Se c’è una cosa che proprio non si può rimproverare all’Istituto, è lo straordinario tatto nei confronti di chi lavora all’interno dell’Ente, l’attenzione scrupolosa – quasi maniacale, verrebbe da dire – per la riservatezza.
Se vi tornano in mente degli episodi negativi, è perché vivete nel passato, ancorati a vecchi rancori che dovreste superare.
L’accesso al lavoro da remoto vincolato allo SPID e non alla matricola, ad esempio, è acqua passata. E pazienza se si confonde la dimensione del privato cittadino con quella del funzionario pubblico: in un’epoca in cui il mantra zangrilliano impone a ciascuno di dirigere sé stesso, i confini tra le due sfere devono essere porosi.
Né si può tornare, con cipiglio, a vecchi episodi del passato, figli della stagione concorsuale: a quella famosa sanzione che il Garante della privacy inflisse all’Istituto perché su Telegram era stata condivisa da fantomatici attori terzi (e chissà chi erano questi terzi…) la valutazione dei titoli con il punteggio attribuito a ciascun candidato.
Tutto questo fa parte del passato: panta rhei.
I peccati sono stati mondati nella quotidianità. Volete qualche riferimento preciso? Serviti.
Da qualche mese chi si candida a una posizione organizzativa scopre se farà parte della schiera degli eletti direttamente tramite messaggio Hermes, emanato dalla struttura competente. Per tutelare i dati personali di chi si è messo in gioco, l’INPS non adotta mezze misure: è disposta perfino a sacrificare la pubblicità della valutazione, eliminando i riferimenti al punteggio ottenuto nel colloquio ed eliminando anche quel barlume di forma che preservava da un’opaca procedura. Quanta grazia!
Le valutazioni individuali, che sono parte del processo per il riconoscimento dei differenziali, sono blindatissime: non si prende neppure in considerazione l’ipotesi di diffonderle con un codice identificativo che cripti l’identità della singola risorsa, garantendo al contempo trasparenza e segretezza. Meglio non tentennare sul punto. Nessuno deve sapere, perché ciò che non si sa non può far male.
Che dire, infine, del nuovo inquadramento nella famiglia professionale degli informatici? Non risulta un atto che riporti un elenco ufficiale dei soggetti selezionati, né un’indicazione precisa dei criteri che hanno portato a determinate scelte. Al contrario, giunge notizia di privatissimi messaggi che rivelano al singolo candidato se è risultato idoneo a ricoprire il nuovo ruolo. E chi non riceve alcuna comunicazione? Ha facoltà di rivendicare il diritto all’oblio, non si dica che l’INPS non è più pronta di Google in materia.
Come organizzazione sindacale non possiamo in alcun modo polemizzare di fronte a scelte così coerenti, ispirate ad altissimi valori. Certo, rileviamo che inevitabilmente ci porteranno a moltiplicare le richieste di accesso agli atti, ma per la riservatezza questo e altro. Sia mai.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo