MIBACT: comunicato unitario ai lavatori su decreto

01 Ottobre 2015

 

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L'Editto Franceschini e la realtà effettuale
 
 

     COMUNICATO UNITARIO

Le vicende convulse di questi giorni, sfociate nella
emanazione di un decreto legge che obbliga i lavoratori in caso di sciopero a
tenere aperti i luoghi della cultura segna 
una grave lesione democratica  dei
diritti dei lavoratori e ha offerto uno spettacolo di disinformazione voluta e
strumentalmente utilizzata a quel fine.

Riassumiamo i fatti avvenuti:

in data 11 settembre la RSU della Soprintendenza Archeologica
di Roma ha indetto una assemblea in modo del tutto regolare. L’indizione di
questa assemblea era stata richiesta a gran voce dai lavoratori, giustamente
preoccupati del ritardo nel pagamento del salario accessorio e delle gravi
problematiche relative agli organici ridotti e all’organizzazione del lavoro nei siti afferenti la
Soprintendenza. L’altro aspetto portato alla discussione tra i lavoratori è la
creazione del Consorzio dell’Area Centrale dei Fori e Palatino, una operazione
giudicata da noi e in tempi non sospetti grave per le ripercussioni
organizzative sul lavoro prezioso di tutela che svolge la Soprintendenza e per
l’apertura che l’Accordo per la costituzione del Consorzio prevede circa l’inserimento
dei soggetti privati nella gestione dei luoghi tra i più importanti del nostro
patrimonio culturale.

Pertanto una  normale
assemblea preceduta peraltro da un comunicato stampa della stessa RSU  che comunicava
l’indizione ed i possibili disagi che dalla stessa potevano provenire alla
fruizione dei siti interessati.
L’unico comunicato che chiariva la situazione,
poiché dal Ministero non vi era stato alcun preavviso ai tour operator ed ai
cittadini della possibile chiusura parziale dei siti. L’assemblea è stata
indetta ad inizio turno – e non, come vorrebbe il
contratto, al cambio turno per raggiungere il maggior numero di lavoratori – proprio
per limitare al massimo i disagi ai visitatori.

Quindi il Ministro era perfettamente a conoscenza dell’indizione
dell’assemblea, ma ha fatto finta di nulla salvo poi, una
volta avvenuta, scatenare un volume di
fuoco mediatico sui lavoratori, additati come colpevoli all’opinione pubblica,
e sul sindacato “nemico dell’Italia”.

L’assemblea ha avuto una partecipazione pressoché
plebiscitaria e ha comportato la chiusura parziale non solo del Colosseo ma
anche di tutti i siti afferenti alla Soprintendenza, ad eccezione del Museo di
Palazzo Altemps.

Questi sono i fatti nudi e crudi: l’assemblea era indetta
secondo tutte le regole e il ministero, compreso il Ministro, era perfettamente
a conoscenza di questo. Quindi la scelta di emanare un decreto legge era  precostituita e questo lo possiamo
tranquillamente affermare anche alla luce del fatto che la decretazione di urgenza,
strumento straordinario impropriamente usato in questa occasione poiché non si
rintracciano  i motivi di urgenza, deve
essere prima concordata con il Presidente della Repubblica che deve firmare il
decreto.

Le dichiarazioni successive del Ministro hanno di fatto
avviato una vera e propria disinformazione per i seguenti motivi:

il decreto è stato presentato alla stampa come l’inserimento
dei beni culturali nei servizi pubblici essenziali. Falso. I beni culturali
erano già inseriti nei servizi pubblici essenziali (art.2, comma 2, legge
146/90). Il decreto invece modifica la legge inserendo tra i servizi pubblici
essenziali anche l’obbligo di apertura dei musei e  dei luoghi della cultura riconosciuti come
tali dal Codice dei Beni Culturali.

La nota che comunicava lo sblocco dei fondi è stata inviata
alle organizzazioni sindacali il 17 settembre e quindi noi eravamo
perfettamente in grado di comunicare ai lavoratori lo sblocco prima
dell’assemblea. Falso. La nota, ancorché datata 17 settembre, è pervenuta a noi
il 18 settembre mattina tramite comunicazione via mail. Subito dopo abbiamo
inviato una nota unitaria ai posti di lavoro con la quale comunicavamo lo
sblocco.

Sgomberato il campo da almeno qualcuna delle disinformazioni
piovute all’opinione pubblica riteniamo utile, in attesa delle valutazioni più
generali che verranno dai vertici delle nostre organizzazioni, in particolare
sulla compatibilità di queste norme sulla tutela dell’esercizio del diritto di
sciopero disciplinata dalla Costituzione, esprimere una prima valutazione sugli
effetti di questa norma nel caso concreto di indizione di sciopero o anche di
assemblea, essendo noto che il diritto di assemblea è regolato dalla normativa
contrattuale analogamente al diritto di sciopero. In sostanza, poiché nella
stragrande maggioranza dei casi, il numero dei lavoratori normalmente impiegati
per l’apertura dei luoghi della cultura corrisponde al numero minimo utile per
garantire l’apertura al pubblico  degli
stessi, ne deriva che sarà concretamente impedito a questi lavoratori
l’esercizio del diritto di sciopero e di assemblea.
Giusto per fare un esempio,
tralasciando quelli più eclatanti, non potranno scioperare i lavoratori delle
Biblioteche nazionali e quelli di Castel Sant’Angelo, di palazzo Ducale a Mantova
e della Galleria dell’Accademia a Venezia, e così via. Per non parlare degli
Archivi, ridotti ai minimi termini grazie anche alla riforma Franceschini, che
ha stabilito gli investimenti organizzativi solo in relazione all’appeal  dei siti rispetto ai processi di
valorizzazione.

Va precisato al riguardo che allo stato la norma è
inapplicabile in quanto priva degli accordi sui servizi minimi previsti dalla
legge.
Pertanto ogni tentativo di impedire lo svolgimento di assemblee nelle
more della conclusione di questo processo si configura come un vero e proprio
comportamento antisindacale per il quale non avremo alcuna esitazione a
ricorrere alla magistratura.

Infine esprimiamo piena solidarietà ai lavoratori della
Soprintendenza Archeologica di Roma, direttamente messi all’indice, e a tutti i
lavoratori dei Beni Culturali, colpiti nei diritti fondamentali e vi
comunichiamo che noi proseguiamo la nostra lotta per dare un futuro ai Beni
Culturali nel nostro paese, a partire dai punti di vertenza nazionale proposti
alla base dell’avvio delle procedure di conciliazione propedeutiche alla
dichiarazione di sciopero.
Roma, 25 settembre 2015

 

 

 
 
 
 
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