Pensavamo davvero di averle viste tutte. Dopo il contratto collettivo a perdere, dopo la gloriosa resa sull’integrativo con il sacrificio di oltre 3.000 differenziali, dopo l’illuminata invenzione dell’incentivo a macchia di leopardo tra colleghi che condividono la stessa stanza… eravamo convinti di aver toccato il fondo. Che ingenui.
C’è sempre chi trova un pretesto per scavare. Ed il pretesto è servito: la formazione.
Mentre l’Amministrazione chiarisce che, in caso di mancato rispetto della Direttiva Zangrillo e delle famigerate 40 ore di formazione per ogni unità in seno all’Istituto, la responsabilità ricade sulla dirigenza, i nostri impavidi firma-lesta decidono di superarsi. E con la solita foga da primi della classe ci ricordano urbi et orbi che i dirigenti hanno però il potere di vendicarsi con la valutazione individuale.
Attenzione a chi richiama responsabilità e compiti indicati nella direttiva! Spetta alle ultime ruote andare a caccia di corsi, muoversi in autogestione, se non vogliono poi patirne le conseguenze… Una situazione surreale, smentita tra l’altro dall’INPS quando ricorda che “ogni iniziativa formativa cui partecipa un dipendente necessita della preventiva autorizzazione del diretto dirigente” (2328/2025).
Così, mentre il Ministero e perfino l’INPS ingaggiano i dirigenti, i rappresentanti di una certa organizzazione pensano bene di scaricare tutto sui lavoratori, ricordando che – se non si attivano – il loro futuro professionale potrebbe dipendere dall’umore del capo, da come valuterà l’impegno sulla direttiva in questione. È una singolare forma di spontaneismo formativo, un’interpretazione alquanto suggestiva.
Ma la vera perla sta nel tempismo: riescono a dire tutto questo proprio dopo aver firmato, in beata solitudine, un integrativo che regala ancora più potere discrezionale alle mitiche pagelline, ampliando il peso della valutazione sui percorsi di carriera da 40 a 42 punti. Caso unico in tutte le Funzioni Centrali.
Insomma, ci voleva fantasia. E loro, di fantasia, non difettano mai.
In mezzo a fiumi d’inchiostro sull’argomento, sono state ignorate le questioni che hanno una ricaduta immediata per il personale:
il tema dello smaltimento delle ferie, un cruccio che la comunità INPS si porta appresso da aprile;
l’accesso ai percorsi formativi come elemento di reale valorizzazione del personale. Quanto al primo tema, la questione è presto affrontata: le Direzioni in debito d’ossigeno, quelle che hanno trascurato la formazione e ora puntano ad allinearsi, devono stare al rigido diktat talebano del contratto collettivo per la programmazione delle ferie?
A livello territoriale dobbiamo preservare l’insulso dogma del CCNL, con cui è stato dato al dirigente il potere di controllare perfino il riposo del dipendente, con il rischio di compromettere le ferie natalizie per sottrarsi alle minacce sulle pagelline?
E in secondo luogo, sul processo formativo, è garantita una valutazione dei fabbisogni con un minimo di programmazione che consenta a tutti le medesime opportunità?
Giuseppe Lombardo