MEF – Integrazione alla Policy del lavoro a distanza

20 Marzo 2024

Al

Capo Dipartimento DAG

Cons. Ilaria Antonini

ilaria.antonini@mef.gov.it

Direttore del Personale

Dott. Alessandro Bacci

dcp.dag@pec.mef.gov.it

e.p.c.

DAG- Ufficio relazioni sindacali Dirigente

Dott. Ernesto Perna

relazionisindacali.dag@mef.gov.it

Al Presidente CUG MEF

Dott.ssa Aline Pennisi

aline.pennisi@mef.gov.it

Al Responsabile della Protezione dei

dati personali

Dott.ssa Marialaura Ferrigno

rpd@pec.mef.gov.it

Oggetto: Integrazione alla Policy del lavoro a distanza

In merito alla recente pubblicazione della integrazione alla Policy del lavoro a distanza e della relativa FAQ, pervengono a questa O.S. preoccupanti segnalazioni che, in spirito di collaborazione, si desidera portare all’attenzione dell’Amministrazione. Come già segnalato in data 5 marzo u.s. dalla scrivente O.S., in persona del coordinatore regionale dott. Tondi, queste segnalazioni rendono note due gravi questioni che stanno impedendo la sigla di molti degli accordi individuali per lo smart-working in deroga.

Secondo l’integrazione alla Policy, il personale che si trovi in gravi, attuali e non altrimenti conciliabili situazioni personali di salute, “debitamente documentate”, deve chiedere al proprio medico di medicina generale un certificato che attesti delle patologie che qualifichino il soggetto come “a maggior rischio”. Questo certificato va poi indirizzato al proprio dirigente, che quindi viene messo in conoscenza delle patologie dei propri lavoratori.

Questa O.S. ritiene che questa procedura costituisca una grave violazione della privacy: Il datore di lavoro può visionare esclusivamente l’attestato di malattia del lavoratore come accertata da un medico, ormai trasmessa per via telematica, un documento che contiene tutti i dati del certificato esclusa la diagnosi. Tale principio è stabilito dalla Corte di Cassazione stessa, con sentenza del 31/01/2018 n. 2367, in cui ha affermato che la riservatezza imposta nella refertazione del medico fiscale esige che non debba essere annotata sulla copia per il datore di lavoro la diagnosi del paziente. L’interpretazione delle norme preposte alla tutela della riservatezza, con particolare riferimento ai dati sensibili quali certamente sono quelli concernenti le condizioni di salute del dipendente malato, induce a ritenere che il datore di lavoro debba essere a conoscenza soltanto della conferma della prognosi da parte del medico fiscale.

Alcuni dirigenti, per ovviare alla problematica sorta hanno suggerito al personale che si trova in gravi, attuali e non altrimenti conciliabili situazioni di salute di farsi rilasciare dal proprio medico di medicina generale un certificato in cui dichiara, semplicemente, che è a maggior rischio. Ma i medici, a nostro avviso giustamente, ribattono che il maggior rischio dipende anche dalle condizioni di lavoro e che non è loro compito certificare nient’altro che l’esistenza o meno di certe patologie.

A questa situazione, questa O.S. chiede con urgenza di porre le dovute azioni di modifica ed integrazione a quelle in vigore per il rispetto della normativa, al fine di consentire la presentazione delle istanze e la stipula degli accordi individuali del personale “fragile”, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva 29 dicembre 2023 del Ministro per la Pubblica Amministrazione. Sarebbe sufficiente rifarsi alla Policy antecedente, che non prevedeva la comunicazione della patologia al Dirigente bensì l’inoltro della documentazione al Medico del lavoro.

Il Coordinatore Nazionale

Andrea Mosca

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