Min. Difesa – Lettera unitaria al Ministro stato di agitazione nazionale lavoratori civili

11 Luglio 2022

Roma, 11 luglio 2022

Al Ministro della Difesa

On. le Lorenzo Guerini

Ai Presidenti e componenti

Commissioni 4^ Difesa Camera e Senato

Ai Gruppi parlamentari Camera e Senato

Sig. Ministro,

ripetute sono fin qui state le grida di allarme lanciate dal sindacato confederale negli ultimi anni sul costante e significativo detrimento dei livelli occupazionali tecnici e amministrativi del personale civile delle aree funzionali del Ministero della Difesa, come pure sulle dannose conseguenze da questo generate sul piano del rispetto della mission istituzionale affidata al contingente civile posto a supporto delle FF.AA.

Il tema rappresentato dall’esigenza di intervenire in maniera coerente e tempestiva sulla implementazione degli organici di quel personale, per favorire il ricambio generazionale ed evitare la perdita delle alte professionalità tecniche indispensabili al sistema difesa e, più in generale, quello degli investimenti pubblici necessari a sostenere la ripresa a pieno regime delle attività degli enti, dei poli e degli arsenali militari dello Stato che abbiamo invano tentato di porre alla Sua attenzione, resta tuttora privo di soluzioni.

In tal senso, era almeno per le scriventi organizzazioni sindacali logico attendersi che nell’ambito della discussione svolta in seno al governo sul PNRR, una parte dei significativi investimenti destinati alla difesa venisse indirizzata allo sviluppo e alla ripresa in house dell’operatività dell’industria militare italiana. Logica che nella circostanza, invece, pare non essere stata affatto praticata dal vertice politico della difesa, verosimilmente per raggiungere il completamento di un processo di esternalizzazione delle attività e dei servizi che è iniziato nel 2012, e che presumibilmente si concluderà con la privatizzazione dell’intero sistema difesa, quando addirittura non anche delle stesse FF.AA.

Ovviamente, saremmo felici di essere smentiti, laddove non trovasse reale corrispondenza tale convinzione, ma con i fatti non con le solite parole di circostanza.

Perché vede signor Ministro, stiamo parlando di imponenti realtà produttive “pubbliche” che, in ragione dei disinvestimenti imposti dai governi che si sono succeduti alla guida del paese, in particolare nell’ultimo decennio, da tempo manifestano l’esigenza di vedersi finalmente attribuite risorse economiche indispensabili non semplicemente a sopravvivere, ma a garantire alla Difesa e allo Stato una ripresa a pieno regime delle attività industriali e istituzionali che potenzialmente sono in grado di sviluppare attraverso l’adeguamento di un livello di occupazione civile qualificato e specializzato a supporto delle esigenze delle FF.AA. e, più in generale, dell’economia del paese.

Asset militari strategici che meriterebbero di essere valorizzati dallo Stato anche per l’importanza che rappresentano sull’indotto generato indirettamente nell’economia dei territori ove insistono, sia in termini finanziari che occupazionali, piuttosto che diventare – come in effetti sta ormai da tempo accadendo, peraltro nel silenzio assordante e surreale delle istituzioni e della politica del paese – terra di conquista della competizione industriale “privata” nel libero mercato. Aziende, a cui ormai viene sempre più spesso consentito di frequentare spazi riservati alla sicurezza degli apparati militari dello Stato, che approcciano ai luoghi di lavoro negli stabilimenti, nei bacini navali e nelle officine militari traendone grandi profitti, anche considerati gli irrisori costi di gestione richiesti per l’utilizzo delle strutture. Ciò, evidentemente, comporta l’aumento esponenziale delle spese militari poste oggi ad esclusivo carico e controllo dello Stato che, nei fatti, è poi costretto a conferire sempre maggiori risorse economiche al bilancio della difesa per sostenerne il peso, ovviamente a spese della collettività.

Una scelta politica radicalmente sbagliata, quella che a nostro giudizio si sta perpetuando alla difesa contro i reali bisogni del paese, che ha prodotto luoghi di lavoro lasciati pressoché abbandonati per mancanza di mezzi economici e di personale tecnico, operativo e amministrativo. Una condizione indotta che determina l’impossibilità di garantire le ordinarie attività di servizio e/o di sottoscrivere o anche mantenere contratti di manutenzione relativi agli armamenti attribuiti dalle Forze di Polizia, come pure del naviglio militare/civile, anche con altri paesi europei o extraeuropei.

Concorsi fermi da anni – poche centinaia di assunzioni rispetto al reale bisogno manifestato dal sistema – tuttora avvolti in una sorta di oscura nebulosa amministrativa da cui pare impossibile districarsi solo per il Ministero della Difesa, al contrario di altre PP.AA. che invece riescono ad ottenere in ogni legge di bilancio o, da ultimo, anche attraverso il PNRR, un consistente numero di assunzioni (Giustizia, Beni Culturali, Interno, Inps, Agenzie ecc.).

Peraltro, sul personale tecnico che noi continuiamo a ritenere indispensabile al sistema pubblico della difesa, e di cui abbiamo più volte invano tentato di discutere, appare del tutto estraneo alla realtà conosciuta il piano triennale dei fabbisogni predisposto e comunicato dall’amministrazione con la nota UDG del 7 maggio u.s., che nei volumi dei bisogni elaborati per i prossimi 3 anni dimostra di non tenere affatto in considerazione l’alto numero dei pensionamenti maturati e maturandi dai lavoratori civili al 31 dicembre del corrente anno, e nei prossimi due, considerato che la quasi totalità del personale ancora in servizio è stato assunto ai sensi della legge 285/77.

Siamo così giunti ad un punto di non ritorno, il disegno strategico che ha prodotto la devastazione delle aree operativa e industriale della difesa, ovvero dell’intero sistema di supporto civile qualificato alle FF.AA., è infine pressoché compiuto. Eppure nessuno sembra accorgersi di quanto sta accadendo nelle istituzioni, in ambito parlamentare e politico. Possibile? Pare sia così, stando almeno al disinteresse generale riscontrato dalle scriventi OO.SS. in questi ultimi 10 anni sulla gestione del Ministero della Difesa, seppure in presenza di segnali chiarissimi – più volte evidenziati pubblicamente da FP CGIL CISL FP e UIL PA – che riconducevano ad una precisa volontà politico-militare pianificata per tempo, a giudizio delle scriventi, tesa ad una lenta ma precisa e costante pratica di abbandono del perimetro pubblico per intraprendere la strada della privatizzazione dell’apparato militare statale, stile U.S.A. per comprenderci.

Se, poi, alla grave situazione testé illustrata aggiungiamo anche il totale abbandono in cui versano attualmente le lavoratrici e i lavoratori civili della difesa sul piano lavorativo, organizzativo, gestionale ed anche economico il quadro diventa evidentemente insostenibile per le scriventi rappresentanze sindacali, che più e più volte hanno tentato la strada della ragionevolezza.

In effetti, malgrado il reiterato tentativo di dissimulare l’inerzia prodotta dal vertice politico di codesto dicastero profittando delle ultime due occasioni di incontro avute dalle scriventi con il Sottosegretario delegato, mancano ancora all’appello per il c.a. quei 21 milioni di euro che negli ultimi 5 anni sono stati accordati dal parlamento alle lavoratrici e ai lavoratori civili della difesa attraverso leggi di bilancio annuali, ritenuti utili a colmare il gap economico che intercorre/va tra le retribuzioni accessorie attribuite a quel personale e quelle accordate agli altri pubblici dipendenti, a parità di ruolo e funzione pubblica esercitata.

Come pure, a dispetto di una discussione che le parti avevano dato quasi per conclusa dopo pasqua di quest’anno, le lavoratrici e i lavoratori civili della difesa non possono ancora fruire dell’istituto del lavoro agile, malgrado questo sia rientrato a pieno titolo nell’ultimo CCNL F.C., perché non c’è il regolamento attuativo e, soprattutto, perché non è ancora stata formalizzata la composizione della delegazione trattante di parte pubblica! Incredibile ciò che accade alla difesa, mentre negli altri ministeri e PP.AA. i lavoratori fruiscono ormai da tempo di quella modalità ordinaria di lavoro.

Ma non è tutto. Da almeno 4 anni le scriventi organizzazioni sindacali chiedono di aprire la discussione sui processi di mobilità del personale civile, che tanti problemi sta creando alle lavoratrici e lavoratori che ambiscono al trasferimento, ma ciò – sempre a detta dell’amministrazione – non è possibile farlo perché gli Stati maggiori non fanno conoscere e non rendono trasparenti gli organici del personale civile che gestiscono. Un’anomalia tutta interna alla difesa, quella di attribuire la gestione dei lavoratori civili ad ogni Stato maggiore piuttosto che ad un’unica direzione generale, perché in nessun’altra P.A. o ministero questo accade, e lo abbiamo evidenziato più volte in sede politica, almeno tanto quanto la gestione anacronistica e del tutto inadeguata del personale ex militare transitato nei ruoli civili della difesa, che meriterebbe ben altra considerazione da parte dello Stato.

E ancora molto tempo è trascorso da quando le scriventi OO.SS. per la prima volta hanno chiesto di porre l’attenzione sul problema degli O.P.S., dalla cui gestione le associazioni costituite da personale civile della difesa sono di fatto escluse, mentre per quelli di Forza Armata l’amministrazione continua ad essere appannaggio esclusivo della componente militare.

Per non parlare, poi, dell’azione ghettizzante e discriminatoria di cui è stato fatto oggetto il personale civile della difesa di recente, a cui è stata perfino negata la possibilità di aderire ad una polizza assicurativa gratuita stipulata dallo Stato maggiore della Difesa contro il rischio infortuni/malattia del solo personale militare. Quasi che i lavoratori civili della difesa dipendessero da un’altra amministrazione. 

Vergognoso, inaccettabile, almeno tanto quanto i tentativi di giustificazione addotti dal Gabinetto prima e dal predetto Sottosegretario dopo nell’ambito degli incontri menzionati. Anche qui, malgrado siano state prodotte almeno 4 note di protesta destinate a Lei e al Gabinetto, a distanza di quasi 8 mesi dall’inizio della vicenda ancora zero risultati.

Ad ulteriore conferma del compromesso scenario delineato, va poi considerato il pessimo livello di relazioni sindacali intrattenuto con le scriventi rappresentanze da parte dei vertici di F.A., condizione che produce gravi danni di relazione tra le parti anche sui territori e posti di lavoro.

Occorrono risposte serie e concrete, serve pianificare subito un piano straordinario di assunzioni di almeno 9.000 unità composto di professioni tecniche e amministrative da consegnare alla prossima discussione sulla legge di bilancio 2023, per evitare che i poli e gli stabilimenti militari industriali chiudano presto i battenti ad esclusivo beneficio dell’industria e impresa privata lasciando a casa lavoratrici e lavoratori pubblici. Un’idea di privatizzazione della difesa che non ci piace affatto e che peraltro non si rintraccia in alcun paese dell’U.E., di cui vorremmo se possibile discutere con codeste Commissioni e gruppi parlamentari in apposite audizioni pubbliche.

Per quando ci riguarda, sappiamo a chi attribuire la responsabilità della situazione complessivamente generata e, per questo, signor Ministro, FP CGIL CISL FP e UIL PA Le comunicano sin d’ora l’indizione dello stato di agitazione nazionale delle lavoratrici e dei lavoratori civili della difesa, quale preambolo necessario all’avvio di tutte una serie di iniziative di lotta, mobilitazione e protesta pubblica ritenute utili ad informare e coinvolgere i media e l’opinione pubblica sull’intero territorio nazionale.

Nei prossimi giorni faremo conoscere le prime date della mobilitazione.

Cordiali saluti

 FP CGIL                       CISL FP                     UIL PA

Francesco Quinti      Massimo Ferri        Carmela Cilento

Roberto De Cesaris  Franco Volpi                                   

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