INPS – CCNI 2025: i numeri, la creatività e l’importanza dei differenziali

27 Maggio 2025

Siamo arrivati a giugno del 2025 e l’Amministrazione non ha ancora liquidato i differenziali stipendiali del 2024. Il danno è contenuto, certo: gli importi saranno stanziati da gennaio dell’anno passato, senza pregiudizio economico per gli interessati; ma è innegabile che nel contesto inflattivo vissuto dal paese, lavoratrici e lavoratori restano in attesa della provvidenziale manna dal cielo. Anzi, da Ciro.

Basterebbe questo spunto per essere poco ottimisti circa la nuova stagione contrattuale, apertasi in INPS la settima scorsa. In occasione della prima riunione – “riservata” a pochi intimi vista l’assenza del 50% della rappresentanza – sono state infatti illustrate le linee guida relative alla costituzione del Fondo per l’anno corrente. E qui viene il bello: perché è iniziato il balletto dei numeri, anche con qualche operazione creativa. Andiamo con ordine.

I famosi 30 milioni in più garantiti dalla ratifica del contratto collettivo sono in realtà assai meno: quasi 14 milioni, infatti, sono una tantum, dunque disponibili solo per l’anno corrente.

Era quanto avevamo anticipato prima delle elezioni RSU, specificando che quella riserva non avrebbe potuto coprire le spese “a regime”: quindi né le promesse dei differenziali, né le posizioni organizzative. Sono risorse destinate a tamponare l’erosione dell’incentivo. Congiunturali e non strutturali, per i più tecnici.

Finché il tetto imposto dal d.l. 75/2017 permane – considerato anche che il d.l. PA esclude qualsiasi miglioria per gli ex enti non economici – chi lavora in INPS vede gli spicci.

Stupisce, pertanto, scoprire che – a risorse date – le organizzazioni firmatarie propongano ogni ben di Dio: non solo l’aumento delle indennità per le PO, non solo l’aumento delle risorse per i particolari compiti (indistintamente, anche a quei famosi 35 esperti di analisi amministrativa che non si sa bene quale funzione esercitino in INPS), ma addirittura l’aumento del TEP!

Bene, bravi, bis! Peccato che le risorse non siano sufficienti. E infatti puntale è arrivata la proposta dell’Amministrazione, ancorché esplorativa: un’ipotesi di 3.000 differenziali economici e chi s’è visto s’è visto.

Ora, nel 2022 le progressioni orizzontali furono circa settemila. Pur al netto dei pensionamenti intervenuti, è evidente come sia coperta a malapena la metà dei potenziali interessati. I quali, è bene ricordarlo, attendono ancora di rientrare nell’ordinamento garantito dal CCNL 2019-2021!

Che impianto contrattuale sarà varato in queste condizioni?

Considerata la tempistica, meglio sarebbe scindere i piani.

  • Procedere IMMEDIATAMENTE e TEMPESTIVAMENTE con un accordo stralcio sui differenziali, anche per evitare le maratone di fine dicembre che non appassionano più neppure gli amanti del genere.

  • E definire poi, a bocce ferme, un contratto integrativo che consenta di distribuire le risorse restanti.

I differenziali sono la priorità perché rimangono, oggigiorno, l’unico strumento reale di crescita del salario, almeno finché si firmeranno contratti collettivi che non consentono di recuperare nemmeno l’inflazione maturata nel triennio di riferimento.

Tagliare i differenziali vuol dire colpire, e in malo modo, gli interessi di chi lavora.

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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