ric. 96 del 2003), il 29 dicembre 2003 (reg. ric. 98 del 2003), il 2 gennaio 2004 (reg. ric. n. 3 del 2004) e il 4 marzo 2004 (reg. ric. n. 33 del 2004) ed iscritti ai nn. 30, 31, 32, 34, 96 e 98 del registro ricorsi 2003 ed ai nn. 3 e 33 del registro ricorsi 2004.

Visti gli atti di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nell’udienza pubblica del 19 aprile 2005 il Giudice relatore Ugo De Siervo;
uditi gli avvocati Giovanni Carapezza Figlia per la Regione Siciliana, Carlo Albini per la Regione Veneto, Giandomenico Falcon per la Regione Emilia-Romagna, Stefano Grassi per la Regione Marche e l’avvocato dello Stato Paolo Cosentino per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. – La Regione Siciliana, con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 26 marzo 2003, ha impugnato l’art. 42 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), che delega il Governo ad emanare un decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico (IRCCS) di cui al decreto legislativo 30 giugno 1993, n. 269, e successive modificazioni, sulla base di principi e criteri direttivi individuati nello stesso articolo, per violazione degli artt. 117, terzo comma e 118, della Costituzione, nonché dell’art. 17, lettere b) e c) dello statuto regionale.
La Regione ritiene che la disposizione impugnata sia da ricondurre alla materia “ricerca scientifica” e alla materia “tutela della salute”, entrambe affidate alla legislazione concorrente dall’art. 117, comma terzo, della Costituzione e, quanto alla “tutela della salute”, altresì contemplata nello statuto della Regione Siciliana (art. 17, lettere b e c).
In particolare, secondo la ricorrente, la norma impugnata delegherebbe il Governo al riordino della disciplina degli IRCCS, mentre «avrebbe dovuto limitarsi a fissare ‘i principi e i criteri direttivi’, aventi natura di principi fondamentali destinati alle Regioni quali limiti all’esercizio della potestà legislativa alle stesse ascritta». Il concreto riordino avrebbe dovuto essere effettuato con norme regionali e non con decreto legislativo.
La Regione conclude affermando che l’attribuzione al Ministero della salute, operata dalla norma oggetto di censura, del compito di procedere alla trasformazione dei predetti istituti, anche se con l’intesa della Regione interessata, sarebbe lesiva del riparto delle funzioni amministrative di cui all’art. 118 della Costituzione.

2. – Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 27 marzo 2003, anche la Regione Veneto ha impugnato, tra gli altri, gli articoli 42 e 43 della legge n. 3 del 2003.
La ricorrente ritiene che la materia disciplinata dall’art. 42 rientri nell’ambito della tutela della salute prevista dall’art. 117, terzo comma, Cost. D’altra parte, la disciplina della trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico in fondazioni e l’organizzazione a rete di quelli dedicati a particolari discipline non potrebbero neppure essere ricondotte «nell’ambito della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni di cui alla lettera m) del secondo comma dell’art. 117».
Il rispetto della competenza regionale in una materia di legislazione concorrente, richiederebbe il riconoscimento della possibilità per la Regione di porre norme di dettaglio, possibilità che non potrebbe ridursi alla “semplice espressione” di un parere in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano sullo schema del decreto legislativo.
La Regione ritiene, pertanto, che gli articoli oggetto di censura violino gli articoli 114, 117 e 118 della Costituzione.

3. – Anche la Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 27 marzo 2003, ha impugnato, fra gli altri, gli articoli 42 e 43 della legge n. 3 del 2003.
Preliminarmente, la ricorrente illustra l’evoluzione della disciplina legislativa sugli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, evidenziando «la loro progressiva attrazione nell’ambito del servizio sanitario, quindi verso la competenza regionale».
In particolare, la ricorrente ritiene che, a seguito della riforma del Titolo V della Costituzione, il quale ha attribuito alla potestà legislativa concorrente delle Regioni sia la “tutela della salute”, sia la “ricerca scientifica”, l’assetto degli IRCCS dovrebbe considerarsi interamente assorbito nell’ambito della competenza regionale, nel rispetto dei soli principî fondamentali posti dalla legge statale.
L’art. 42 impugnato violerebbe invece la competenza legislativa regionale, in quanto non si limiterebbe a determinare i soli principî fondamentali, né delegherebbe il Governo ad adottare norme di tale tipologia, dal momento che i singoli principî e criteri direttivi contenuti nella delega consentirebbero al legislatore delegato di porre norme di dettaglio. La competenza legislativa regionale risulterebbe, dunque, del tutto estranea al complessivo impianto della delega.
La ricorrente esclude che si versi nella materia dell’ordinamento e organizzazione degli “enti pubblici nazionali”, di cui all’art. 117, comma secondo, lettera g), Cost., in quanto per enti nazionali, a seguito del nuovo assetto istituzionale, andrebbero considerati solo quelli che operano nelle materie ora riservate allo Stato o quelli individuati da idonee fonti che ne prevedano l’esistenza a tutela di interessi infrazionabili.
Specifica censura è rivolta dalla Regione nei confronti dell’art. 42, comma 1, lettera a), della citata legge, il quale individua, come principio e criterio della delega, la trasformazione degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico esistenti alla data di entrata in vigore della legge, “nel rispetto delle attribuzioni delle regioni e delle province autonome di Trento e di Bolzano […], d’intesa con la regione interessata”, in fondazioni di rilievo nazionale sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze, “ferma restando la natura pubblica degli istituti medesimi”. La Regione Emilia-Romagna ritiene che tanto il rispetto delle attribuzioni regionali quanto la previsione di un’intesa riguardino le sole modalità e condizioni attraverso le quali il Ministero della salute provvederebbe alla trasformazione in fondazioni. Tale disposizione sarebbe quindi in contrasto sia con l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto inciderebbe in ambiti di competenza legislativa regionale, sia con l’art. 118 Cost., in quanto anche se la materia fosse di competenza statale, la Regione sarebbe il livello adeguato per deliberare e gestire l’eventuale trasformazione ed esercitare la vigilanza «in connessione con i propri compiti generali in materia di tutela della salute e di gestione del servizio sanitario».
Relativamente al medesimo art. 42, comma 1, lettera b), la Regione ritiene che l’indirizzo dato al Governo, concernente l’istituzione degli organi e i profili organizzativi, dovrebbe essere rivolto al legislatore regionale e che la prevista rappresentanza “paritetica” del Ministero della salute e della Regione interessata nel consiglio di amministrazione rappresenterebbe un’indebita ingerenza del Ministero in compiti di gestione locali. Lesive delle competenze regionali sarebbero poi la riserva di nomina del direttore generale-amministratore delegato al consiglio di amministrazione, così come la previsione che il direttore scientifico responsabile della ricerca sia nominato dal Ministero della salute “sentita la Regione interessata”, anziché dalla Regione competente. Tali norme avrebbero comunque carattere di dettaglio e non sarebbero più rispondenti al nuovo assetto costituzionale che vede l’inclusione della “ricerca scientifica” tra le materie di legislazione concorrente. Esse costringerebbero la Regione a dettare una disciplina omogenea a quella dettata dalla legge statale, senza la possibilità di adottare, pur nel rispetto dei principî fondamentali, un modello organizzativo autonomo o comunque diversamente articolato. Inoltre determinerebbe una indebita ingerenza del Ministero in compiti di gestione locali.
La disposizione dell’art. 42, comma 1, lettera c), nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi della delega, quello di «trasferire ai nuovi enti, in assenza di oneri, il patrimonio, i rapporti attivi e passivi e il personale degli istituti trasformati», disponendo altresì che «il personale già in servizio all’atto della trasformazione può optare per un contratto di lavoro di diritto privato, fermi restando, in ogni caso, i diritti acquisiti», violerebbe l’art. 3 Cost., in quanto porrebbe non già un principio, ma un vero e proprio privilegio a beneficio di una categoria di personale regionale. Contrasterebbe inoltre con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., poiché, comunque, si tratterebbe di una “scelta operativa e organizzativa” che competerebbe alle Regioni, in quanto concernente personale regionale il cui stato giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello del restante personale delle aziende sanitarie regionali.
L’art. 42, comma 1, lettera d), nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «individuare, nel rispetto della programmazione regionale, misure idonee di collegamento e sinergia con altre strutture di ricerca e di assistenza sanitaria, pubbliche e private, e con le università, al fine di elaborare e attuare programmi comuni di ricerca, assistenza e formazione», contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, spettando pertanto alla Regione il potere di coordinamento con le altre strutture di ricerca e sanitarie.
Inciderebbe, inoltre, sulla potestà legislativa concorrente la disposizione dell’art. 42, comma 1, lettera e), riguardante la valorizzazione e la tutela della proprietà dei risultati scientifici, non trattandosi della disciplina civilistica della proprietà intellettuale.
L’art. 42, comma 1, lettera f) – ancora – comprimerebbe le competenze dei livelli di governo regionale conferendo compiti amministrativi allo Stato in sede di assegnazione di progetti finalizzati di ricerca, i quali già sarebbero assegnati sulla base di appositi bandi il cui testo è definito mediante accordo sancito in sede di Conferenza per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano. Tale previsione contrasterebbe, inoltre, con il sistema di finanziamento del Fondo sanitario nazionale, basato prevalentemente su fondi di provenienza regionale.
Anche la lettera g) del comma 1 dell’art. 42 invaderebbe le competenze legislative delle Regioni, laddove contempla, tra i principî e i criteri direttivi, quello di disciplinare le modalità con cui applicare i principî di cui al medesimo articolo agli IRCCS di diritto privato. Tale previsione rappresenterebbe, secondo la ricorrente, un principio che dovrebbe essere attuato direttamente dal legislatore regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo.
Analogamente, la previsione contenuta nell’art. 42, comma 1, lettera i), stabilendo che debbano essere disciplinate le modalità attraverso le quali le fondazioni possono concedere ad altri soggetti pubblici e privati compiti di gestione, anche di assistenza sanitaria, invaderebbe la competenza regionale, ponendo un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dal legislatore regionale e non mediante decreto legislativo.
Anche la disciplina del riconoscimento delle nuove fondazioni e la revoca dei riconoscimenti contenuta nell’art. 42, comma 1, lettera m), contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost. Spetterebbe infatti alle Regioni sia il riconoscimento di nuovi enti, sia la relativa revoca. La mancata menzione delle attribuzioni regionali al riguardo determinerebbe una riduzione del ruolo delle Regioni rispetto alle previsioni contenute nell’art. 2 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 266 (Riordinamento del Ministero della sanità, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), nel testo risultante a seguito della sentenza di questa Corte n. 338 del 1994, il quale prevede che per il riconoscimento del carattere scientifico degli enti in questione, nonché per la revoca, sia almeno sentita la Regione interessata.
L’art. 42, comma 1, lettera n), prevedendo la devoluzione del patrimonio in favore di altri enti “disciplinati dal presente articolo aventi analoghe finalità”, potrebbe essere ritenuto legittimo se considerato come guida della legislazione regionale e non già come criterio direttivo per il Governo.
L’art. 42, comma 1, lettera p), occupandosi degli istituti “non trasformati” o di quelli che “non sono oggetto di trasformazione”, sarebbe illegittimo, dal momento che non porrebbe un principio suscettibile di essere sviluppato dalla legislazione regionale, ma riserverebbe al Ministero della salute la nomina di metà dei membri del consiglio di amministrazione e attribuirebbe al Ministro la nomina del direttore scientifico, in violazione dell’art. 117, terzo comma e dell’art. 118 Cost.
L’art. 43, infine, disponendo che con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza permanente, venga disciplinata l’organizzazione a rete degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico dedicati a particolari discipline”, conferirebbe al Ministro un potere “di natura sostanzialmente regolamentare”, di contenuto indeterminato, in violazione dell’art. 117, sesto comma, Cost. In subordine, si rileva che il decreto violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto, intervenendo in materia affidata alla legislazione concorrente, il decreto di cui alla norma censurata dovrebbe essere adottato d’intesa con la Conferenza Stato-Regioni.

4. – Con ricorso notificato il 21 marzo 2003 e depositato il 27 marzo 2003, anche la Regione Marche ha impugnato gli articoli 42 e 43 della legge n. 3 del 2003, proponendo censure sostanzialmente analoghe a quelle prospettate dalla Regione Emilia-Romagna.
Nel ricorso, tuttavia, la censura relativa all’art. 42, comma 1, lettera f), è proposta anche in riferimento al parametro costituzionale espresso dall’art. 119 della Costituzione. In particolare, la ricorrente rileva che la disposizione censurata, nell’attribuire allo Stato «compiti di definizione delle risorse per la ricerca, senza un pieno coinvolgimento delle regioni e comunque sovrapponendosi alle competenze regionali», violerebbe appunto i principî in materia di autonomia finanziaria, considerato che, anche in seguito alla modifica della disciplina del finanziamento del Servizio sanitario nazionale, il finanziamento della ricerca finalizzata «si basa anche su fondi di provenienza regionale».

5. – In tutti i giudizi si è costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato.
Negli atti di costituzione, di contenuto sostanzialmente identico, l’Avvocatura sostiene che la disciplina degli IRCCS rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., in quanto si tratterebbe di organismi rientranti nella categoria degli “enti pubblici nazionali”.
Peraltro, l’art. 42 della legge n. 3 del 2003 sarebbe rispettoso delle attribuzioni regionali, in quanto, in aderenza con il principio della leale cooperazione, sarebbe comunque richiesta la previa intesa con la Regione interessata, nonché l’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto legislativo da emanare in attuazione della delega.

6. – In prossimità della data fissata per l’udienza, la Regione Veneto ha depositato una memoria nella quale dà atto che la Giunta regionale ha autorizzato il Presidente a rinunciare al ricorso promosso avverso la legge n. 3 del 2003, limitatamente alle disposizioni di cui agli artt. 42 e 43.

7. – La Regione Emilia-Romagna ha depositato una memoria nella quale, replicando alle argomentazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato nel proprio atto di costituzione in giudizio, sostiene che l’estraneità degli IRCCS rispetto agli enti di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. troverebbe conferma nell’art. 1 del d.lgs. 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), che qualifica tali istituti come “enti a rilevanza nazionale”.
Ancora, il carattere di dettaglio della disciplina contenuta nella legge n. 3 del 2003 sarebbe confermato sia dal contenuto del d.lgs. n. 288 del 2003, sia dalla sentenza di questa Corte n. 15 del 2004, nella quale si qualifica, appunto, come “analitica e organica” la disciplina contenuta nel decreto.
Quanto alla previsione dell’intesa con la Regione interessata e all’acquisizione del parere della Conferenza Stato-Regioni sullo schema di decreto legislativo, la ricorrente afferma che tali forme di partecipazione non sarebbero sufficienti a rendere legittime le norme censurate, in quanto non eliminerebbero «la lesione derivante dall’aver accentrato una funzione amministrativa in assenza di esigenze di carattere unitario».
Sostiene infine la Regione Emilia-Romagna che sui ricorsi non inciderebbe l’intesa raggiunta, ai sensi dell’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003, in sede di Conferenza Stato-Regioni con l’accordo 1° luglio 2004, concernente le modalità di organizzazione, gestione e funzionamento degli IRCCS non trasformati in fondazioni. Ciò sia in quanto i ricorsi riguarderebbero anche gli IRCCS trasformati in fondazioni, sia in quanto la ricorrente ha contestato la previsione stessa dell’intesa, sostenendo che vi sarebbe competenza legislativa piena, ovvero concorrente, della Regione.

8. – La Regione Marche ha depositato una memoria nella quale, confermando le censure sollevate nel ricorso, ribadisce che la legge n. 3 del 2003, in quanto delega il Governo al riordino della disciplina e non soltanto alla definizione dei principî fondamentali, lederebbe la potestà legislativa concorrente delle Regioni in materia di ricerca scientifica e di tutela della salute.
La Regione esclude che gli IRCCS possano essere ricondotti alla competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost., dal momento che “enti nazionali” potrebbero essere solo quelli «che per vocazione e struttura sono articolati su una base territoriale tendenzialmente idonea a consentirne lo svolgimento delle proprie funzioni sull’intero territorio nazionale».

9. – Anche l’Avvocatura dello Stato ha presentato memorie nelle quali ha innanzitutto eccepito la carenza di interesse al ricorso della Regione Siciliana e della Regione Veneto, dal momento che nei loro rispettivi territori non insisterebbe alcuno degli istituti contemplati nella disciplina impugnata.
Nel merito, l’Avvocatura afferma che le caratteristiche stesse degli IRCCS, per come configurati dalla peculiare normativa che li concerne, ne contraddistinguerebbero la natura, distinguendola rispetto a quella degli altri istituti del Servizio sanitario nazionale. Si tratterebbe, infatti, di centri di eccellenza che svolgono attività di ricerca scientifica biomedica, di cui sono tenuti a garantire un elevato livello, trasferendone altresì i risultati a favore del Servizio nazionale. Ciò comporterebbe la necessità di un controllo centralizzato «che garantisca uniformità di applicazione dei risultati della ricerca sul territorio nazionale, anche al fine della determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni nonché della relativa applicazione». Queste caratteristiche sottrarrebbero tali istituti alla normativa ordinaria in materia di sanità e di ricerca scientifica e alla relativa competenza legislativa delle Regioni.
Inoltre, il Ministero della salute sarebbe competente al finanziamento dell’attività scientifica di base, finalizzata alla ricerca su patologie di rilievo nazionale, nonché al controllo dei risultati della ricerca stessa. Ciò confermerebbe il carattere nazionale degli IRCCS e giustificherebbe l’attribuzione allo Stato delle funzioni di alta vigilanza e controllo, senza nulla togliere alle competenze delle Regioni in materia di assistenza che sarebbero assicurate, tra l’altro, anche dalla presenza di rappresentanti regionali negli organi di gestione.
Nelle memorie depositate nei giudizi concernenti i ricorsi promossi dalle Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Marche, l’Avvocatura contesta altresì la censura mossa avverso l’art. 43 della legge n. 3 del 2003, relativo alla organizzazione a rete degli IRCCS, sostenendo che tale organizzazione favorirebbe la circolazione dei risultati delle ricerche svolte dagli istituti e, in definitiva, la ricerca scientifica e la tutela della salute nell’ampia accezione delineata dall’art. 32 Cost.

10. – La Regione Emilia-Romagna ha depositato una ulteriore memoria nella quale, replicando alle osservazioni svolte dall’Avvocatura dello Stato, afferma che non sarebbe affatto necessario un controllo centrale sull’attività di ricerca scientifica svolta dagli IRCCS, ben potendo tale controllo essere espletato dalle Regioni, sulla base dei principî fondamentali fissati dallo Stato.
Anche laddove vi fossero esigenze di carattere unitario, la previsione di un potere di controllo statale sarebbe comunque illegittima in quanto non contemplerebbe un coinvolgimento delle Regioni.
La ricorrente richiama, inoltre, le recenti pronunce di questa Corte n. 31 del 2005 e n. 423 del 2004 nelle quali sono stati delineati i casi in cui potrebbe essere ritenuto ammissibile l’intervento statale nell’ambito della materia della ricerca scientifica, al di fuori dei quali la competenza sarebbe della Regione ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.

11. – Con ricorso notificato il 19 dicembre 2003 e depositato il 23 dicembre 2003, la Regione Marche ha impugnato l’art. 1, comma 2, l’art. 2, commi 1, 2 e 3, l’art. 7, commi 1, 2, 3 e 4, l’art. 8, l’art. 11, commi 1 e 2, nonché l’art. 12, comma 2, del decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 42, commi 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3).
Anche in tale ricorso, la Regione ricorrente sostiene che la disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico rientri in parte nella materia della tutela della salute e in parte in quella della ricerca scientifica, entrambe attribuite alla competenza legislativa concorrente delle Regioni, fermi restando i principî fondamentali della disciplina stabiliti da legge statale. Ai fini dell’individuazione della competenza legislativa, il carattere nazionale di tali istituti – affermato nel precedente assetto costituzionale nel quale si giustificava esclusivamente in ragione della competenza statale in materia di ricerca scientifica – non rileverebbe più, dal momento che «la legge di revisione costituzionale, nel momento in cui ha affidato alle Regioni le competenze anche in materia di ricerca scientifica (non limitata alla ricerca afferente le sole materie di competenza regionale) ha mutato radicalmente i presupposti per la qualificazione degli istituti come enti nazionali».
Ciò premesso, la ricorrente censura l’art. 1, comma 2, del decreto legislativo, il quale attribuisce al Ministero della salute funzioni di vigilanza e controllo sugli IRCCS tali da escludere qualsiasi ulteriore controllo da parte della Regione; la norma sarebbe lesiva delle competenze legislative, regolamentari e amministrative della Regione così come configurate dagli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost., dal momento che non lascerebbe alcuno spazio alla Regione in tema di disciplina e di svolgimento delle funzioni di vigilanza e controllo sulle attività di assistenza svolte dagli istituti.
Medesimo tenore ha la censura prospettata nei confronti dell’art. 2, comma 1, del d.lgs. n. 288 del 2003, il quale attribuisce la funzione di vigilanza e controllo sulle neoistituite Fondazioni IRCCS al Ministero della salute e al Ministero dell’economia e delle finanze “senza alcuna salvaguardia delle competenze regionali”.
La Regione Marche impugna, poi, l’art. 2, commi 2 e 3, l’art. 7, commi 1, 2, 3 e 4, l’art. 8 e l’art. 12, comma 2, in quanto tali disposizioni conterrebbero norme di dettaglio nella materia delle Fondazioni IRCCS e degli Istituti non trasformati in fondazioni, non limitandosi “alla fissazione dei principî fondamentali”. La ricorrente evidenzia come i principî fondamentali stabiliti dalle leggi quadro nazionali debbano avere un “livello di maggiore astrattezza” rispetto alle regole stabilite dal legislatore regionale; le norme censurate conterrebbero, invece, una disciplina dettagliata, auto-applicativa, non cedevole e direttamente operante, che non lascerebbe margine alcuno all’intervento legislativo regionale. Le norme censurate invaderebbero quindi l’ambito riservato dalla Costituzione alla funzione legislativa e regolamentare della Regione, in violazione degli artt. 117, terzo e sesto comma, e 118, primo e secondo comma, Cost.
Da ultimo, la Regione Marche censura l’art. 2, comma 3, e l’art. 11, commi 1 e 2, che disciplinano le assunzioni e i rapporti di lavoro del personale degli IRCCS. Al legislatore statale sarebbe riservata la sola disciplina di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. relativa alla materia “ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali” e non “l’ordinamento e organizzazione amministrativa delle regioni, degli enti locali e degli enti pubblici substatali”, materia quest’ultima che spetterebbe «inequivocabilmente alla competenza residuale del legislatore regionale». Le disposizioni censurate violerebbero così l’art. 117 Cost., in quanto, trattandosi di personale regionale il cui stato giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello del restante personale degli enti del Servizio sanitario nazionale, esse inciderebbero illegittimamente su ambiti di potestà legislativa residuale regionale o, comunque, se anche si volesse ammettere un titolo di legislazione concorrente, andrebbero ben al di là della riserva statale concernente i principî fondamentali. Tali disposizioni violerebbero inoltre l’art. 118, primo e secondo comma, Cost., in quanto alla Regione sarebbe impedita l’auto-organizzazione delle proprie funzioni amministrative.
Né tali previsioni potrebbero essere ricondotte alla “determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni” che sarebbe «cosa del tutto diversa dalla decisione circa le modalità di effettuazione delle assunzioni e il regime del rapporto di lavoro del personale».

12. – Con ricorso notificato il 19 dicembre 2003 e depositato il 29 dicembre 2003, anche la Regione Siciliana ha impugnato il decreto legislativo n. 288 del 2003.
Nel ribadire le posizioni già espresse nel ricorso formulato nei confronti della legge n. 3 del 2003, la Regione afferma che il decreto legislativo impugnato recherebbe una compiuta e dettagliata disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico che «indebitamente restringe, se non addirittura annulla, ogni spazio utile per l’esercizio della potestà normativa regionale, violando altresì le competenze amministrative alla Regione spettanti in conformità all’art. 118 della Costituzione».

13. – Con ricorso notificato il 27 dicembre 2003 e depositato il 2 gennaio 2004, anche la Regione Emilia-Romagna ha impugnato l’art. 2, commi 1, 2 e 3, l’art. 3, commi 1, 2, 3, 4, 5 e 6, l’art. 4, l’art. 5, l’art. 8, comma 5, l’art. 10, comma 1, ultima frase, l’art. 11, comma 1, l’art. 14, l’art. 15, commi 1 e 2, l’art. 16, commi 1, 2, 3 e 4, l’art. 17, comma 2, nonché l’art. 19 del d.lgs. n. 288 del 2003.
Argomentazioni sostanzialmente analoghe a quelle esposte nel ricorso presentato dalla Regione Marche sono alla base delle censure formulate nei confronti dell’art. 2, commi 1, 2, 3 e dell’art. 11, comma 1.
Per quanto concerne le disposizioni contenute all’art. 3 – che rinviano alla normativa civilistica per la disciplina del regime giuridico delle fondazioni IRCCS (comma 1), e regolano la composizione e nomina del consiglio di amministrazione (comma 2), la nomina del presidente della Fondazione (comma 3), determinano gli indirizzi per l’autonomia statutaria e la nomina del direttore generale e del direttore scientifico (comma 4), la cessazione dei comitati straordinari (comma 6) – e le disposizioni di cui all’art. 4 – che determina i compiti del collegio sindacale, la sua composizione e nomina e i requisiti dei membri – la ricorrente ritiene che tale disciplina, concernente l’organizzazione delle fondazioni, rientrerebbe nell’ambito di cui all’art. 117, quarto comma, Cost. Ma se anche si volessero ricondurre le norme impugnate alle materie di cui all’art. 117, comma terzo, esse sarebbero illegittime “in quanto dettagliate”, né esse potrebbero considerarsi legittime “in virtù di una loro ipotetica cedevolezza”, in quanto questa Corte, con le sentenze n. 303 del 2003 e n. 282 del 2002, avrebbe statuito l’inammissibilità di norme statali di dettaglio cedevoli, «salvo il caso che ciò sia necessario per assicurare l’immediato svolgersi di funzioni amministrative che lo Stato ha attratto per soddisfare esigenze unitarie e che non possono essere esposte al rischio della ineffettività». In via ulteriormente subordinata, la norma in questione contrasterebbe con l’art. 118 Cost., prevedendo una indebita ingerenza ministeriale in compiti di gestione o di controllo locali.
La ricorrente, ancora, censura l’art. 5 del d.lgs. n. 288 del 2003. Tale norma, con riguardo agli Istituti non trasformati, prevede che, con atto di intesa in sede di Conferenza Stato-Regioni, «sono disciplinate le modalità di organizzazione, di gestione e di funzionamento degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico non trasformati in Fondazioni, nel rispetto del principio di separazione delle funzioni di indirizzo e controllo da quelle di gestione e di attuazione, nonché di salvaguardia delle specifiche esigenze riconducibili alla attività di ricerca e alla partecipazione alle reti nazionali dei centri di eccellenza assistenziale, prevedendo altresì che il direttore scientifico responsabile della ricerca sia nominato dal Ministero della salute, sentito il Presidente della Regione interessata». Tale disposizione violerebbe l’art. 117 Cost., in quanto attribuirebbe un potere normativo necessariamente secondario alla Conferenza in una materia (“organizzazione degli IRCCS non trasformati”) che rientrerebbe nella potestà legislativa residuale regionale o, comunque, nella potestà legislativa concorrente. In subordine, la norma, nel prevedere che sia il Ministro della salute a nominare il direttore scientifico (sentito il Presidente della Regione interessata) contrasterebbe con l’art. 118 Cost., in quanto consentirebbe una indebita ingerenza ministeriale in compiti di gestione o di controllo locali.
L’art. 8, comma 5, prevedendo la stipulazione di accordi, convenzioni o la costituzione o partecipazione a consorzi, società di persone o capitali con soggetti pubblici e privati “al fine di trasferire i risultati della ricerca in ambito industriale”, inciderebbe, secondo la ricorrente, su un oggetto rientrante nella potestà legislativa regionale concorrente, non trattandosi della disciplina civilistica della proprietà intellettuale scientifica, ma di strumenti organizzativi per l’incentivazione e la migliore utilizzazione dei risultati scientifici.
L’art. 10, comma 1, ultima frase, nell’attribuire al Ministero della salute, nella ripartizione dei fondi di cui all’articolo 12, comma 2, del d.lgs. 30 dicembre 1992, n. 502 (Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell’articolo 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421), la possibilità di riservare apposite quote per il finanziamento di progetti gestiti mediante organizzazione a rete, lederebbe l’autonomia amministrativa e finanziaria delle Regioni di cui all’art. 119 Cost.; la disposizione censurata ridurrebbe le competenze dei livelli di governo regionali, conferendo compiti amministrativi allo Stato in sede di assegnazione di progetti che già attualmente «sono assegnati sulla base di appositi bandi il cui testo è definito mediante Accordo sancito in sede di Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano». Nel ricorso si precisa, inoltre, che attualmente la ricerca finalizzata, compresa quella svolta dagli IRCCS, sarebbe finanziata prevalentemente su fondi di provenienza regionale e che «pertanto si impone una revisione della relativa disciplina in senso esattamente opposto a quello dell’art. 10, comma 1, ultima frase, d.lgs. n. 288/03».
La norma, ancora, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., nonché il principio di leale collaborazione, in quanto non prevederebbe un’intesa con le Regioni nella definizione delle quote da riservare.
L’art. 14 sarebbe illegittimo per violazione dell’art. 118 Cost., in quanto, disciplinando il procedimento di riconoscimento e attribuendone la competenza al Ministero della salute, d’intesa con il Presidente della Regione interessata (art. 14), regolerebbe una funzione amministrativa che spetterebbe alla legge regionale. Non esisterebbe infatti alcuna esigenza unitaria tale da imporre una competenza statale “secondo un criterio di sussidiarietà, proporzionalità e ragionevolezza”.
Analoghe considerazioni varrebbero per l’art. 15, il quale attribuisce al Ministro della salute la verifica periodica del possesso dei requisiti necessari per il riconoscimento delle Fondazioni IRCCS, il potere di scioglimento dei consigli di amministrazione di tali fondazioni e degli organi degli IRCCS non trasformati, nonché il potere di nomina del commissario straordinario. Tale norma violerebbe l’art. 118 Cost., in quanto attribuirebbe al Ministro una funzione amministrativa in assenza di qualsiasi esigenza unitaria tale da giustificare la necessarietà dell’intervento statale.
L’art. 16, comma 1, il quale prevede la costituzione, da parte del Ministro della salute, di “appositi comitati paritetici di vigilanza”, contrasterebbe con gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto non sussisterebbe titolo alcuno per una disciplina statale di allocazione delle competenze amministrative e per l’esercizio da parte di organi misti delle funzioni di vigilanza. La Regione Emilia-Romagna, inoltre, censura la norma in esame in quanto i comitati da essa previsti non sarebbero effettivamente paritetici, essendo formati da tre membri di nomina “statale” (due designati dal Ministro della salute e uno dal Ministro dell’economia) e due di nomina “regionale”.
La ricorrente impugna, ancora, l’art. 17, comma 2, il quale prevede, alla loro estinzione, la devoluzione allo Stato del patrimonio delle Fondazioni IRCCS, con successiva destinazione di tale patrimonio, previa intesa tra il Ministro della salute, il Presidente della Regione interessata e, ove presenti, i soggetti portatori degli interessi originari, agli altri IRCCS o Fondazioni IRCCS ubicati nella Regione in cui insiste la sede prevalente di attività dell’ente estinto, o, in assenza di questi, ad enti pubblici aventi sede nella Regione stessa, esclusivamente per finalità di ricerca e assistenza. Tale disposizione contrasterebbe con l’art. 118 Cost. in quanto prevederebbe un intervento amministrativo statale (l’intesa con il Ministro della salute) in materia di competenza legislativa residuale regionale (quella dell’ordinamento degli enti regionali) o, comunque, in materia di legislazione concorrente, non giustificato da alcuna esigenza unitaria e tale da pregiudicare, a causa dell’eccessiva rigidità del criterio della destinazione “esclusiva” in favore di altri istituti scientifici, il buon andamento dell’amministrazione in un settore di competenza regionale. L’art. 17, inoltre, violerebbe gli artt. 76 e 118 Cost., in quanto la norma di delega avrebbe previsto la devoluzione diretta del patrimonio in favore di altri IRCCS, senza il “passaggio intermedio” attraverso l’amministrazione statale, passaggio che sarebbe poco chiaro, irragionevole e non giustificato da alcuna esigenza unitaria.
Infine, la Regione censura l’art. 19, laddove prevede che la richiesta di conferma del carattere scientifico degli Istituti di ricovero e cura esistenti alla data di entrata in vigore della legge n. 3 del 2003, sia sottoposta anche al Ministero, rinviando alle disposizioni procedimentali di cui agli artt. 14 e 15. Tale disposizione violerebbe l’art. 118 Cost., in quanto attribuirebbe al Ministro una funzione amministrativa in assenza di qualsiasi esigenza unitaria tale da giustificare la necessarietà dell’intervento statale.

14. – In tutti i giudizi si è costituto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, la quale – dopo aver ribadito che la disciplina degli IRCCS rientrerebbe nella competenza legislativa esclusiva statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. – afferma che, per quanto attiene alla specifica disciplina delle fondazioni, essa rientrerebbe nella previsione dell’art. 117, secondo comma, lettera l), Cost. Inoltre, la difesa erariale sostiene che il decreto legislativo atterrebbe ai settori della ricerca scientifica e della tutela della salute in cui lo Stato avrebbe competenza concorrente, competenza della quale non sarebbero stati superati i limiti.
Il mantenimento allo Stato delle funzioni di vigilanza e controllo non limiterebbe le attribuzioni regionali e comunque tale previsione si giustificherebbe per la necessità di assicurare l’esercizio unitario delle funzioni amministrative in tale delicato settore, trovando fondamento nell’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. Tale disposizione assegnerebbe allo Stato un particolare “compito” di carattere “trasversale”, nel cui esercizio lo Stato conserverebbe il potere di dettare standard di protezione uniformi validi in tutte le Regioni e non derogabili da queste. «Pertanto, ogni qual volta la garanzia di interessi di rilievo nazionale richieda l’esistenza di regole omogenee in tutto il territorio della Repubblica», le norme poste in attuazione di tali compiti sarebbero «efficaci anche se interferenti con le materie attribuite alla competenza concorrente o residuale delle Regioni».

15. – La Regione Emilia-Romagna, in prossimità dell’udienza, ha presentato una memoria nella quale contesta che la disciplina degli IRCCS rientri nella competenza statale in materia civilistica ex art. 117, secondo comma, lettera l) Cost. Tale rilievo sarebbe infondato, dal momento che l’art. 2 del decreto manterrebbe ferma la natura pubblicistica di tali istituti.
Inoltre, il richiamo alla competenza statale di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. non sarebbe pertinente, non avendo le norme censurate alcun collegamento con i livelli essenziali delle prestazioni concernenti diritti civili e sociali.

16. – La Regione Marche, nella ulteriore memoria depositata, oltre a ribadire le argomentazioni già svolte, osserva che la previsione contenuta nell’art. 8, comma 3, del d.lgs. n. 288 del 2003, secondo la quale la programmazione della ricerca degli IRCCS dovrebbe svolgersi in coerenza con gli atti di programmazione regionale, ridurrebbe ulteriormente lo spazio di intervento regionale, pure riconosciuto dall’art. 10, comma 1, lettera a), della legge 13 maggio 1999, n. 133 (Disposizioni in materia di perequazione, razionalizzazione e federalismo fiscale), il quale prevede l’intesa con la Conferenza Stato-Regioni per la determinazione dei criteri di raccordo dell’attività di tali istituti con la programmazione regionale, nonché delle modalità di finanziamento delle attività assistenziali.
Infine, anche la Regione Marche contesta la possibilità di ricondurre le norme impugnate alla materia di cui all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost. per il solo fatto che la disciplina in esame concerna anche il diritto alla salute.

17. – L’Avvocatura dello Stato, nel giudizio promosso dalla Regione Marche (reg. ric. n. 96 del 2003) ha depositato una memoria nella quale svolge ulteriori considerazioni in ordine alle censure formulate da tale Regione avverso il d.lgs. n. 288 del 2003, affermando che le medesime considerazioni varrebbero anche con riferimento al ricorso proposto dalla Regione Siciliana – il quale sarebbe peraltro inammissibile per carenza di interesse e per mancata specificazione delle norme censurate – nonché al ricorso della Regione Emilia-Romagna.
La difesa erariale afferma che la ricostruzione della natura degli IRCCS operata dalle ricorrenti non terrebbe conto dell’elemento più qualificante di tali enti, e cioè del fatto di costituire “centri di eccellenza”, nonché dell’indispensabile collegamento in una rete di servizi al fine di conseguire vari obiettivi, tra cui crescenti sinergie tra gli istituti stessi, l’innalzamento delle loro prestazioni in tutto il Paese, l’accesso ai programmi europei di ricerca. Tale carattere ne precluderebbe l’inquadramento nell’ambito delle ordinarie strutture sanitarie. Ciò sarebbe confermato dall’art. 4 del d.lgs. n. 502 del 1992, il quale stabilisce la possibilità di costituire gli IRCCS di diritto pubblico in aziende sanitarie ma con le particolarità procedurali di cui all’art. 11, comma 1, lettera b) della legge 15 marzo 1997, n. 59 (Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti alle regioni ed enti locali, per la riforma della Pubblica Amministrazione e per la semplificazione amministrativa), così confermando indirettamente l’autonomia della struttura organizzativa degli IRCCS.
Quanto alle singole censure, rileva l’Avvocatura che le competenze regionali non sarebbero lese dal momento che la trasformazione degli istituti in fondazioni dovrebbe avvenire su istanza della Regione. La vigilanza statale sarebbe già prevista dalla normativa vigente e si giustificherebbe in considerazione del fatto che le fonti di finanziamento sarebbero appunto statali. Le prerogative regionali sulla vigilanza sarebbero peraltro assicurate dalla previsione di comitati paritetici (art. 16). In ogni caso, la competenza statale sarebbe giustificata dalla necessaria uniformità della trasformazione degli IRCCS.
Il carattere dettagliato delle previsioni del d.lgs. n. 288 si giustificherebbe, poi, con l’esigenza di garantire l’uniformità organizzativa degli istituti su tutto il territorio nazionale e non pregiudicherebbe le prerogative regionali in ordine alla programmazione dell’attività di assistenza. Infondate, infine, sarebbero le censure sulle norme concernenti il personale degli IRCCS in quanto, rinviando al d.lgs. n. 502 del 1992 e al d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche), esse assicurerebbero, nell’ambito degli istituti non trasformati, uniformità di comportamento e salvaguarderebbero le competenze regionali delineate da tale normativa.

18. – La Regione Emilia-Romagna, con ricorso notificato il 24 febbraio 2003 e depositato il 4 marzo 2003, ha impugnato, fra gli altri, l’art. 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004).
La disposizione in esame prevede che gli IRCCS, al fine di ripianare i debiti pregressi fino al 31 ottobre 2003, possano procedere alla alienazione del proprio patrimonio e che «le modalità di attuazione sono autorizzate con decreto del Ministero della salute, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze». Tale disciplina, secondo la ricorrente, violerebbe gli articoli 117, terzo comma, e 118 Cost. Gli IRCCS, infatti, sarebbero «enti che rientrano ormai nell’orbita regionale», in quanto operanti in ambiti di legislazione concorrente, mentre la disposizione non potrebbe in alcun modo essere considerata un “principio fondamentale della materia”, con la conseguenza che ogni decisione volta a consentire o vietare l’alienazione del patrimonio di tali enti dovrebbe spettare alle Regioni. La norma censurata, inoltre, contrasterebbe con l’art. 117, sesto comma, Cost., in quanto affiderebbe al Ministro un potere regolamentare in ambiti di potestà legislativa concorrente.

19. – In tale giudizio, si è costituto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, contestando genericamente i motivi di censura formulati dalla ricorrente.
Nella memoria depositata successivamente, l’Avvocatura dello Stato osserva che gli IRCCS sarebbero qualificati dal d.lgs. n. 288 del 2003 come “enti a rilevanza nazionale” e quindi rientrerebbero nella potestà legislativa esclusiva dello Stato ai sensi dell’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost. Inoltre, poiché la disposizione censurata atterrebbe alla disciplina della capacità di agire di tali persone giuridiche, essa rientrerebbe nella materia dell’ordinamento civile, di cui all’art. 117, secondo comma, lettera g), Cost.

20. – In data 26 ottobre 2004, anteriormente allo svolgimento dell’udienza pubblica, la difesa della Regione Siciliana ha depositato un atto in cui il Presidente della Regione dichiara di rinunciare ad entrambi i ricorsi proposti. L’Avvocatura dello Stato ha accettato tale rinuncia.
Considerato in diritto
1. – La Regione Siciliana e le Regioni Veneto, Emilia-Romagna e Marche, con distinti ricorsi (rispettivamente iscritti nel registro ricorsi ai nn. 30, 31, 32 e 34 del 2003), hanno proposto questioni di legittimità costituzionale (le Regioni Veneto ed Emilia-Romagna insieme ad altre disposizioni) degli articoli 42 e 43 della legge 16 gennaio 2003, n. 3 (Disposizioni ordinamentali in materia di pubblica amministrazione), i quali delegano il Governo ad emanare un decreto legislativo recante norme per il riordino della disciplina degli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico, per violazione degli artt. 3, 114, 117, terzo e sesto comma, 118, 119 Cost., nonché, per ciò che riguarda la Regione Siciliana, dell’art. 17, lettere b) e c) dello statuto regionale, approvato con r.d.lgs. 15 maggio 1946, n. 455 (Approvazione dello statuto della Regione Siciliana), e convertito in legge costituzionale con la legge cost. 26 febbraio 1948, n. 2.
La Regione Marche, la Regione Siciliana e la Regione Emilia-Romagna, con distinti ricorsi (rispettivamente iscritti nel registro ricorsi ai nn. 96 e 98 del 2003, n. 3 del 2004) hanno impugnato l’intero decreto legislativo 16 ottobre 2003, n. 288 (Riordino della disciplina degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, a norma dell’art. 42, comma 1, della legge 16 gennaio 2003, n. 3), nonché numerose disposizioni che lo compongono, in relazione agli artt. 3, 76, 117, terzo, quarto e sesto comma, 118, primo e secondo comma, 119 ed al principio di leale collaborazione, nonché, per ciò che riguarda la Regione Sicilia, all’art. 17, lettere b) e c) dello statuto regionale.
La Regione Emilia-Romagna con ricorso iscritto al n. 33 del registro ricorsi del 2004 ha impugnato, in relazione agli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., tra gli altri, l’art. 4, comma 236, della legge 24 dicembre 2003, n. 350 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2004), il quale consente la alienazione del patrimonio degli IRCCS, al fine di ripianare i debiti pregressi fino al 31 ottobre 2003.
2. – Per ragioni di omogeneità di materia, le questioni di legittimità costituzionale sollevate avverso gli artt. 42 e 43 della legge n. 3 del 2003 e avverso l’art. 4, comma 236, della legge n. 350 del 2003 devono essere trattate separatamente dalle altre concernenti gli stessi atti normativi e sollevate con i medesimi ricorsi delle Regioni Veneto ed Emilia-Romagna, oggetto di distinte decisioni.
Considerata l’identità di materia, nonché la sostanziale analogia delle questioni prospettate, i giudizi possono essere riuniti per essere affrontati congiuntamente e decisi con unica sentenza.
3. – In prossimità alla data fissata per l’udienza, la Regione Veneto ha rinunciato al ricorso n. 31 del 2003 avverso gli artt. 42 e 43 della legge n. 3 del 2003.
In occasione dell’udienza pubblica la difesa della Regione Siciliana ha depositato la rinuncia ai ricorsi nn. 30 e 98 del 2003.
Entrambe le rinunce sono state accettate dall’Avvocatura generale dello Stato, cosicché i relativi giudizi devono essere dichiarati estinti; la presente decisione avrà dunque ad oggetto le questioni sollevate con i ricorsi nn. 32, 34, 96 del 2003 e nn. 3 e 33 del 2004.
4. – Numerosi e frammentati appaiono i rilievi di costituzionalità sollevati. Essi possono essere sintetizzati nei termini seguenti:
I. – l’art. 42 della legge n. 3 del 2003, considerato nel suo complesso, delegando il Governo a dettare norme di dettaglio volte al riordino degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, anziché fissare principi fondamentali per l’attuazione del riordino da parte delle Regioni, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto si verterebbe in ambiti materiali affidati alla legislazione concorrente, nei quali lo Stato dovrebbe limitarsi esclusivamente a porre i principî fondamentali; ciò, sia che si ritenesse la normativa impugnata incidente nella materia “tutela della salute”, sia che la si ritenesse incidente nell’ambito della “ricerca scientifica” (Regione Emilia-Romagna, Regione Marche);
II. – l’art. 42 della legge n. 3 del 2003, anche ove fosse interpretato nel senso di abilitare il Governo a dettare soltanto “i principî fondamentali per il riordino della disciplina” degli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico, violerebbe comunque l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto tale interpretazione “adeguatrice” non troverebbe alcun riscontro concreto nei contenuti della delega, dal momento che i singoli principî e criteri direttivi posti al legislatore delegato sarebbero tali da consentirne al Governo uno sviluppo solo mediante normative di mero dettaglio in materie di legislazione concorrente (Regione Emilia-Romagna);
III. – l’art. 42, comma 1, lettera a), della legge n. 3 del 2003, nel disporre che il Governo debba «prevedere e disciplinare […] le modalità e le condizioni attraverso le quali il Ministro della salute, d’intesa con la Regione interessata, possa trasformare gli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto pubblico […] in fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell’economia e delle finanze, ferma restando la natura pubblica degli istituti medesimi», violerebbe: a) l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto inciderebbe in ambiti di legislazione concorrente in violazione delle prerogative regionali, non valendo in senso inverso la previsione dell’intesa con la Regione interessata, riferita solo alle modalità ed alle condizioni dell’operare del Ministro; b) l’art. 118 Cost., in quanto allocherebbe al livello statale le funzioni amministrative connesse alla trasformazione degli istituti pur essendo del tutto adeguato allo svolgimento delle stesse il livello regionale (Regione Emilia-Romagna, Regione Marche);
IV. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, nella sua interezza, costituendo principio della delega rivolta al Governo, e non principio fondamentale rivolto al legislatore regionale per l’esercizio della potestà legislativa spettante alle Regioni in ambiti di potestà concorrente, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost. (Regione Emilia-Romagna);
V. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, ponendo una disciplina di dettaglio sulla composizione degli organi di amministrazione, compresa la riserva della nomina del direttore generale-amministratore delegato al consiglio di amministrazione, nonché la nomina del direttore scientifico responsabile della ricerca da parte del Ministero della salute, sentita la Regione interessata, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto interverrebbe in materie di competenza concorrente, quali la tutela della salute e la ricerca scientifica, costringendo la Regione a dettare una disciplina omogenea a quella dettata dalla legge statale, senza la possibilità di adottare, pur nel rispetto dei principî fondamentali, un modello organizzativo autonomo o comunque diversamente articolato (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
VI. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, nella parte in cui impone di assicurare, nell’organo di indirizzo composto da consiglio di amministrazione e presidente, la rappresentanza paritetica del Ministero della salute e della Regione “interessata”, violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto determinerebbe una indebita ingerenza del Ministero in compiti di gestione locali (Regione Emilia-Romagna);
VII. – l’art. 42, comma 1, lettera b), della legge n. 3 del 2003, prevedendo la nomina del direttore scientifico responsabile della ricerca da parte del Ministero della salute, sentita la Regione interessata, violerebbe l’art. 117, terzo comma, Cost., in quanto il ruolo meramente consultivo della Regione in ordine a tale profilo non risponderebbe più all’inclusione della ricerca scientifica tra le materie di legislazione concorrente (Regione Emilia-Romagna);
VIII. – l’art. 42, comma 1, lettera c), della legge n. 3 del 2003, nel prevedere, tra i principi e criteri direttivi, quello di «trasferire ai nuovi enti, in assenza di oneri, il patrimonio, i rapporti attivi e passivi e il personale degli istituti trasformati», disponendo altresì che «il personale già in servizio all’atto della trasformazione può optare per un contratto di lavoro di diritto privato, fermi restando, in ogni caso, i diritti acquisiti», violerebbe: gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., comprimendo illegittimamente l’autonomia legislativa regionale, dal momento che si tratterebbe di una “scelta operativa e organizzativa” che competerebbe alle Regioni in quanto concernente personale regionale il cui stato giuridico sarebbe del tutto assimilabile a quello del restante personale delle aziende sanitarie regionali (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche), ponendosi, altresì, in contrasto con l’art. 3 Cost., in quanto attribuirebbe un privilegio a beneficio di una categoria di personale (parametro, quest’ultimo, evocato solo dalla Regione Emilia-Romagna);
IX. – l’art. 42, comma 1, lettera d), della legge n. 3 del 2003, nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «individuare, nel rispetto della programmazione regionale, misure idonee di collegamento e sinergia con altre strutture di ricerca e di assistenza sanitaria, pubbliche e private, e con le università, al fine di elaborare e attuare programmi comuni di ricerca, assistenza e formazione», violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, spettando pertanto alla Regione il potere di coordinamento con le altre strutture di ricerca e sanitarie (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
X. – l’art. 42, comma 1, lettera e), della legge n. 3 del 2003, nel contemplare tra i principî e criteri direttivi, quello di «prevedere strumenti che valorizzino e tutelino la proprietà dei risultati scientifici, ivi comprese la costituzione e la partecipazione ad organismi ed enti privati, anche aventi scopo di lucro, operanti nel settore della ricerca biomedica e dell’industria, con modalità atte a salvaguardare la natura no profit delle fondazioni», violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XI. – l’art. 42, comma 1, lettera f), della legge n. 3 del 2003, nell’individuare, tra i principî e criteri direttivi, quello di prevedere che il Ministro della salute assegni a ciascuna fondazione, o a fondazioni aggregate a rete, diversi e specifici progetti finalizzati di ricerca, anche fra quelli proposti dalla comunità scientifica, sulla base dei quali aggregare scienziati e ricercatori considerando la necessità di garantire la qualità della ricerca e valorizzando le specificità scientifiche già esistenti o nelle singole fondazioni ovvero nelle singole realtà locali, violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione ridurrebbe le competenze dei livelli di governo regionali, rispetto a procedimenti già attualmente in essere, dal momento che – a seguito delle modificazioni del sistema di finanziamento del Fondo sanitario regionale – la ricerca finalizzata (compresa quella svolta dagli IRCCS) sarebbe attualmente finanziata prevalentemente su fondi di provenienza regionale (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche); b) l’art. 119 Cost. in quanto, l’attribuzione allo Stato di compiti di definizione delle risorse per la ricerca, senza il pieno coinvolgimento delle Regioni, lederebbe le attribuzioni loro costituzionalmente garantite (parametro evocato solo dalla Regione Marche);
XII. – l’art. 42, comma 1, lettera g), della legge n. 3 del 2003, nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «disciplinare le modalità attraverso le quali applicare i principî di cui al presente articolo agli istituti di ricovero e cura a carattere scientifico di diritto privato, salvaguardandone l’autonomia giuridico-amministrativa», violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XIII. – l’art. 42, comma 1, lettera i), della legge n. 3 del 2003, nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «disciplinare le modalità attraverso le quali le fondazioni, nel rispetto degli scopi, dei programmi e degli indirizzi deliberati dal consiglio di amministrazione, possono concedere ad altri soggetti, pubblici e privati, compiti di gestione, anche di assistenza sanitaria, in funzione della migliore qualità e maggiore efficienza del servizio reso», violerebbe gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna e Regione Marche);
XIV. – l’art. 42, comma 1, lettera m), della legge n. 3 del 2003, nel prevedere, tra i principî e criteri direttivi, quello di «regolamentare i criteri generali per il riconoscimento delle nuove fondazioni e le ipotesi e i procedimenti per la revisione e la eventuale revoca dei riconoscimenti già concessi, sulla base di una programmazione nazionale riferita ad ambiti disciplinari specifici secondo criteri di qualità ed eccellenza», violerebbe: a) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione non lascerebbe alcuno spazio, a prescindere dalle scelte del legislatore delegato, per una disciplina regionale (Regione Marche); b) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione concernerebbe materie chiaramente rientranti nella competenza regionale, ponendo peraltro un principio che dovrebbe essere direttamente attuato dalla legge regionale e non dal Governo mediante decreto legislativo (Regione Emilia-Romagna); c) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto spetterebbe alla Regione il riconoscimento di nuovi enti, nonché la revoca di tale riconoscimento (Regione Emilia-Romagna); d) gli artt. 117, terzo comma, e 118 Cost., in quanto tale disposizione verrebbe a ridurre le competenze dei livelli di governo regionali, rispetto a procedimenti già attualmente in essere, così come previsti dall’art. 2 del d.lgs. 30 giugno 1993, n. 266 (Riordinamento del Ministero della sanità, a norma dell’art. 1, comma 1, lettera h), della legge 23 ottobre 1992, n. 421), come risultante dalla

X
Questo sito usa i cookie per offrirti la migliore esperienza possibile. Procedendo con la navigazione sul sito o scrollando la pagina, accetti implicitamente l'utilizzo dei cookie sul tuo dispositivo. Informativa sull'utilizzo dei cookie Accetto