INPS – Performance individuale: Ci stiamo complicando la vita da soli

17 Settembre 2025

Con un ordine del giorno quantomeno insolito, l’Amministrazione ha deciso di convocare le organizzazioni sindacali per discutere l’atto integrativo della deliberazione del CdA n. 154/2024, riguardante il Sistema di Misurazione e Valutazione della Performance Individuale (SMVPI).

Colpisce che il confronto si apra su un provvedimento che va a integrare una delibera adottata un anno fa e che solo ora, nel mese di settembre, introduce una discussione sui criteri di valutazione per l’anno in corso: un avvio che difficilmente si può giudicare positivo.

Entrando nel merito, va riconosciuto apprezzamento per l’intenzione – già anticipata – di definire e condividere entro marzo gli obiettivi assegnati ai lavoratori, così da avere un punto di riferimento certo. Ugualmente valido è l’inserimento di momenti di confronto e feedback lungo il ciclo di valutazione, da tempo richiesti anche dalla nostra organizzazione, a patto che non siano forieri di una schedatura (prevista, invece, nel paragrafo 11.7.9.2 del SMVP).

Le note positive, però, si fermano qui.

La calibrazione del sistema di valutazione resta infatti un processo autoreferenziale, affidato a un “Comitato di Garanzia” composto solo dal Direttore generale, dal Direttore Risorse Umane e dal Direttore della Pianificazione. Questo organo dovrebbe individuare eventuali scostamenti “eccessivi” rispetto alla media generale delle valutazioni. Restano alcune domande aperte:

  1. chi stabilisce cosa sia “eccessivo”?

  2. Cosa significa calcolare una “media dei voti delle singole schede”? Si tratta della media dei parametri finali indicati nelle schede di tutti i lavoratori seguiti da un dirigente?

  3. Come dovrebbe essere adottato l’indice GINI, di norma utile a misurare la disuguaglianza e che qui viene citato quasi en passant?

Il documento non chiarisce questi aspetti fondamentali, né fornisce strumenti utili a comprenderne l’impatto. E non basta il confronto a latere: perché verba volant, scripta manent. Resta inevaso un tema: i dati sulle eventuali anomalie vagliate verranno resi pubblici? Il rischio, in un sistema siffatto, è che le organizzazioni sindacali – cioè chi rappresenta il mondo del lavoro – vengano coinvolte solo alla fine dell’iter, nella fase di conciliazione, quando ormai è quasi tardi per intervenire.

Parimenti negativo è il ricorso all’Intelligenza Artificiale generativa per la redazione dei feedback ai lavoratori. Una scelta che lascia perplessi, perché se è vero che può velocizzare i processi, resta il fatto che una valutazione pensata per una persona non può ridursi a una risposta standardizzata. Il tempo speso per un riscontro individuale è un investimento, non uno spreco o un fastidio.

Non meno problematica è la scelta di non consentire alcuna contestazione o confronto sulla valutazione intermedia. Qui c’è un nodo culturale da sciogliere: perché puntualmente emerge l’idea che il dialogo nel corso dell’anno debba ridursi a comunicazioni unilaterali dall’alto, con il lavoratore relegato in un ruolo passivo fino al giudizio finale. In quella sede, certo, uno spazio di confronto si apre, ma con l’unico obiettivo di evitare l’intervento della Commissione di riesame e quindi una valutazione sull’operato stesso del dirigente.

A rendere ancora più critico il quadro vi è l’opacità legata all’attribuzione degli incarichi di responsabilità, che l’Amministrazione, ancora una volta, prova a legare alla valutazione individuale. La valutazione non può essere un fattore determinante per accedervi, tanto più se la controparte sceglie di non rendere pubblici i risultati delle selezioni, neppure con l’indicazione

dei punteggi dei candidati. Così, per avere trasparenza, si usa strumentalmente la bandiera della privacy mentre l’unica strada percorribile rimane l’accesso agli atti, con conseguente aumento del contenzioso.

Il danno più grave sta però nell’ennesimo ridimensionamento dato all’obiettivo di gruppo. L’Amministrazione, infatti, propone l’innalzamento del punteggio massimo della valutazione individuale da 110 a 120, una modifica che accresce ulteriormente il peso delle “pagelline”.

Di più: dalla scala – precedentemente tarata su un punteggio che andava da 75 a 100 – vengono tagliati due valori, il 90 e il 105. Bene, al posto del vecchio 90, il valutatore dovrà schiacciare la valutazione sull’85 o sul 100? Qual è il criterio di approssimazione?

Se a ciò aggiungiamo il fatto che tuttora non è previsto l’obbligo di motivazione di ciascuna delle valutazioni effettuate (contributo individuale, abilità, valutazione finale), il risultato è un altro passo indietro.

Al di là delle dichiarazioni ufficiali, è evidente la direzione intrapresa dall’Amministrazione: ridimensionare il valore degli obiettivi di gruppo, da sempre elemento fondamentale di coesione dentro l’INPS. In un Ente fortemente gerarchico come l’Istituto, la forza propulsiva è sempre stata quella di affrontare difficoltà e sfide insieme.

Oggi, con incentivi frammentati e valutazioni arbitrarie, si rischia di spezzare quel legame che ha garantito equilibrio e motivazione. Lo smart working non basterà a compensare la crescente frustrazione: il prezzo per l’organizzazione potrebbe essere molto alto.

Rinviamo le valutazioni sull’Area (dirigenti, medici, professionisti) ad altro comunicato.

Coordinatore nazionale FP CGIL INPS

Giuseppe Lombardo

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