MIBAC: Decreto valore cultura e decreto sulle assunzioni: una prima valutazione

09 Settembre 2013

 
 

DECRETO VALORE CULTURA E DECRETO SULLE ASSUNZIONI: UNA PRIMA VALUTAZIONE

 

L’estate ci ha consegnato tre importanti provvedimenti che riguardano il Mibac ed il mondo delle attività culturali.
A partire dal cosiddetto “decreto del fare” abbiamo assistito ad un serie di interventi sul mondo dei beni e delle attività culturali tramite un complesso di norme in massima parte inserite nel decreto “Valore Cultura”. Norme in chiaroscuro, che presentano molti aspetti contraddittori.
Pur dando atto al nuovo Ministro di avere meritoriamente affrontato in maniera più sistemica le problematiche che affliggono il nostro mondo e di aver interrotto la spirale micidiale dei tagli, ripristinando flussi e forme di finanziamento del dissestato bilancio Mibac e più in generale dei settori delle attività culturali,  la valutazione su queste misure non può prescindere da un approccio critico rispetto in particolare alla ridefinizione di alcuni assetti organizzativi, alle politiche sugli organici ed al rinnovato ruolo delle società in house.
Sempre in via preliminare dobbiamo sottolineare che non ci è piaciuta affatto la campagna mediatica con la quale i provvedimenti sono stati presentati. Non si rintracciano infatti le politiche occupazionali paventate e magnificate dai media, se non per l’ampiamente prevista assunzione dei residui  idonei del concorso esterno, misura contenuta nell’ultimo decreto-legge, il 101 del 31 agosto.
La prospettiva occupazionale incide in maniera rilevante sulle aspettative di persone alle prese, ormai da troppi anni, col precariato o con la mancanza di prospettive professionali e ci pare particolarmente ingiusto e controproducente propagandare misure che non ci sono, o la cui rilevanza è limitata.
 
Entrando nel merito dei provvedimenti e restringendo la nostra analisi, per motivi di spazio, alle norme che più strettamente riguardano il Mibac e le politiche dell’organico e organizzative:
–        salta immediatamente all’occhio il ripristino di Arcus, contenuto nel decreto del fare. Ripristino avvenuto tramite un vero e proprio blitz normativo attuato in sede di conversione di quel decreto, tramite una normetta che abroga le previsioni contenute nel decreto sulla spending review. Si ridà vita di conseguenza ad un autentico baraccone, spesso al centro dell’attenzione mediatica per operazioni di dubbia trasparenza. La stessa modalità con cui è stata approvata la norma indica chiaramente il senso di questa operazione: non si comprende infatti perchè la decisione di rivitalizzare Arcus non sia stata inserita nel quadro più coerente del decreto Valore Cultura ed in una visione complessiva dei processi di riorganizzazione del ministero. Un buco nero per il quale si aspettano i dovuti chiarimenti;
–        si opera una rivisitazione organizzativa delle strutture museali e archeologiche della Campania, in particolare istituendo (o ripristinando) la Soprintendenza Archeologica autonoma di Pompei a cui vengono accorpati i siti di Ercolano e Stabia.  La Soprintendenza viene affiancata da una sorta di struttura commissariale diretta da un direttore generale di progetto a cui viene affidata tutta la gestione del Grande Progetto Pompei nonché le attività di valorizzazione del sito. La scelta di rendere autonoma Pompei di converso produce il declassamento della Soprintendenza Archeologica di Napoli, la quale viene privata dell’autonomia precedente. Si produce inoltre l’accorpamento delle strutture museali napoletane e casertane nell’istituendo Polo Museale di Napoli e Caserta. Se da un lato non possiamo che accogliere con estremo favore la ritrovata autonomia di Pompei, non ci convince il declassamento dell’Archeologica di Napoli, declassamento del tutto ispirato alle logiche del costo zero e certamente non rispondente alle esigenze funzionali di un Ufficio che tutela uno dei più importanti patrimoni archeologici. Così come ci pare del tutto criticabile la decisione di utilizzare ancora una volta forme di commissariamento che mortificano la neonata Soprintendenza autonoma proprio in riferimento all’attuazione di un progetto che ha carattere vitale rispetto alle future scelte di gestione del sito. Con una conseguente ulteriore sovrapposizione burocratica agli Enti, con in capo la Prefettura, che già si occupano del progetto Grande Pompei, tramite il famoso protocollo per la legalità. I commissariamenti precedenti hanno prodotto a Pompei i disastri di cui adesso tutti si lamentano: insistere su strumenti eccezionali non può far altro che riproporre l’antica questione del funzionamento ordinario dei nostri Uffici, a cui si sopperisce non con investimenti organizzativi ma con il ricorso a forme di sostituzione straordinarie che rischiano solo di perpetuare le inefficienze. In questo contesto, infatti, esce del tutto ridimensionato lo stesso progetto dell’autonomia: che senso ha, ci chiediamo, prevedere forme di autonomia quando poi le competenze si relativizzano all’ordinario? Le medesime perplessità le esprimiamo sul progetto di accorpamento delle strutture museali napoletane e casertane. In questo caso ci richiamiamo in tutto e per tutto alle recenti valutazioni fatte congiuntamente alla Segreteria FP CGIL della Campania, ovvero che non condividiamo affatto queste forme di accentramento burocratico che tanti danni hanno prodotto nel recente passato. Adesso verificheremo le modalità regolamentarie con cui si definirà questo accorpamento, in particolare per quello che riguarda i processi di integrazione funzionale tra realtà organizzative assai diverse e legate alle specificità del territorio in cui operano.
–        Il decreto prevede inoltre l’utilizzo di 500 stagisti, da selezionare con un apposito bando, da utilizzare in tirocini formativi relativi alle attività di inventariazione, catalogazione e digitalizzazione del patrimonio. Questi tirocini, erroneamente scambiati dai media come nuove assunzioni, rischiano di perpetuare il solito sistema in uso da decenni al Mibac: si prendono stagisti, magari poi si utilizzano in attività con il sistema dei co.co.co., lasciando intendere un futuro occupazionale stabile che non verrà mai. Con il rischio immanente che questi tirocini formativi si trasformino in impieghi negli uffici protocollo o nella vigilanza e  che si determini l’ennesima sacca di precariato buona a sopperire, a salario da fame, i vuoti degli organici. Noi pensavamo e continuiamo a pensare che il MIBAC debba prevedere un piano straordinario di occupazione che dia risposta ai tantissimi giovani pluriformati nelle materie dei beni culturali e che inizi a prospettare il necessario ricambio generazionale, oltre a riconoscere gli avanzamenti professionali del personale idoneo interno. Pensare a palliativi non è altro che ripercorrere strade già viste e che hanno portato alla situazione attuale. Da questo punto di vista il pur apprezzabile ripristino delle assunzioni straordinarie contenuto dal più recente decreto 101 non è che una goccia nel mare a fronte dei gravi e più volte segnalati deficit negli organici. Peraltro lo stesso decreto non produce nulla per forme di precariato diverso dai tempi determinati, ad esempio i co.co.co., le partite iva, ecc. Che sono le vere forme di precariato che affollano il Mibac e per le quali non è prevista neppure le tenue speranza che queste disposizioni hanno risvegliato nei precari a tempo determinato. Il decreto 101 sblocca inoltre le assunzioni ex legge 68 e le svincola dalle condizioni ostative causate dal soprannumero in prima area. Quindi il Mibac può procedere immediatamente a concludere le assunzioni in atto, può riportare gli assunti part time a full time, può programmare le nuove assunzioni.
–        Infine la questione delle fondazioni lirico-sinfoniche. Naturalmente questo riguarda in primis una storia di fallimento organizzativo dettata dalla famosa scelta neo liberista di privatizzare. In realtà le fondazioni, tutte o quasi, si sono generalmente rivelate uno strumento di gestione indiretta utile a creare deficit a carico dei contribuenti (solo le lirico-sinfoniche hanno prodotto 360 milioni di debito, mettendo a rischio circa 5600 lavoratori). Quindi ancora una volta l’intervento pubblico deve ripianare situazioni debitorie dovute alla aleatorietà del controllo sull’operato delle fondazioni. La valutazione di queste misure la lasciamo a chi deve gestire direttamente questa difficile vertenza, a noi preme solo sottolineare la singolarità della scelta di trasferire in ALES parte del personale dichiarato in esubero (la norma prevede fino al 50% degli stessi). Istituzionalizzando così la funzione di ammortizzatore sociale di una società che dovrebbe essere di servizio. Sulla questione ALES il Ministro ci aveva detto cose ben diverse nel corso dell’incontro, affermazioni che addirittura mettevano in dubbio l’efficacia della scelta di dotarsi di una società in house e che ci avevano suscitato speranze di ripensamento strategico  e di internalizzazione dei 600 lavoratori ex LSU attualmente collocati all’interno della società. Invece anche in questo caso si ripercorrono strade antiche che non sono state foriere di buoni risultati per il MIBAC, esponendo i lavoratori ex LSU ad un percorso difficile che ancora produce problemi di stabilizzazione lavorativa e di condizione salariale e professionale. E che adesso proporranno ulteriori problemi per l’inserimento di un numero imprecisato di lavoratori senza un chiaro progetto organizzativo e senza la previsione di compiti specifici.
Pertanto il nostro giudizio sulla generalità delle misure adottate in riferimento alle politiche di riorganizzazione e degli organici non è positivo. In particolare non si scioglie il nodo centrale, ovvero il ripensamento della politica dei tagli al costo del lavoro (abbiamo visto, nel caso di ARCUS come, quando si vuole, le norme spending possono essere abrogate).
Ci aspettiamo un confronto su queste misure ed un confronto con la famosa Commissione dei 20 esperti che dovrà affrontare la riorganizzazione del Ministero. Il Ministro ha assunto degli impegni che ci hanno portato a sospendere le iniziative di mobilitazione unitaria. Impegni allo stato non rispettati: avremmo preferito un confronto preventivo sulle misure adottate ed il confronto non c’è stato. Adesso non vorremmo che gli esperti andassero per conto loro senza ascoltare le parti sociali. Sarebbe del tutto inaccettabile, vista la composizione della stessa Commissione. E ricordiamo che noi abbiamo solamente sospeso lo stato di agitazione nazionale.
 

Ultime dalla contrattazione nazionale.
La scorsa settimana è stato fatto il decreto di riparto sulle somme residue da pagare per il 2012 (Progetti Carte di Natale e aperture fine anno). Ancora non risulta certificato, invece, l’accordo sui progetti locali, e, ulteriore doglianza, si registrano ritardi nei pagamenti del dovuto in diverse regioni a causa dei tempi che si prendono gli organi pagatori. Su tutto questo stiamo spingendo con l’amministrazione.
 

Un saluto a Umberto Bile
I primi di agosto ci ha improvvisamente lasciati Umberto Bile, valoroso funzionario MIBAC a cui era stata affidata la custodia giudiziaria della Biblioteca dei Girolamini a Napoli, al centro del vergognoso episodio dei furti organizzati dall’ex Direttore De Caro, caro all’ex Ministro Galan che lo aveva promosso. Umberto ha saputo riorganizzare il sito e l’ha riaperto alla fruizione dei cittadini. Una gestione, la sua, che ha rappresentato la volontà di riscatto di chi ama veramente questo lavoro.
Un esempio per noi e un grande vuoto la sua repentina scomparsa.
 
Roma, 9 settembre 2013
 
FP CGIL MIBAC
Claudio Meloni
 

 

 
 
X
Questo sito usa i cookie per offrirti la migliore esperienza possibile. Procedendo con la navigazione sul sito o scrollando la pagina, accetti implicitamente l'utilizzo dei cookie sul tuo dispositivo. Informativa sull'utilizzo dei cookie Accetto