MIBACT: Riforma Mibact, Cgil Cisl Uil: ” Serve una riorganizzazione partecipata”

01 Agosto 2014

 

News

 
COMUNICATO FPCGIL CISLFP UILPA
 

  Riforma Mibact, Cgil Cisl Uil: “ Serve una riorganizzazione partecipata”
 

Apprendiamo, da agenzie di stampa, che la attesa riorganizzazione del MIBACT è stata bloccata dalla Presidenza del Consiglio.  Siamo seriamente preoccupati che non si riesca a cogliere questa esigenza di cambiamento come una opportunità di svolta nella organizzazione, che tanta gestazione ha avuto in tantissimi mesi di analisi e studi  fatti e si possa immaginare di perseguire finalità di ridimensionamento dei pubblici poteri connessi alla tutela  beni architettonici e paesaggistici
Esprimiamo tuttavia le nostre considerazioni in merito al testo dell’articolato presentato dal ministro Dario Franceschini  che colpisce immediatamente l’attenzione per un duplice aspetto.
Il primo è una riflessione, il secondo presenta una possibile contraddizione:
La riflessione è che tutta la amministrazione  centrale e periferica subisce cambiamenti strutturali e funzionali i cui effetti meritano una attenzione, più ponderata, proprio per il contesto attuale che non  può consentire di fare salti nel vuoto. Quanto accennato serve per esprimere capacità di innovazione partecipata, anche alla luce del recente protocollo sulle relazioni sindacali.  Insomma siamo anche noi propensi al rinnovamento e al cambiamento organizzativo. I cambiamenti sono di due tipi, strutturali e funzionali:
–   I primi agiscono sul numero e sulle competenze delle DG e degli organi periferici modificandone la natura;
–   I secondi modificano l’impostazione delle attribuzioni connesse alle funzioni istituzionali (c.d. riparto di competenze) mai disgiunte sinora della tutela, conservazione e valorizzazione agendo anche sull’amministrazione periferica.
La contraddizione, che andrebbe fugata, è dettata dalla circostanza che mentre si cerca di ottemperare ai tagli imposti dalla spending review (riduzione dirigenti come da D.L. 90/2012) e snellire l’apparato amministrativo, dall’altro lato rileviamo la attivazione di altre strutture che sono 3 direzioni generali, 17 poli museali regionali e 17 musei autonomi.  Il ridimensionamento riguarda le posizioni dirigenziali, le Soprintendenze storico-artistiche, che verrebbero soppresse, e i settori  degli Archivi e Biblioteche.
Il principio che si introduce in questo disegno di riorganizzazione è la separazione delle politiche di tutela e quelle di valorizzazione.  Cade il principio dell’unicità della visione dei beni culturali e delle politiche di intervento come modalità integrata ed è scelta di indirizzo destinata a mutare lo scenario . Noi rileviamo che  l’approccio tecnico-scientifico  tutela/valorizzazione (c.d. principio vasi comunicanti) meriti di esser salvaguardato e qui veniamo al punto cruciale che riguarda le SOPRINTENDENZE di cui si dirà appresso.
E’ indubbio che si assiste ad uno “spacchettamento” dei poli museali e si conferisce autonomia gestionale a 17 musei. La creazione di 17 “poli museali regionali” (di fatto altre Direzioni regionali dedicate ai soli musei che risponderebbero a una distinta Direzione generale) è inoltre a nostro avviso non condivisibile, in quanto costituisce una duplicazione di strutture e catene di comando creata a spese degli organi di tutela. 
E’ una scelta politica anch’essa di rilevante impatto. Ci sono effetti che vanno tarati sulle risorse umane ( aspetti anche gestionali) che sono attualmente ridotte allo stremo in tante realtà. L’ipotesi di loro redistribuzione in tutte queste strutture ha un evidente impatto organizzativo sulla gestione molto problematica e almeno nella fase iniziale si possono determinare lacune sull’andamento delle attività. Tale preoccupazione scaturisce dalla considerazione che una siffatta “rivoluzione” del sistema museale statale suggerirebbe almeno  la introduzione di un percorso sperimentale, con differenti  fasi attuative al fine di poter effettuare correttivi e intervenire su criticità.
Si istituiscono le Soprintendenze miste “BELLE ARTI E PAESAGGIO” che costituiscono l’articolazione periferica – ossatura fondamentale dell’ordinamento statale -, osiamo dire di diretta attuazione dell’art. 9 della Costituzione. E’ una decisione molto grave, quella di accorpare tutte le Soprintendenze architettoniche e quelle storico-artistiche. E’ noto che tali strutture hanno costituito e costituiscono un serbatoio qualificato perché il criterio della competenza tecnico-scientifica, che trova la sua massima espressione nell’esercizio della tutela,  consente di non abbassare la guardia e non indebolire l’efficienza della salvaguardia dell’ingente patrimonio culturale del nostro Paese.  Vale la pena su questo punto soffermarsi perché occorre chiarezza fugando ogni perplessità.
A parte le considerazioni sopra riportate, punto delicatissimo e tassello fondamentale per la tenuta del sistema di tutela è un altro. Vale a dire non solo il mero mantenimento delle potestà in capo a strutture pubbliche capaci di intervenire con competenza ed efficacia nell’equilibrio dei poteri centrali e delle autonome locali, ma anche quello del rafforzamento dei presidi sul territorio.
 In tali strutture, non va dimenticato, sono impiegate professionalità diverse (architetti, archeologi restauratori, ingegneri, storici dell’arte…) in prima linea per la tutela del paesaggio e del patrimonio culturale ragion per cui si deve cogliere l’ opportunità e l’urgenza proprio attraverso l’idea di riforma e di riorganizzazione, di colmare quel deficit di risorse umane e strumentali che una semplice ricognizione farebbe emergere in tutta la sua drammaticità.
Non siamo concordi con quanti ritengono di ridimensionare le potestà di questi organi e riteniamo indispensabile invece un rilancio e una valorizzazione per imprimere una svolta proprio nella relazione tormentata tra potestà amministrative territoriali e controllo di legalità sul territorio e perché no, anche di qualità allorquando si parla di nuove pubbliche amministrazioni.

Roma, 30 luglio 2014
 

 
 
 
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