La questione della formazione obbligatoria introdotta dalla direttiva del ministro Zangrillo ha suscitato in INPS, nei mesi scorsi, più di una polemica, alimentando paure a tratti surreali.
Mentre i percorsi di carriera stanno fermi al palo, mentre più di tremila dipendenti rischiano di non vedere mai il primo differenziale, mentre si assottiglia, di mese in mese, il numero di lavoratori in servizio, in Istituto – almeno a certe latitudini – si è discusso a lungo di come aggirare Syllabus. Tant’è.
Ritornando alla realtà, l’Amministrazione ha accolto la riduzione del monte ore formativo, inizialmente fissato in 40 ore annue, riparametrando il limite a 30 ore.
La ragione è presto detta: si è tenuto conto del carattere sperimentale di questo primo anno di applicazione della direttiva e del necessario periodo di assestamento, “sterilizzando” il primo trimestre per consentire alla macchina organizzativa di trovare un equilibrio.
Un secondo intervento, forse ancora più significativo dal punto di vista culturale, riguarda la compatibilità tra formazione e smart working.
Come da noi richiesto, è caduto finalmente il divieto che impediva ai lavoratori in modalità agile di seguire corsi formativi online nelle giornate di lavoro da casa. Un vincolo che avevamo definito “assurdo”, perché obbligava i singoli ad andare in ufficio per poi formarsi su piattaforma e-learning. Adesso sarà dunque possibile seguire la formazione a distanza, con la neutralizzazione del tempo dedicato ai corsi e anzi con una possibile valorizzazione in termini di performance.
Infine, un chiarimento atteso: per chi lavora in part-time, chi è in maternità o in condizioni di maggiore flessibilità oraria, il monte ore formativo da conseguire sarà proporzionalmente ridotto.
Gli infermieri, invece, saranno esentati dall’obbligo delle 40 ore, poiché già soggetti a vincoli formativi stringenti legati all’acquisizione degli ECM.
Apprezziamo gli elementi recepiti dall’Amministrazione e ribadiamo come, almeno per la nostra organizzazione, la formazione del personale non possa essere vissuta quale obbligo burocratico o adempimento di facciata.
Per intenderci: non ha senso suggerire ai lavoratori di adottare piccoli espedienti, sbagliando ad hoc i corsi su piattaforme ministeriali di discutibile funzionalità (eufemismo), per diventare collezionisti seriali di attestati.
O la formazione è un reale spazio di crescita, ragionamento condiviso per lo sviluppo di competenze, diritto e opportunità per chi lavora, o semplicemente non è.
Giuseppe Lombardo