Il recente parere della
Sezione Speciale del Consiglio di Stato, del 12 maggio 2016, sulla bozza di
decreto legislativo che dispone la soppressione del CFS e la militarizzazione
forzata in attuazione dell’art. 8 del Dlgs. 124 del 2015, ci ha sorpreso molto
per l’impostazione e per i contenuti.
Intanto, un’attenta (e
ripetuta) lettura del parere preoccupa per il peso dato dalla Commissione
speciale a considerazioni che – in qualche modo – travalicano le necessarie e
attese osservazioni tecniche e giuridiche.
Insomma, ci permettiamo
di osservare che sembra insolito e improprio l’entusiasmo che pervade il
giudizio complessivamente positivo sull’intero impianto del decreto, proprio se
si considera la natura di organo giurisdizionale e di alta autorità tecnica del
Consiglio.
Con qualche eccesso di
schematizzazione, vorremmo leggere e giudicare alcuni passaggi del parere
particolarmente significativi:
– intanto, meglio sarebbe stato, quindi, non
avventurarsi sui terreni impervi del giudizio politico che provocano
affermazioni come:
…”la delega
che attiene alle Forze di polizia è inserita in una legge di più ampio respiro,
dedicata ad una profonda riforma della pubblica amministrazione, di cui la
qualità della regolazione costituisce un aspetto fondamentale per la
competitività del Paese, per l’effettività dei diritti fondamentali dei
cittadini, per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni e per l’andamento
dei conti pubblici”…
oppure:
…”In sintesi,
l’azione riformatrice intrapresa dal legislatore delegante risulta destinata a
plasmare l’organizzazione delle Forze di polizia per conseguire la
razionalizzazione e il potenziamento dell’unitaria funzione di polizia
(mediante la cooperazione sul territorio, l’eliminazione delle duplicazioni e
la gestione associata dei servizi), realizzando anche importanti risparmi di
spesa, sia pure nel medio – lungo periodo. Alla luce di tali parametri,
pertanto, dovrà essere
condotta
l’analisi del testo”
…
o ancora:
…”Non vi sono,
poi, dubbi, rispetto al principio di “riorganizzazione del Corpo forestale”,
visto che la legge delega autorizza il suo eventuale assorbimento in altra
forza di polizia e tale è l’Arma dei carabinieri. Siffatta scelta appartiene
all’apprezzamento discrezionale del Governo e, nel caso specifico, risulta
pienamente condivisibile, non soltanto perché l’Arma ha sviluppato e
consolidato nel tempo competenze specialistiche in campo ambientale e
agroalimentare, ma anche perché le stazioni del Corpo forestale vanno ad
affiancarsi al già capillare reticolo dei presidi dei Carabinieri con
prevedibili riflessi postivi sulla qualità e sull’intensità del controllo del territorio”…
Il compito del Consiglio di Stato è quello
di giudicare se il decreto-legislativo in esame sia o no in grado di rispettare
la delega contenuta nel Dlgs. 124/2015, procedendo ad un riordino vero delle
forze di polizia, al rilancio dell’attività di prevenzione dell’illegalità,
anche in tema ambientale e naturalistico, e di tutela della sicurezza dei
cittadini, non certo leggere la norma con parametri altri, quali i risparmi di
spesa realizzati, tra l’altro davvero minimali. In particolare il testo
della norma pone alcune delicatissime questioni sulle quali il Consiglio
avrebbe dovuto effettuare una approfondita analisi di legittimità della norma
in rapporto all’ordinamento, garantendo così un riferimento giuridico puntuale
per Governo e Parlamento.
Invece proprio sulla
questione che tanto sta al cuore di migliaia di lavoratrici e lavoratori ma
anche, e soprattutto, di milioni di cittadini, quella della soppressione del
Corpo Forestale dello Stato e della militarizzazione forzata di 7.500
forestali, nel parere si evidenziano le incongruenze e le “stranezze” più
grandi:
A iniziare dalla
premessa, ove si afferma:
…” Preliminarmente
si osserva che la trasformazione di un corpo di polizia civile in militare
rappresenta un’inversione di tendenza rispetto alla linea seguita dal
legislatore nella riforma della Polizia di Stato (legge n. 121 del 1981), del
Corpo della Polizia penitenziaria (legge n. 395 del 1990) e per ultimo del
Corpo forestale dello Stato (legge n. 36 del 2004). Nell’arco di un
trentennio, infatti, si è passati da un concezione, radicatasi sullo scorcio
degli anni ’70, secondo cui lo status civile era funzionale al rafforzamento
dell’efficienza di un corpo di polizia, a quella più recente per la quale sono
le competenze – e non lo status – a dare la misura della professionalità.
Orbene, al mutato orientamento
sembra essersi ispirato il legislatore delegante, che nel disporre la
riorganizzazione del Corpo forestale si è preoccupato di salvaguardarne le
competenze e le funzioni senza porre vincoli all’assorbimento in altra forza di
polizia, ma anzi prescrivendo che il personale del Corpo dovesse assumere la
condizione della forza di polizia ricevente”…
Si procede ad una
azzardata analisi (sociologica, politica…?) di mutamenti intervenuti negli
ultimi anni che spingerebbero verso l’equazione ardita della
militarizzazione=efficienza e quindi paventando il fatto che le ragioni del processo
di smilitarizzazione, frutto di un vivace dibattito politico e
culturale, culminato nella legge 121/ siano in qualche modo tramontate.
Di diverso avviso risulta
essere evidentemente la Corte europea dei Diritti dell’uomo e la stessa Corte
di Giustizia che invece con una serie di sentenze hanno, soprattutto sul
versante dei diritti civili quale quello di associazione sindacale, indicato e
rafforzato un percorso diametralmente diverso a quello indicato dal Consiglio
di Stato.
Inoltre, la richiesta di non subire la
militarizzazione del proprio status (con l’assorbimento nell’arma dei
Carabinieri) viene dal CdS considerata una specie di “capriccio” non degno di
tutela giurisdizionale o costituzionale. La Commissione Speciale, infatti, così
argomenta:
– “(sent. CC. n. 422 del
1994). Si tratta di una pronuncia molto significativa, sotto il profilo
storico, da cui emerge che prima della completa smilitarizzazione del Corpo
forestale, al di là dello status formale degli appartenenti ai Corpi sopra
menzionati, il loro ordinamento, ivi compreso quello del Corpo forestale, era
qualificabile come “militare”, con la conseguenza che la distinzione
fra quest’ultimo e l’Arma si attenuava in modo molto netto; un ritorno a tale
originario status dunque, non appare eccentrico in relazione all’evoluzione
dell’ordinamento giuridico nel suo complesso”
…”Come si
vede, il personale del cui mutamento di status si sta, qui, discutendo non
appartiene a un’Amministrazione pubblica civile come tutte le altre, bensì a un
Corpo che è caratterizzato da spiccati tratti di analogia con quelli militari
(uniformi, gradi, uso delle armi, etc.). Il mutamento di status ,di
conseguenza, comporta effetti sulle situazioni soggettive assai meno intensi di
quelli che si produrrebbero per i comuni impiegati civili dello Stato.”…
La sentenza della Corte Costituzionale
citata, riferita tra l’altro alla Polizia di Stato, non afferma
affatto una sorta di assimilazione allo status militare come vorrebbe paventare
il parere del Consiglio di Stato e la tesi che
poiché i forestali erano una volta militari (e il Consiglio di Stato
dimentica che tale status è coinciso quasi esattamente con il periodo della
dittatura fascista del Paese – dal 1926 al 1945) possono tranquillamente
tornare ad esserlo (anche se forzatamente) e la conseguente perdita di diritti
soggettivi e collettivi che si determinerebbe sarebbe “meno intensa”
considerato che già adesso in Forestale si sta in divisa, si usano le armi e i
gradi, appare francamente molto criticabile.
Ultima punto: nel parere della Commissione
Speciale del CdS si lamenta perfino l’eccesso di “disponibilità” all’esercizio
di ogni possibile diritto di opzione dei lavoratori coinvolti e si afferma che:
…” Dalla formulazione del richiamato art. 12,
sembrerebbe che le domande di transito ad amministrazioni diverse dall’Arma
paiono possano essere soddisfatte senza limitazioni di sorta, il che induce il
dubbio della violazione dell’art. 76 Cost. per eccesso di delega.
Sul punto si invita il Governo
a valutare l’opportunità di ridurre gli spazi di flessibilità nel transito del
personale nell’Arma, in modo che siano osservati i limiti e i superiori
obiettivi fissati dal legislatore delegante e si possa meglio prevenire con
disposizioni più tassative l’eventuale contenzioso….
Una considerazione che
consideriamo davvero poco rispettosa delle lavoratrici e dei lavoratori e dei
loro diritti, in quanto chiede esplicitamente di ridurre gli spazi di transito
e quindi di converso il principio della volontarietà dell’opzione militare,
verso altra amministrazione civile.
L’unica preoccupazione che sembra angustiare gli estensori del parere
sembrerebbe consistere nella questione del giuramento. La Commissione Speciale
del CdS sostiene infatti che:
…”Come è noto, ai sensi dell’art. 621 c.m. (e
delle norme che completano, in parte qua, la disciplina di settore, in
particolare artt. 624, 851 e 853 c.m.), lo stato militare si acquista
stabilmente solo prestando giuramento all’atto di assunzione del servizio. Si
tratta di un solenne impegno morale di mantenersi fedele a tutti i doveri dello
stato militare, che per legge dev’essere assunto da chiunque entri a far parte
delle Forze Armate.
Nessuna disposizione al
riguardo si riviene nel decreto legislativo, sicché parrebbe necessaria l’introduzione
di una esplicita esclusione dell’obbligo di prestare giuramento, considerando
soddisfatto tale adempimento all’atto dell’ingresso nel Corpo forestale,
(sempre che non si opti per l’inquadramento nei ruoli del personale
Ministeriale o delle Regioni come osservato infra §6.2.).”…
In questo caso il
Consiglio è pronto a fornire la semplice soluzione:
…” Di contro
detto obbligo (di giuramento)
andrebbe previsto per il personale dei ruoli dei periti, dei revisori e degli
operatori, che, in ragione delle qualifiche rivestite e delle specifiche
attribuzioni, è da ritenere che non abbiano prestato il giuramento iniziale, al
momento dell’inserimento presso il Corpo Forestale”…
Fermandoci qui con le citazioni estratte
dal parere, che pensavamo efficaci da sole a giudicare il parere stesso,
dobbiamo fare alcune considerazioni finali:Quando parliamo di occasione mancata
dal CdS ci riferiamo innanzitutto al fatto che si sia evitato di rilevare
l’assenza di riferimenti e di indicazioni nel decreto delegato sugli obiettivi
del riordino e della riorganizzazione delle FF.PP. con eliminazione
conseguente di sprechi e duplicazioni.
Il fatto che si sia deciso di non decidere, ad esempio e con indicazioni
operative e cogenti, sulla “madre di tutte le duplicazioni e sovrapposizioni”
fra P.S. e CC. non sembra affatto angustiare la Commissione Speciale.
La Commissione Speciale non condivide
affatto inoltre la preoccupazione nostra, di associazioni e organizzazioni
della società civile circa la facilità (e la superficialità) con cui il Governo
interviene, sopprimendo e ridimensionando, in un settore delicatissimo come
quello della tutela ambientale e della prevenzione e lotta contro i crimini
ambientali e di sofisticazione ambientale. Considera la sopravvivenza e la
qualità nello svolgimento dei compiti speciali attualmente svolti dal CFS come
automaticamente garantiti dall’assorbimento nell’Arma dei Carabinieri e lamenta
perfino il fatto che la filiera del CITES non sia stata anch’essa e per intero
assegnata alla Benemerita. Se proprio si dovevano esprimere preoccupazioni
“politiche” ci aspettavamo qualche parola del Consiglio esattamente su queste
questioni.
La facilità con cui il
Governo procede alla cancellazione di importanti amministrazioni del comparto
sicurezza non può non preoccuparci e non può non far insorgere il dubbio che
questo possa essere modello per ulteriori e future operazioni di
ristrutturazione di interi comparti.
Duole constatare come non
sia giunto riferimento, supporto o condivisione alcuna – da parte del Consiglio
di Stato – anche solo ad una delle tante e per noi corrette argomentazioni
contenute delle oltre 16 pagine elaborate dalla FP CGIL, nemmeno alla grande
preoccupazione al profilo di ancor più grave illegittimità derivante dalla
forzata e non consensuale militarizzazione,
in particolare delle lavoratrici, destinatarie (così ci sembrava) di un
livello di tutela legale ulteriore e più profonda.
A questo punto ci
apprestiamo a confrontarci con Gruppi e Commissioni parlamentari, per tentare
una ulteriore interlocuzione per porre rimedio alle gravi insufficienze e
incongruenze del decreto.
Pensiamo necessario
continuare con la mobilitazione delle donne e degli uomini del CFS, che va
ulteriormente estesa e messa in grado di coinvolgere ancora di più i cittadini.
Finora l’adesione del CFS agli scioperi regionali e alle iniziative unitarie in
tutto il Paese ha rappresentato una scelta di alto valore politico e sindacale
e va riaffermata anche per le prossime date.
Infine, vogliamo
rassicurare le lavoratrici e i lavoratori che – anche “grazie” al parere del
Consiglio di Stato – siamo sempre più determinati nel volere attivare e
coordinare (quando sarà il momento) tutte le procedure vertenziali/legali a
loro tutela e per salvaguardare l’esistenza di importanti servizi per la
collettività, al cui bene è votato il lavoro delle donne e degli uomini della
Forestale.
p. La CGIL p.
La F.P. CGIL
Gianna Fracassi Salvatore Chiaramonte