Il giorno 8 ottobre abbiamo portato il nostro contributo e le nostre proposte nell’ambito dell’esame del disegno di legge AC 2511 Disposizioni in materia di sviluppo della carriera dirigenziale e della valutazione della performance del personale dirigenziale e non dirigenziale delle pubbliche amministrazioni, in sede referente alla I Commissione Affari Costituzionali della Camera dei Deputati.
Ecco un estratto:
Rileviamo in premessa come il provvedimento sembra sia stato pensato e scritto per le amministrazioni del comparto delle funzioni centrali e, solo successivamente, sia stato esteso il suo ambito di applicazione alle amministrazioni delle funzioni locali, non considerando che l’applicazione delle disposizioni in questo comparto, specialmente nel sistema dei comuni, possa presentare forti criticità sia rispetto all’attività amministrativa svolta che nelle diversi dimensioni organizzative degli enti. Evidenziamo poi come le disposizioni in commento vadano a sovrapporsi a numerosi ambiti già normati dalla contrattazione collettiva nazionale, quali la differenziazione della retribuzione di risultato o del trattamento economico correlato alla
performance, oltre a quanto definito rispetto i sistemi di valutazione e misurazione della performance.
Più in generale il tratto comune delle norme proposte sembra ascriversi a una generalizzata e diffusa diffidenza da parte della politica nei confronti dell’amministrazione pubblica, che dovrebbe garantire servizi pubblici essenziali di qualità anche grazie alle necessarie garanzie costituzionali di indipendenza, imparzialità ed autonomia dell’azione amministrativa. Lo stesso tratto lo si può rinvenire nella volontà di avere dirigenti valutati direttamente dalla politica (con conseguenze immediate sui loro trattamenti economici), senza alcun riscontro oggettivo, criterio metodologico e obbligo di motivazione. O ancora il
meccanismo che si vorrebbe introdurre dello sviluppo di carriera il cui accesso è determinato direttamente dal dirigente sovraordinato, con un condizionamento dell’accesso alla dirigenza a una valutazione continua e di natura discrezionale con l’incarico dirigenziale “in prova” per 4 o 5 anni. In tutto questo non è chiaro se nel mentre c’è la conservazione del posto nell’organico del personale non dirigente, quindi nei fatti inibendo le capacità assunzionali dell’ente per lo stesso periodo, oppure se non c’è e quindi all’eventuale esito negativo della procedura ci sarebbe il licenziamento. E poi ancora con il forte ridimensionamento del ruolo degli Organismi Indipendenti di Valutazione che professionalmente effettuano la valutazione per restituirla, in definitiva, agli organi di indirizzo politico-amministrativo”.
Qui il testo della memoria depositata a margine della seduta