Previdenza : Giù le mani dalle pensioni di reversibilità

15 Febbraio 2016

Giù le mani dalle pensioni di reversibilità

 
Alcune riflessioni:
  

L’attacco alle pensioni di reversibilità indebolisce
lo stato sociale e la solidarietà. La civiltà di un paese si misura dal grado
di copertura dei rischi sociali.

Uno dei primi impulsi alla costruzione dei sistemi
pensionistici europei fu dato dalla necessità, di fronte all’esorbitante numero
degli infortuni sul lavoro o appena post pensione, di assicurare un reddito ai
superstiti per affrancarli dall’assistenzialismo e dalla pubblica carità. Il
diritto di sopravvivenza per le vedove, figli e persone a carico divenne un
diritto soggettivo costituzionalizzato ( art. 38).

Il prelievo contributivo infatti, è determinato in
base alle aspettative di vita dei lavoratori e dei congiunti e si basa sul
sistema a ripartizione.

La legge di riforma sulle pensioni, la legge Dini del
1995, stabilì che in caso di pensione indiretta o reversibile, se il superstite
possiede altri redditi, essa viene ridotta del 25% se oltre alla pensione si ha
un reddito annuo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps (€19.612), del
40% se ha un reddito annuo superiore a quattro volte il trattamento minimo che
per il 2016 è pari a € 26.120 e infine del 50% se ha un reddito annuo superiore
a cinque volte il trattamento minimo che per il 2016 è pari a € 32.630. Questa
riduzione non si applica in presenza di figli inabili o minori.

Mentre erano in corso tentativi per rimodulare in
senso favorevole le fasce di decurtazione, furono introdotte delle norme
limitative per la fruizione della pensione ai superstiti con le cosiddette
norme anti-badanti. Le decurtazioni, previste dalla legge 111/2011, hanno avuto
effetto dal 1 gennaio 2012 e consiste già in un taglio della pensione di
reversibilità per coloro che abbiano contratto matrimonio da meno di dieci anni
con un consorte sopra i 70 anni, o comunque più anziano di 20 anni.
Le pensioni di reversibilità, nei casi descritti,
sono tagliate del 10% per ogni anno che manca al raggiungimento dei dieci anni
di matrimonio. Se alla morte del consorte il matrimonio era valido da cinque
anni, ad esempio, la decurtazione è del 50% anche se nessun taglio, però, è
previsto in caso di presenza di figli minori, studenti o inabili.

In un disegno di legge delega del
Governo le reversibilità vengono considerate prestazioni assistenziali e non
più previdenziali. Non sono più un diritto soggettivo ma legate allo indice
Isee, per il quale conta il reddito familiare e non quello individuale; ciò
anche a prescindere dai contributi versati.

E’ un ulteriore duro colpo specie per
le donne che già subiscono una diversità previdenziale di genere destinata ad
acuirsi dai mutamenti del mercato del lavoro.

L’inoccupazione e la disoccupazione
colpisce in misura maggiore le giovani donne che si troveranno svantaggiate
ulteriormente nel futuro.
Contro questo ennesimo tentativo di
distruzione del welfare previdenziale la Cgil si è subito mobilitata per la
cancellazione di questa parte del disegno di legge in esame.

 

X
Questo sito usa i cookie per offrirti la migliore esperienza possibile. Procedendo con la navigazione sul sito o scrollando la pagina, accetti implicitamente l'utilizzo dei cookie sul tuo dispositivo. Informativa sull'utilizzo dei cookie Accetto