Le raccomandazioni della Commissione Europea per l’Italia (maggio 2013)

04 Giugno 2013

Le raccomandazioni della Commissione Europea per l'Italia (maggio 2013)

Valutazione del programma nazionale di riforma e del programma di stabilità 2013

Il giorno 29 maggio, la Commissione europea ha presentato una Raccomandazione di decisione del Consiglio che abroga la decisione 2019/286/UE sull’esistenza di un deficit eccessivo in Italia (COM (2013) 385, e una Raccomandazione sul Programma Nazionale di Riforma (PNR) e sul programma di stabilità dell’Italia (COM (2013) 362. Si tratta,  in una pur evidente connessione politica, di due atti distinti:

A) il primo è presentato ai sensi dell’art. 126, par. 12, del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE), secondo il quale il Consiglio, deliberando su raccomandazione della Commissione, a maggioranza qualificata e senza tener conto del voto dello Stato membro interessato, può abrogare la decisione relativa all’esistenza di un disavanzo eccessivo nel caso in cui questo sia stato corretto.

La procedura per deficit eccessivo nei confronti dell’Italia era stata avviata nell’ottobre del 2009, ai sensi dell’art. 104 del Trattato sulle Comunità europee (oggi art. 126 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea), con la presentazione, il 7 ottobre 2009, di una relazione della Commissione nella quale si constatava che il rapporto tra il disavanzo pubblico e il prodotto interno lordo aveva superato la soglia di riferimento del 3%, e che il rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo, tradizionalmente superiore alla soglia del 60%, non si stava riducendo in misura sufficiente e non si avvicinava al valore di riferimento con ritmo adeguato. In data 11 novembre 2009 la stessa Commissione europea presentava le due raccomandazioni, previste dai paragrafi 6 e 7 dell’art. 126 TFUE, per una decisione del Consiglio sull’esistenza di un disavanzo eccessivo e per una raccomandazione del Consiglio al fine di far cessare un disavanzo eccessivo. Le rispettive decisione e raccomandazione venivano adottate dal Consiglio il 2 dicembre 2009.

La dichiarazione della Commissione trae il proprio fondamento dalle Previsioni economiche di primavera, pubblicate il 3 maggio, secondo le quali – a conferma di un trend individuato già nei mesi precedenti – il rapporto deficit-PIL dovrebbe attestarsi nel 2013 al 2,9% (sotto dunque la soglia del 3% prevista dal Patto di stabilità), per calare ulteriormente al 2,5% nel 2014. Più ampio è l’incremento percentuale sul fronte del debito, che dovrebbe aumentare del 3,3% nel 2013 (131,4% del Pil) e di 5,1 punti nel 2014 (132,2%). A pesare, per 2,5 punti, è l’effetto del decreto per la restituzione dei debiti contratti dalle Pubbliche amministrazioni.

Si ricorda che la procedura per deficit eccessivo costituisce il cosìdetto “braccio correttivo” del Patto di stabilità; esso è preceduto e accompagnato dall’altrettanto cosìdetto “braccio preventivo”, volto a constatare l’esistenza di squilibri macroeconomici e disciplinato dall’art. 121 del TFUE. L’azione di sorveglianza sulle politiche macroeconomiche degli Stati membri costituisce il fulcro del “Semestre europeo”, e coinvolge tutti gli Stati membri, indipendentemente dall’esistenza o meno di un disavanzo eccessivo. È all’interno di quest’azione di sorveglianza preventiva che l’Italia rientra dopo  la chiusura della procedura aperta a fine 2009.

Merita pertanto particolare attenzione quanto rilevato, per quanto concerne il nostro Paese, nella Comunicazione della Commissione dello scorso 10 aprile, “Risultati degli esami approfonditi ai sensi del regolamento (UE) n. 1176/2011 sulla prevenzione e la correzione degli squilibri macroeconomici” (COM (2013) 199). L’Italia, insieme alla Francia e all’Ungheria, rientra tra i Paesi “che presentano squilibri macroeconomici da monitorare e che necessitano di un intervento deciso”: una categoria che, nel linguaggio della Commissione, si colloca in una posizione intermedia tra i Paesi che “presentano squilibri macroeconomici eccessivi” (Spagna e Slovenia) e i Paesi che “presentano squilibri macroeconomici da monitorare e che necessitano di un intervento” (Gran Bretagna, Paesi Bassi e Svezia, tra gli altri). In particolare, per quanto riguarda l’Italia, “l’andamento delle esportazioni e la relativa perdita di competitività, nonché l’elevato debito pubblico in un contesto di crescita debole, devono essere oggetto di un’attenzione costante nell’ambito di un ampio programma di riforme al fine di ridurre il rischio di effetti negativi sul funzionamento dell’economia italiana e dell’Unione economica e monetaria, viste le particolari dimensioni di questa economia”.

L’abrogazione della procedura di deficit eccessivo è stata proposta anche per Lettonia, Lituania, Romania e Ungheria; è stata altresì suggerita una proroga del termine ultimo per rientrare nei parametri del Patto di stabilità per altri sei paesi: la proroga sarà di un anno per Paesi Bassi e Portogallo, e di due anni per Francia, Polonia, Slovenia e Spagna. La Commissione ha altresì raccomandato al Consiglio di aprire una procedura di deficit eccessivo per Malta e di decidere che il Belgio non ha posto in essere azioni efficaci per porre fine al suo deficit eccessivo.

B) Il secondo invece rientra nel quadro complessivo delle Raccomandazioni sulle politiche economiche degli Stati membri, da sottoporre all’approvazione del Consiglio (che delibera a maggioranza qualificata senza il voto dello Stato di volta in volta interessato). Tali Raccomandazioni, che hanno la propria base giuridica negli artt. 121 e 148 del TFUE (per quanto attiene rispettivamente alla rispondenza delle politiche economiche degli Stati membri agli indirizzi di massima elaborati dal Consiglio e agli orientamenti cui attenersi in materia di occupazione), rappresentano l’atto conclusivo del Semestre europeo e uno snodo fondamentale di quel coordinamento e di quella sorveglianza delle politiche macroeconomiche degli Stati membri in cui consiste il già citato “braccio preventivo” del Patto di stabilità.

I provvedimenti che, nella raccomandazione, l’Italia è invitata ad adottare, sono raggruppabili in sei grandi aree.

Segnaliamo, tra questi, come interessanti:

Disavanzo e spesa pubblica Secondo le raccomandazioni nel 2013, il disavanzo deve restare al di sotto del 3% del PIL; l’aggiustamento strutturale deve essere condotto a ritmo adeguato “e mediante un risanamento di bilancio favorevole alla crescita”, in modo da conseguire e mantenere l’obiettivo a medio termine entro il 2014; vanno realizzati gli avanzi primari strutturali programmati per istradare su una traiettoria in discesa l’elevatissimo rapporto debito/PIL (che secondo le previsioni della Commissione dovrebbe raggiungere il 132,2% nel 2014); va perseguito un miglioramento duraturo dell’efficienza e della qualità della spesa pubblica dando piena attuazione alle misure adottate nel 2012 e proseguendo nell’azione periodica di spending review .

Riforme della pubblica amministrazione  Visto il permanere di “debolezze considerevoli nell’efficienza della pubblica amministrazione in termini di norme e procedure, qualità della governance e capacità amministrativa, con conseguenti ripercussioni sull’attuazione delle riforme e sul contesto in cui operano le imprese”, è necessario potenziare l’efficienza della pubblica amministrazione, migliorando il coordinamento tra livelli amministrativi; semplificare il quadro amministrativo e normativo per i cittadini e le imprese; abbreviare la durata dei procedimenti civili e ridurre l’alto livello di contenzioso civile, anche promuovendo il ricorso a procedure extragiudiziali di risoluzione delle controversie; potenziare il quadro giuridico relativo alla repressione della corruzione (i cui costi sono stimati al 4% del PIL), anche rivedendo la disciplina dei termini di prescrizione; adottare misure strutturali per migliorare la gestione dei fondi dell’UE nelle regioni del Mezzogiorno in vista del periodo di programmazione 2014-2020, spingendosi oltre quanto conseguito con il Piano di Azione Coesione, che ha sì consentito di accelerare l’assorbimento dei fondi strutturali, ma si colloca nel quadro di una gestione complessiva dei fondi stessi poco ambiziosa, specie al Sud.

Interventi sul mercato del lavoro Va data attuazione effettiva alle riforme del mercato del lavoro e del quadro per la determinazione dei salari in modo da permettere un miglior allineamento dei salari alla produttività; vanno realizzati ulteriori interventi a promozione della partecipazione al mercato del lavoro, specie di donne e giovani; vanno potenziate l’istruzione professionalizzante e la formazione professionale, resi più efficienti i servizi pubblici per l’impiego e quelli di orientamento e consulenza per gli studenti del ciclo terziario; vanno intensificati gli sforzi per scongiurare l’abbandono scolastico e migliorare qualità e risultati della scuola, anche mediante una riforma dello sviluppo professionale e della carriera degli insegnanti.

Gli sforzi profusi per decentrare ulteriormente la contrattazione salariale dovrebbero favorire l’adeguamento dei salari all’andamento della produttività e alle condizioni locali del mercato del lavoro. Nel novembre 2012 le parti sociali hanno firmato un accordo sulla produttività che riconosce la necessità di collegare i salari fissati nei contratti nazionali non solo all’inflazione attesa, ma anche alle condizioni economiche e di concorrenza del paese e del settore interessato, e promuove un ulteriore decentramento della contrattazione collettiva rafforzandone il secondo livello. L’accordo caldeggia anche un rafforzamento del ruolo della contrattazione collettiva per disciplinare certe questioni che incidono sulla produttività, che attualmente sono definite esclusivamente o prevalentemente da norme di legge, e impegna le parti a ridefinire le norme relative alla rappresentatività nella contrattazione collettiva. Pur non avendo sottoscritto l’accordo, la CGIL, primo sindacato del paese, ha accettato che il salario di produttività rientri nel livello decentrato della contrattazione. Il governo sostiene l’accordo con misure di defiscalizzazione del salario di produttività fissato nei contratti di secondo livello. La legge di bilancio 2013-15 ha stanziato per queste misure 2,1 miliardi di EUR nel periodo 2013-14. (cit)

Apertura del mercato nel settore dei servizi: È necessario eliminare le restrizioni che sussistono nei servizi professionali e promuovere l’accesso al mercato, ad esempio, nel settore dei servizi pubblici locali (estendendo il ricorso agli appalti pubblici in vece delle concessioni dirette); attivare rapidamente le misure per migliorare le condizioni di accesso al mercato nelle industrie di rete, in particolare dando priorità alla costituzione dell’Autorità di regolamentazione dei trasporti; potenziare la capacità infrastrutturale concentrandosi sulle interconnessioni energetiche, sul trasporto intermodale e, nelle telecomunicazioni, sulla banda larga ad alta velocità, tra l’altro al fine di superare le disparità tra Nord e Sud.

Si scrive:

Il processo di liberalizzazione dei servizi pubblici locali ha subito una battuta d’arresto. Come evidenziato dall’autorità italiana garante della concorrenza, i servizi pubblici locali sfuggono in gran parte alla concorrenza, perché gestiti attraverso concessioni locali senza gare d’appalto pubbliche. Questo contribuisce alla frammentazione e alle inefficienze dell’approvvigionamento. Le misure volte a liberalizzare la prestazione dei servizi pubblici locali sono state abrogate dalla Corte costituzionale nel luglio 2012 per incompatibilità con i risultati del relativo referendum del giugno 2011. Il programma nazionale di riforma individua nell’attuale incertezza giuridica sulle norme che disciplinano i servizi pubblici locali il principale ostacolo allo sviluppo e agli investimenti e sottolinea l’urgenza di una riforma del settore.

 
 

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