VVF – Parere Commissioni I e XI su schema di decreto di ulteriore blocco della Contrattazione Collettiva

24 Giugno 2013

Parere Commissioni I e XI su schema di decreto di ulteriore blocco della Contrattazione Collettiva

24.06.2013 – CAMERA DEI DEPUTATI Mercoledì 19 giugno 2013 40.  XVII LEGISLATURA
BOLLETTINO DELLE GIUNTE E DELLE COMMISSIONI PARLAMENTARI
Commissioni Riunite (I e XI) ALLEGATO

ALLEGATO 1
Schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti. (Atto n. 9).
PARERE APPROVATO DALLE COMMISSIONI RIUNITE


Le Commissioni riunite I e XI, esaminato, ai sensi dell’articolo 143, comma 4, del regolamento, lo schema di decreto del Presidente della Repubblica recante regolamento in materia di proroga del blocco della contrattazione e degli automatismi stipendiali per i pubblici dipendenti (Atto n. 9), rilevato che il termine per l’adozione di uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell’articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, previsto dal comma 1 dell’articolo 16 del decreto-legge n. 98 del 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 111 del 2012, è da tempo venuto in scadenza e che nel frattempo è cambiata anche la composizione del Governo in carica, rilevato che lo schema di regolamento in esame è corredato della relazione tecnica e illustrativa, mentre mancano la relazione sull’analisi tecnico-normativa (ATN) e la relazione sull’analisi di impatto della regolamentazione (AIR), disciplinate, rispettivamente, dalla direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri 10 settembre 2008 e dal regolamento approvato con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 11 settembre 2008, n. 170, tenuto conto che l’articolo 16, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011 contiene una serie di interventi volti ad assicurare il consolidamento delle misure di razionalizzazione e di contenimento della spesa in materia di pubblico impiego adottate nell’ambito della manovra di finanza pubblica per gli anni 2011-2013 nonché ulteriori risparmi da raggiungere, in termini di indebitamento netto, non inferiori a 30 milioni di euro per il 2013, 740 milioni di euro per l’anno 2014, 340 milioni di euro per l’anno 2015 e 370 milioni di euro a decorrere dal 2016, ricordato altresì che la disciplina normativa – oggetto di proroga – che ha limitato la crescita dei trattamenti economici nel pubblico impiego è riconducibile all’articolo 9 del decreto-legge n. 78 del 2010, che ha previsto una serie di disposizioni complessivamente finalizzate a contenere le spese di parte corrente relative ai redditi da lavoro dipendente delle pubbliche amministrazioni, definendo parametri massimi di aumento, operando riduzioni del trattamento, prevedendo la non applicazione di talune corresponsioni ed incidendo sulle dinamiche retributive contrattuali, preso atto che, come evidenziato nella relazione tecnico illustrativa di accompagnamento, le economie relative agli interventi disposti con il provvedimento in esame, sono già state scontate nell’ambito degli effetti del citato decreto-legge n. 98 del 2011 e che quindi in questa fase appare difficile incidere sui contenuti dell’atto in esame, rilevato peraltro che le esigenze connesse agli obiettivi di bilancio devono in ogni caso essere perseguite con criteri di proporzionalità e ragionevolezza e nel rispetto del principio di eguaglianza sancito dall’articolo 3 della Costituzione e conformemente agli altri valori tutelati dalla Costituzione, a partire da quelli definiti dagli articoli 36 e 97 della Costituzione, ricordato, infatti, che l’articolo 36 della Costituzione attribuisce al lavoratore «il diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro» e che è legittimo che i lavoratori abbiano adeguamenti contrattuali correlati all’andamento dell’inflazione, richiamato inoltre il contenuto dell’articolo 39 della Costituzione che, anche tenuto conto di quanto evidenziato dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 142 del 1980 e n. 34 del 1985, esprime i due principi della libertà sindacale e dell’autonomia collettiva, garantendo ai cittadini la libertà di organizzarsi in sindacati e ai sindacati la libertà di agire nell’interesse dei lavoratori, rilevato altresì come la conseguenza delle misure adottate, che porta alla corresponsione di retribuzioni diverse a dipendenti che svolgono la medesima attività – ma che hanno maturato una progressione di carriera in momenti temporali diversi – andrebbe valutata alla luce del principio di buon andamento della pubblica amministrazione, di cui all’articolo 97 della Costituzione oltre che del principio di eguaglianza di cui all’articolo 3 della Costituzione, segnalata, pertanto, la necessità di tenere conto che l’allungamento temporale della misura del blocco dell’adeguamento retributivo, originariamente prevista dal decreto-legge n. 78 del 2010, rischia di trasformare l’intervento eccezionale in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione; evidenziato che, come emerge dai dati forniti dall’ISTAT nel corso delle audizioni svolte, nel biennio 2011-2012 si è registrata una perdita del potere d’acquisto delle retribuzioni contrattuali del settore pubblico di oltre cinque punti percentuali e che l’aspettativa per il 2013, in base alle proiezioni dell’indice delle retribuzioni contrattuali ed alle tendenze dell’inflazione, è di un’ulteriore riduzione delle retribuzioni contrattuali in termini reali; rilevato dunque come, in tale quadro, è stato da più parti sottolineato come l’estensione del blocco della contrattazione a tutto il 2014, come previsto dal provvedimento in esame, implicherebbe un’ulteriore perdita di potere di acquisto, per i dipendenti pubblici, pari a circa 4 punti percentuali; rilevato altresì che, dai dati forniti dall’ARAN riguardo alla massa complessiva del costo del lavoro, emerge che nel 2011 per le pubbliche amministrazioni si è registrato un decremento del 1,6 per cento rispetto al 2010 e il 2012 evidenzia una riduzione, ancora più marcata, del 2,3 per cento, a seguito della somma dell’effetto del calo delle retribuzioni pro-capite con l’ulteriore effetto del calo degli occupati; in tale quadro emerge – nel confronto con le retribuzioni del settore privato – un riallineamento della curva di crescita dei salari pubblici rispetto a quella del settore privato ed il riassorbimento della maggiore crescita registrata, a vantaggio dei primi, nella prima metà del 2000; evidenziato altresì come, accanto a questo, vadano considerati quelli che costituiscono, di fatto, oneri aggiuntivi a carico dei dipendenti pubblici, come nel caso dei servizi per la mobilità del personale cui le pubbliche amministrazioni, e in particolare gli enti locali, non sono in grado di fare fronte e che quindi ricadono sui dipendenti pubblici che vi debbono provvedere con mezzi e risorse propri, per evitare la paralisi del funzionamento dei servizi stessi, sottolineata, pertanto, l’esigenza che il Governo si impegni ad effettuare quanto prima una attenta riflessione rispetto agli strumenti, differenti rispetto a quelli in esame, con i quali intende intervenire in futuro per una razionalizzazione della spesa pubblica, tenendo conto che questa ha registrato, negli ultimi anni, aumenti rilevanti in relazione soprattutto ai costi dell’acquisto di beni e servizi, sui quali occorrerebbe pertanto ulteriormente intervenire, piuttosto che attraverso strumenti, quali il blocco della contrattazione, che rischiano di contrastare rispetto all’obiettivo di rendere più efficiente la pubblica amministrazione, premiando il merito e l’impegno; rilevato inoltre che le misure finora adottate sono intervenute essenzialmente attraverso vincoli lineari nei confronti di tutte le amministrazioni, con il rischio di indebolire – o addirittura di arrestare – i processi di innovazione della pubblica amministrazione, riguardo ai quali era stato intrapreso uno specifico percorso, così come la misura del blocco della contrattazione collettiva nazionale, protratta nel tempo, rischia di rinviare ulteriormente alcuni problemi di riassetto complessivo del sistema della contrattazione pubblica, di revisione e di aggiornamento di istituti contrattuali, che vanno a sostegno di processi di innovazione tecnologica, organizzativa e di sviluppo; richiamate le raccomandazioni dell’OCSE sulle pubbliche amministrazioni contenute nel documento «OCSE: Government of the future» del 2001, in cui si chiede di intraprendere un percorso di crescita della pubblica amministrazione che coinvolga maggiormente i lavoratori, aumenti il senso di appartenenza e sviluppi un modello di pubblica amministrazione che muti la prospettiva; preso atto dell’esigenza di un blocco della parte retributiva e segnalato tuttavia che appare, in ogni caso, particolarmente opportuno consentire una regolamentazione contrattuale di quegli aspetti del rapporto di lavoro che investono la tutela della personalità e della professionalità, nonché il benessere organizzativo del lavoratore, che sono fra l’altro in rapporto di congruenza con l’efficienza delle pubbliche amministrazioni; infatti, una restaurazione di una contrattazione collettiva a tali effetti può addirittura assicurare, come effetto indotto, recuperi di efficienza, con positivi effetti in termini economici, ferma restando l’opportunità che il Governo individui modalità che consentano, nell’ambito della definizione di comparti ed aree di contrattazione collettiva, la valorizzazione di particolari comparti o settori; rilevato parimenti che, tenuto peraltro conto della specificità e degli importanti compiti affidati agli operatori del comparto sicurezza e difesa, appare a maggior ragione congruo prevedere la possibilità per queste categorie di negoziare gli aspetti normativi del rapporto di lavoro; in tali settori, infatti (a differenza di quanto avviene in quelli sottoposti alla contrattazione privatistica per i quali è stato possibile, attraverso lo strumento dei contratti collettivi nazionali quadro, procedere comunque ad alcuni aggiustamenti di carattere normativo ad invarianza di spesa), la rigidità del sistema ad ordinamento pubblicistico, che prevede attualmente il carattere triennale della negoziazione, non consente alcuna possibilità di apportare modifiche sugli aspetti del rapporto di impiego, oggetto di negoziazione pubblicistica; preso atto che tale problematica si pone con riferimento a tutto il personale disciplinato con le tipiche procedure negoziali, ivi compreso il personale, anche dirigenziale, del settore dei vigili del fuoco e soccorso pubblico e che, con riguardo al personale dirigenziale, la problematica si pone anche per le carriere diplomatica e prefettizia, nonché per la carriera dirigenziale penitenziaria; acquisiti, in particolare, i rilievi formulati dalla IV Commissione (Difesa) sui profili di competenza e ricordato che agli operatori del comparto difesa, sicurezza e soccorso una condizione di specificità è riconosciuta dalle norme in vigore, per cui l’obiettivo di rafforzare tale specificità potrebbe essere perseguito anche valutando la possibile attivazione di una specifica concertazione in materia con le amministrazioni e gli organismi rappresentativi del personale, qualora vi fosse la possibilità di reperire – ove effettivamente disponibili – le necessarie risorse attraverso il «Fondo unico giustizia», attingendo ai risparmi derivanti dalle missioni internazionali e alle risorse eventualmente utilizzabili per le spese obbligatorie sui bilanci delle amministrazioni, di cui all’articolo 1, comma 3, del decreto-legge n. 27 del 2011, e dando indirizzi diversi a risorse già allocate per il personale; preso atto che il blocco dei meccanismi di adeguamento retributivo per il personale in regime di diritto pubblico riguarda, tra gli altri, i ricercatori, i professori universitari e tutto il personale del comparto scuola, per i quali appare importante avviare una nuova contrattuale, che permetta la valorizzazione delle professionalità, anche attraverso l’individuazione di percorsi di carriera, collegati alla formazione continua, come indicato dalle raccomandazioni europee, e ad un sistema complessivo di valutazione; atteso che il provvedimento potrebbe recare un ulteriore elemento di possibile equivoco circa l’interpretazione secondo cui il blocco della contrattazione si applicherebbe anche ai dipendenti delle autorità portuali, il cui rapporto di lavoro, viceversa, ex lege è disciplinato «dalle leggi sui rapporti di lavoro subordinato nell’impresa»; giudicato, pertanto, importante chiarire – coerentemente con le assicurazioni ripetutamente date, circa l’intendimento di dare risposta ad un problema che rischia di rendere ancor più aspri i conflitti sociali e attivare molteplici contenziosi – la questione della non applicazione del blocco al personale dipendente delle autorità portuali o, quanto meno, affrontare questo specifico tema e fornire una concreta risposta agli organismi competenti e al personale interessato; preso atto che il provvedimento proroga, altresì, i blocchi riguardanti i meccanismi di adeguamento retributivo, le classi e gli scatti di stipendio, nonché le progressioni di carriera comunque denominate del personale contrattualizzato e in regime di diritto pubblico (di cui all’articolo 9, comma 21, del decreto-legge n. 78 del 2010), alimentando in tal modo il fenomeno delle cosiddette «promozioni bianche»; considerato che su tale questione pende anche un contenzioso di fronte alla Corte costituzionale, che potrebbe determinare l’esigenza di rivedere ex post la proroga del blocco di cui al comma 21 del citato articolo 9, atteso anche che, come è noto, la stessa Corte ha di recente dichiarato illegittime disposizioni di analoga natura; rilevato che detto fenomeno da luogo a situazioni di iniquità sostanziale, nel momento in cui determina (soprattutto per alcuni comparti, quali quello della sicurezza e della difesa, ovvero per le carriere diplomatiche e prefettizie) situazioni di fatto per le quali soggetti gerarchicamente sovra-ordinati finiscono per avere un trattamento economico inferiore rispetto a posizioni e inquadramenti meno elevati; ritenuto che, sotto questo profilo, il Governo possa valutare interventi atti ad autorizzare le amministrazioni competenti – nell’ambito dei risparmi di spesa ottenuti all’interno dei propri bilanci ordinari e senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica – ad individuare eventuali misure che, superando il blocco di cui al citato articolo 9, comma 21, siano dirette a mitigare il demotivante e paradossale impatto di tale blocco sulle cosiddette «promozioni bianche»; valutate e condivise le osservazioni formulate nel parere espresso dalla Sezione per gli atti normativi del Consiglio di Stato nell’Adunanza di Sezione dell’11 aprile 2013 (1832/13); ritenuto opportuno che il Governo tenga conto dell’esigenza di svolgere le dovute riflessioni sugli aspetti sollevati in premessa; preso atto, infine, che la V Commissione ha valutato favorevolmente il provvedimento sotto il profilo delle conseguenze di carattere finanziario, esprimono

PARERE FAVOREVOLE

con le seguenti condizioni:
1) si tenga preliminarmente conto che, alla luce dei richiamati principi costituzionali, le misure adottate devono avere un carattere del tutto eccezionale e provvisorio rendendo, per il futuro, non ipotizzabile un ulteriore allungamento temporale, che rischierebbe di trasformare un intervento che doveva essere una tantum e limitato nel tempo in una vera e propria deroga al meccanismo medesimo, da valutare attentamente rispetto alle previsioni costituzionali, con particolare riguardo a quelle recate dagli articoli 3, 36, 39 e 97 della Costituzione;
2) provveda, pertanto, il Governo a tenere in considerazione, ai fini della definitiva emanazione del provvedimento, il complesso delle indicazioni e proposte prospettate in premessa e, in questo contesto, ad adottare ogni opportuna iniziativa finalizzata a consentire, immediatamente dopo l’entrata in vigore del decreto in esame, la ripresa della contrattazione collettiva ai soli effetti normativi, modificando lo schema di decreto nella parte in cui lo stesso ha congelato fino al 31 dicembre 2014 la stessa contrattazione collettiva, fermo restando che la contrattazione per la parte economica potrà esplicare i suoi effetti a decorrere dall’anno 2015.

 

 
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