C’erano una volta i cantastorie nelle piazze: vendevano illusioni, promettevano ricchezze e viaggi lontani, e poi sparivano con il cappello pieno di monete.
Oggi quegli istrioni hanno cambiato palco e costume: non stanno su un podio, ma comodamente seduti ai tavoli di contrattazione. Lo stile, però, è rimasto lo stesso.
Gli ultimi a pagare pegno, in ordine di tempo, sono stati gli assunti del 2023, cui era stato annunciato il regno di Bengodi: stipendi in crescita vertiginosa, mobilità rapide e senza intoppi, riconoscimenti automatici, spostamenti amicali e carriere spalancate. Parole altisonanti, applausi facili. Poi la realtà ha presentato il conto, e non è stato leggero:
un integrativo che esclude dai differenziali migliaia di colleghi, destinati a rimanere a bocca asciutta;
Una coerenza da manuale. E adesso? I tempi sono maturi per un nuovo giro di giostra.
Con gli appuntamenti concorsuali in vista, torna in scena la politica delle grandi balle e di nuovo i venditori di sogni sono pronti a raccontare nei corridoi che “sistemeranno tutto loro”: che la mobilità sarà rapida, equa e su misura; entro dicembre, al più a gennaio sarà tutto risolto.
Ma i lavoratori non meritano di essere presi in giro due volte: la prima dall’Amministrazione, la seconda da chi dovrebbe difenderli. È ora di cambiare canale: le storielle a buon mercato hanno stancato.
Giuseppe Lombardo