Agenzia delle entrate: Smart Working: Permessi e Congedi orari – Un contributo al dibattito

15 Ottobre 2020

Smart Working: Permessi e Congedi orari Un contributo al dibattito

Lo Smart Working, di per sé, non è uno strumento “neutro”: in assenza di regole chiare e precise può aprire a discriminazioni nei confronti di persone che, nel rapporto di lavoro, presentano situazioni di “debolezza” e per questa ragione necessitano di maggiori strumenti e tutele. Ad esempio, una limitazione nella fruizione dei “riposi” o dei permessi previsti dalle Norme o dal contratto può trasformare lo smart working in una modalità di lavoro particolarmente insidiosa anzitutto per le lavoratrici che, storicamente e culturalmente, si vedono affibbiare in larga parte il lavoro di cura. L’accordo del 17 settembre per la regolamentazione del lavoro agile, all’articolo 6, comma 7, esclude espressamente la fruizione di permessi orari sia di natura contrattuale (permessi personali, quelli per visite specialistiche e quelli ex art. 18 fruiti a ore), sia quelli – ed è particolarmente rilevante- di natura “normativa” quali, ad esempio, i permessi studio, quelli derivanti da Legge 104/1992, i congedi parentali. E’ altrettanto noto che la FP CGIL, anche per questa ragione, non ha ritenuto di sottoscrivere il citato disciplinare e, fin da subito, ha chiesto al Tavolo negoziale e all’Agenzia di rivedere questo punto. In particolare, il 30 settembre, scrivevamo all’Agenzia delle entrate: “…gli istituti di conciliazione previsti dal legislatore hanno come fine la diminuzione delle ore lavorabili su richiesta del lavoratore, indipendentemente dal luogo dove si svolge l’attività lavorativa. Per questo, auspicando che l’Amministrazione non intenda violare i diritti soggettivi tutelati dalle norme di legge e contrattuali, riteniamo che l’esclusione prevista nel disciplinare, in particolare nella seconda parte del citato articolo 6 comma 7, debba intendersi come la possibilità di assicurare la fruibilità degli istituti previsti nel rispetto del principio di flessibilità richiamato al comma 1 del medesimo articolo 6 e nella responsabilità dell’autodeterminazione organizzativa del dipendente.” Alla nostra nota però ancora non è seguito il necessario chiarimento da parte dell’Agenzia. E, invece, sarebbe bene che, proprio dall’amministrazione, arrivasse una interpretazione chiara e utile a evitare applicazioni errate, da parte della dirigenza, lesive del diritto soggettivo dei lavoratori e contro le norme di legge. In caso contrario, saranno altri che dovranno coerentemente prendere atto che il disciplinare del 17 settembre non raggiunge gli obiettivi preposti e trarne le opportune conseguenze.

 

FP CGIL Nazionale – Agenzia delle entrate
Daniele Gamberini

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