Cinquant’anni fa i nidi di infanzia comunali, ora come allora serve lo stesso coraggio

02 Dicembre 2021

Il 2 dicembre 1971 con la legge 1044 venivano istituiti i nidi di infanzia comunali. Oggi è necessario lo stesso coraggio politico e molte più risorse per dare questo servizio almeno ad altri 176000 bambini.


Cinquant’anni di servizi dedicati alla tutela e allo sviluppo dei bambini fino a tre anni, di sostegno alla genitorialitá e di emancipazione femminile. Il 2 dicembre 1971 venne approvata la legge per la costituzione di 3.800 nidi di infanzia pubblici sul territorio nazionale. La medesima spinta deve essere utilizzata adesso per incentivare l’avvio di nuove strutture a gestione diretta e assunzioni di personale stabile, per garantire le stesse tutele e qualità volute dalla legge 1044.

Oggi il dibattito che circonda l’obiettivo dichiarato di raggiungere, grazie alle risorse del Pnrr, la copertura, in termini di posti negli asili nido, del 40% dei bambini da 0 a 3 anni, appare sempre più astratto. In primo luogo perché si tratta di un obiettivo ancora limitato, visto che paesi come Francia e Spagna già nel 2019 hanno raggiunto una copertura del 50%.

In secondo luogo perché le risorse destinate per il personale necessario, che pure sembrano tante, ancora sono insufficienti.

Infatti, da una parte le risorse del Pnrr sarebbero destinate a garantire la costruzione o l’ampliamento di strutture tali da garantire un aumento di 176.320 posti addizionali di asili nido. Dall’altra, la legge di Bilancio stanzia 1,1 miliardi a decorrere dal 2026 da destinare alle spese di gestione e del personale di queste strutture.

Si tratta di risorse importanti ma troppo diluite nel tempo e ancora insufficienti.

Per educare altri 176.320 bambini tra zero e tre anni, oltre a quelli che già oggi hanno garantito il servizio, serve molto personale. In Italia le diverse normative regionali impongono un rapporto medio educatore/bambino che, a seconda della fascia di età e della regione varia da 1 a 4 a 1 a 10.

Se si fa una media delle diverse previsioni se ne conclude che servirebbero su tutta Italia almeno 1 educatore ogni 7,4 bambini. Questo significa che nei prossimi anni occorre assumere come minimo 23.827 educatori pedagogici aggiuntivi, garantendo nel mentre l’integrale sostituzione del personale destinato al pensionamento.

Per pagare gli stipendi di questo personale sarebbero necessari almeno 953 milioni di euro. Senza contare il personale ausiliario.

Inoltre, visto che l’Istat nel suo report 2020 su nidi e servizi educativi per l’infanzia attesta che i costi di gestione di un asilo pubblico nel 2017 erano di 8.472 euro per bambino, ciò vuol dire che ai comuni saranno necessari almeno 1 mld e 494 mln di euro per far funzionare i 176.320 posti addizionali previsti.

Non è solo indispensabile quindi aumentare le risorse del fondo di solidarietà comunale portandole almeno a 1,5 milardi. È necessario nel contempo liberare dai vincoli di spesa sulle assunzioni quelle che i comuni faranno per sostituire e ampliare gli organici degli asili nido.

Questo per evitare che mentre si potenzia il servizio dove non c’è, lo stesso venga a regredire là dove già è presente.

Se non si procede in questa direzione non solo sarà impossibile raggiungere gli obiettivi dichiarati ma si assisterà alla strisciante privatizzazione dei servizi già oggi gestiti dai comuni.

Il governo deve essere all’altezza dei suoi obiettivi e deve evitare che venga vanificato quanto fu fatto con legge 1044 del 2 dicembre 1971. Non servono cattedrali nel deserto: servono risorse e personale qualificato dignitosamente retribuito.

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