Gentile Ministro,
esaminando gli emendamenti che sono in discussione in queste ore alla legge di bilancio, apprendiamo che sarebbe stata richiesta dal Governo nuovamente la proroga dei termini del decreto che prevede il divieto per i dipendenti di questo Ministero dalla mobilità verso altre Amministrazioni.
Signor Ministro, crediamo sia giunto il momento, dopo quasi dieci anni di “arresti domiciliari”, di dichiarare il fine pena. Riportiamo di seguito i contenuti del decreto sin dal 2016:
• Obiettivo: impedire che i dipendenti del Ministero della Giustizia “passassero” ad altre amministrazioni, creando carenze negli uffici giudiziari.
• Decreto Milleproroghe: l’articolo 8, comma 4 del DL 228/2021 ha riconfermato il divieto di assegnazione del personale (non dirigenziale) dell’amministrazione giudiziaria ad altri enti.
Signor Ministro, i dipendenti non si trattengono con un decreto.
È evidente a tutti, e crediamo non sia sfuggito neanche a Lei. In caso contrario, La invitiamo a soffermarsi e ad analizzare i dati relativi al personale di questo Ministero e, in particolare, alla permanenza in servizio del personale neoassunto e al numero di coloro che, pur avendo vinto un concorso, rinunciano.
Ricordiamo alcuni dati: al 31/12/2024 le vacanze di organico ammontavano a 15.000 unità, con una previsione nel biennio 2025/2026 di circa 4.000/4.500 pensionamenti per limiti di età. Non risultano contabilizzate le cessazioni per anzianità contributiva.
Purtroppo, questi vuoti ormai cronici non saranno mai colmati se non verranno garantite per tutti i Dipartimenti e archivi notarili:
l’applicazione corretta del CCNL 2019/2021, con un accordo sulle famiglie professionali – Ordinamento professionale che abbia l’ambizione di traghettare finalmente il Ministero in una nuova organizzazione del lavoro moderna e innovativa che valorizzi il personale, anche con la strutturazione a regime dell’ufficio per il processo con la definizione delle figure professionali;
un contratto integrativo che preveda regolari passaggi economici ogni due anni, l’attuazione delle progressioni verticali in deroga, un sistema indennitario adeguato attraverso l’individuazione degli incarichi di tipo professionale e di posizione organizzativa per l’Area dei Funzionari e di specifiche responsabilità;
l’applicazione di tutte le tipologie di orario di lavoro e delle moderne ed efficaci modalità lavorative previste dal CCNL: part-time e tutte le modalità di lavoro a distanza, che consentano anche la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro;
la stabilizzazione di tutti i 12.000 lavoratori precari PNRR, senza i quali gli uffici giudiziari, così come quelli centrali, dovranno rivedere al ribasso i numeri dei processi e al rialzo i tempi di durata degli stessi, arrivando a dover scegliere quali servizi mantenere e quali chiudere.
Signor Ministro, confidiamo che non scelga con questa azione di contribuire a determinare una compressione di un diritto fondamentale delle cittadine e dei cittadini: il diritto alla giustizia. I risarcimenti previsti dalla legge Pinto ne sono la prova.
Il Ministero della Giustizia risulta infatti il meno attrattivo: refrattario a ogni cambiamento, ancorato a modelli organizzativi ottocenteschi, con l’aggravante di prospettive di carriera e sviluppi economici centellinati. Questo modus operandi non attrae le nuove generazioni ed è una delle cause delle numerose dimissioni anche del personale più anziano.
Gli accordi applicati ora sui passaggi a “costo zero” mentre c’era da applicare il nuovo ordinamento professionale e dare finalmente dei riconoscimenti economici al personale rappresentano oltre il danno, la beffa. Chiediamo di riaprire il tavolo per la contrattazione di un vero Contratto Integrativo: di proposte gattopardesche le lavoratrici e i lavoratori di questo Ministero non hanno bisogno.
Le ricordiamo infine che la proposta di famiglie professionali da Lei firmata non è altro che l’attuale Ordinamento Professionale; la novità è rappresentata esclusivamente dal nome “famiglia”. Questo Ordinamento è stato imposto nel 2010, nonostante le lavoratrici e i lavoratori lo avessero bocciato.
Signor Ministro, i dipendenti di questo Ministero si sentono, e sono trattati, come lavoratori di serie B. Non godono degli stessi diritti degli altri colleghi e per questo partecipano ai concorsi per altre Amministrazioni, nel tentativo di recuperare dignità professionale ed economica.
Pertanto, per quanto sopra menzionato, Le chiediamo di ritirare l’emendamento e di richiedere invece investimenti da destinare agli sviluppi economici e di carriera delle lavoratrici e dei lavoratori a tempo indeterminato, nonché alla stabilizzazione di tutti i precari della giustizia, dai PNRR ai precari dell’obiettivo convergenza delle regioni del sud. Queste sono le richieste dei dipendenti per restare in questo Ministero.
Coordinatrice nazionale FP CGIL Giustizia
Felicia Russo