Negli ultimi giorni si rincorrono voci e indiscrezioni sulle ragioni che avrebbero spinto i ministeri vigilanti a sollevare rilievi sul contratto integrativo firmato in solitaria dalla CISL.
L’impressione, sempre più netta, è che nel mirino possa esserci il discutibile meccanismo incentivante che l’Amministrazione, con il consueto appoggio dei soliti noti, ha costruito.
Difficile, infatti, comprendere come l’impegno profuso da una parte del personale sui PES possa giustificare un sistema che crea “figli e figliastri” all’interno delle sedi, riconoscendo incentivi diversi persino tra colleghi che lavorano nella stessa stanza.
Vale la pena ricordare alcuni esempi:
chi va in pensione nell’anno ottiene venti punti in più nel coefficiente di incentivazione, ma perde il diritto al differenziale se l’Amministrazione ritarda i riesami (nel contratto si riporta espressamente il veto al riconoscimento se alla pubblicazione della graduatoria definitiva il dipendente non è in servizio);
il personale della Direzione Generale resta escluso dalla maggiorazione di dieci punti, ormai riconosciuta quasi ovunque;
chi è entrato nel 2023, anche lavorando sui PES, non riceve un euro in più — anzi, percepisce incentivi inferiori rispetto a colleghi che con quei progetti non hanno nulla a che vedere.
Un sistema scriteriato e iniquo, che con ogni probabilità ha attirato l’attenzione di chi deve vigilare sulla correttezza del testo negoziale.
Non dovrebbe aver suscitato perplessità, c’è da scommetterci, l’aumento del peso attribuito alla valutazione dei dirigenti: 42 punti per le cosiddette “pagelline”, ben oltre il minimo contrattuale di 40 punti previsto dal CCNL 2019-2021.
Nessun altro ente delle Funzioni Centrali si è discostato da quella soglia.
Nessuno, tranne il nostro, che evidentemente “la sa più lunga”.
E non risulta che i rilievi riguardino la gestione dei differenziali, appena 3.000 quest’anno, distribuiti senza alcun criterio organizzativo volto a tutelare chi non è ancora entrato nel nuovo ordinamento e attende il primo riconoscimento. Per questi, lo diciamo ancora una volta per massima chiarezza, il rischio è quello di finire in un cono d’ombra, vittime di una vera e propria damnatio memoriae che si trascinerà per anni.
Il testo del CCNI, con ogni probabilità, non sarà stravolto. Tuttavia, il passaggio al tavolo porterà verosimilmente a qualche ritocco di forma: una piccola concessione qui, una dichiarazione congiunta là, il minimo indispensabile per convincere alla firma anche chi, finora, ha fatto finta di giocare una partita “più nobile”.
Le promesse, però, le abbiamo lette tutti:
una maggiorazione allo sportello più consistente;
l’aumento del TEP per ogni dipendente;
un tetto alle risorse destinate alle Elevate Professionalità del vecchio ordinamento;
il ridimensionamento delle pagelline;
il ripristino della vecchia disciplina per la Banca Ore;
l’incremento delle indennità per le professionalità rimaste ferme da anni.