Siamo abituati a sentirci dire che il datore di lavoro pubblico dovrebbe dare il buon esempio. Eppure, quando si passa dai proclami alla realtà, la differenza tra ciò che si predica e ciò che si pratica diventa imbarazzante.
Prendiamo il caso dei congedi parentali. Per i lavoratori del settore privato, sull’app MyINPS è disponibile un contatore semplice e chiaro che consente di monitorare in tempo reale i propri giorni di congedo. Ne dà l’annuncio l’Istituto, presentandolo come uno strumento utile, trasparente, persino rassicurante.
E per i dipendenti dell’INPS, ossia di quell’istituto che garantisce tale servizio a tutti? Nulla. Nessun contatore, nessuna possibilità di avere un quadro immediato.
In poche parole: i lavoratori dell’Ente, proprio quelli che materialmente gestiscono le pratiche dei cittadini, non hanno accesso agli stessi strumenti che quotidianamente mettono a disposizione del “pubblico”.
Un caso isolato? Magari. Duole ricordare come i dipendenti pubblici convivano da anni con i ritardi nell’erogazione del Trattamento di Fine Rapporto. Anche qui, ancora una volta, quei lavoratori pubblici per cui si predica rigore, puntualità e senso del dovere, scoprono che – quando tocca a loro incassare – ciò che spetta di diritto, la puntualità, diventa un optional. Un paradosso? No: un autentico capolavoro di coerenza al contrario.
Un datore che non si fida dei suoi dipendenti, che ne complica la vita anziché semplificarla, è un datore che tradisce la propria missione.
Se davvero il pubblico vuole essere “modello”, allora sarebbe ora di iniziare a trattare i lavoratori al servizio dello Stato non come figli di un dio minore, ma con la stessa dignità che viene riconosciuta a ogni cittadino… pardon “cliente”.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo