C’è una coincidenza che non possiamo ignorare. Mentre all’Assemblea generale delle Nazioni Unite Donald Trump parlava con la consueta retorica di potenza, a migliaia di chilometri di distanza, nel silenzio del mare, è stata colpita la Sumud Flotilla. Due scene parallele che raccontano lo stesso tradimento: il diritto internazionale piegato all’uso forza, la parola svuotata dal rispetto delle norme e dei registri.
Come altro definire un vaneggiamento in cui il Presidente degli Stati Uniti sfrutta il teatro del Palazzo di Vetro per un j’accuse contro gli immigrati, avocando a sé il Nobel per la pace per aver risolto sette conflitti di cui la comunità internazionale non aveva alcuna contezza?
E come interpretare la casuale offensiva che si è abbattuta sulla Sumud, circondata e presa di mira da droni anonimi che intensificano la loro azione man mano che i volontari presenti sulle imbarcazioni si avvicinano alla meta prefissata?
L’offensiva di stanotte come quelle che l’hanno preceduta, lo abbiamo ripetuto nelle piazze e nelle assemblee, si inquadra in un contesto più ampio, che ha una caratura non solo militare: è il tentativo di cancellare una presenza scomoda, di ridurre al silenzio e all’oblio ogni atto di resistenza, di oscurare una missione di solidarietà che ha il merito di ricordare al mondo l’esistenza di un popolo sottoposto al giogo di un assedio.
Per questo il mondo del lavoro non resta spettatore. Ogni sindacato, ogni lavoratrice e ogni lavoratore hanno il dovere di riconoscere in quella missione un frammento della propria stessa dignità: la difesa del diritto alla vita, alla libertà, alla solidarietà.
Non esiste alternativa credibile fuori dalla pace e dal rispetto del diritto internazionale; non esiste futuro per nessuna comunità se si accetta la normalizzazione della violenza. Lo diciamo anche ai vertici dell’Istituto, ricordando la presenza su quelle imbarcazioni di una collega, impegnata in una missione che non può essere derubricata – come è stato fatto da qualcuno – ad atto di testimonianza.
Seguire e sostenere la Sumud significa ribadire che il lavoro, nella sua dimensione collettiva e universale, è parte attiva di questa lotta, perché senza giustizia e senza pace non c’è progresso né libertà.
Giuseppe Lombardo