INPS, SMART WORKING, QUALCOSA NON QUADRA…

12 Dicembre 2024

Come abbiamo più volte evidenziato nel corso dei mesi passati, il tema del lavoro agile è stato declinato dall’INPS alla stregua di un giro sulle montagne russe.

  • Dapprima era una modalità organizzativa osteggiata, ridotta a una riserva indiana, con un numero esiguo di dipendenti chiamati – su base volontaria – a seguire questo approccio sperimentale.

  • Poi c’è stato il COVID, che è stato giustamente definito un “acceleratore involontario“. L’espressione non è casuale: indica un cambio di prospettiva determinato da un condizionamento esterno, non da una riflessione ad ampio spettro sulle possibilità legate a una lavorazione per processi.

  • C’è stata, quindi, la fase ministeriale dei rientri massicci: la prevalenza della presenza per aiutare gli esercenti a vendere pasti pronti, come da mantra brunettiano.

  • Da ultimo lo Smart Friday (il tentativo di rendere obbligatorio il lavoro agile anche ai più riottosi pur di fare economia) e il suo smantellamento.

Questo approccio, dettato dalla contingenza, ha creato non poche perplessità tra le lavoratrici e i lavoratori dell’Ente, perennemente in attesa di indicazioni dalle Risorse Umane per comprendere se i contratti in essere resistevano nel tempo o dovevano essere ridiscussi in relazione a nuove “esigenze” emerse. È cronaca di questi giorni, stante la scadenza dei contratti AULA al 31 dicembre.

Va poi notato come, in nome della flessibilità organizzativa, ogni struttura abbia rimodellato le linee guida sul lavoro a distanza in relazione alle necessità e purtroppo anche agli umori della Dirigenza territoriale. Nel quadro dello stesso Istituto c’è una disparità inaccettabile: ci sono sedi che concedono anche quattro giorni a settimana (peraltro cumulabili per una fruizione continuativa) e sedi che invece patiscono i diktat del territorio (non si unisce lo smart alle ferie, non si può prendere lo smart tra i festivi, il lavoro agile non può essere utilizzato a ridosso dei week end).

Amenità che rivelano un ritardo culturale evidente. E che magari permettono a qualcuno, in un quadro mutevole, di promettere a destra e manca chissà quali deroghe.

È quindi comprensibile lo smarrimento delle organizzazioni sindacali – almeno di quelle serie, che ancora tengono a una funzione critica e non fanno da megafono alla controparte – rispetto ai premi e alle rivendicazioni pubbliche sul punto.

Noi crediamo in un Istituto radicato sul territorio, in grado di essere forte e flessibile al tempo stesso, dove lo smart working sia una modalità di organizzazione del lavoro liberamente utilizzabile dal dipendente che ne fa richiesta.

Del resto, anche sotto il profilo della produzione, i benefici per l’organizzazione sono evidenti. Semmai il rischio all’orizzonte è un altro: quello di rendere il dipendente in lavoro agile perennemente raggiungibile, con buona pace di quanto riporta AULA. Per evitare che ci siano degenerazioni, abbiamo lanciato nei mesi scorsi una proposta ai vertici: l’adozione di un Regolamento per il diritto alla disconnessione, per restituire lo smart working alla sua cornice, garantendo che esso sia un elemento migliorativo e non deteriorante per la vita delle persone.

La nostra proposta, elemento di garanzia che intende affiancare le linee guida, è ancora ferma al palo, stante una resistenza da parte dell’Istituto a mettere in discussione un assetto ormai rodato.

E dov’è la capacità innovativa che tanto rivendichiamo?

Chissà se, adottando un tono dimesso, INPS vorrà davvero pensare al benessere dei suoi dipendenti o preferirà, invece, continuare a ricevere l’applauso distante di qualche osservatore non coinvolto.

Roma, 12.12.2024

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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