Il ritorno del contratto integrativo, con i prevedibili rilievi apposti al testo dai ministeri vigilanti, ha riacceso un clima frizzante all’interno dell’Istituto.
E fa quasi sorridere la corsa alle osservazioni critiche di chi, non avendo firmato l’ipotesi sottoscritta dalla sola CISL, ora tenta di rientrare in gioco per sottoscrivere una nuova bozza. I “Jack Frusciante” del sindacalismo INPS.
Così, dopo aver a lungo bacchettato l’Amministrazione e aver gridato contro un compromesso al ribasso, le stesse forze che puntavano il dito contro la sigla firmataria tentano ora una mediazione sul medesimo testo. Una ricerca di formule compromissorie che, però, elude il nodo centrale del CCNI: i tremila differenziali previsti a fronte di oltre seimila colleghi in attesa di entrare nel nuovo ordinamento.
In un Paese dai salari bloccati, in cui il Governo – con la complicità di chi siede ai tavoli negoziali – ha sistematicamente eroso il potere d’acquisto delle lavoratrici e dei lavoratori dell’Ente, il differenziale resta per ora l’unica ancora di salvezza. E anche su quello si vogliono fare figli e figliastri.
I buoni rapporti con il ministro Zangrillo – intrattenuti da chi oggi siede perfino tra i banchi del Governo o da chi lo ha ospitato in convegni sul futuro della PA – non sono bastati a portare un solo euro in più nel fondo.
Così, in INPS, dopo aver sanato lo scorso anno la situazione degli esclusi dalla tornata del 2022, le parti al tavolo rischiano di creare – più o meno consapevolmente, a seconda dei casi – un nuovo cono d’ombra in cui precipiteranno migliaia di colleghi. Persone con lo stipendio fermo da anni e destinate a vederlo bloccato ancora per molto tempo.
Sono gli ex assistenti diventati funzionari, i C2 e C3, gli analisti, i consulenti di protezione sociale del 2019 e del 2023: una nutrita pattuglia cui, in campagna elettorale, era stato promesso il regno di Bengodi e che invece, a dicembre, rischia di ritrovarsi con un pugno di mosche in mano.
Su tutto questo, l’ordine di scuderia è uno solo: mantenere un profilo basso, parlare d’altro, cercare una facile concessione dall’Amministrazione per rivendicarla come merito dell’azione sindacale. Un copione tristemente noto.
Alla fine della fiera, il dado è tratto: da un lato, non si sciopera contro una manovra che fa carne di porco del pubblico impiego (dalle tasse ai buoni pasto è un vero Cahier de doléances); dall’altro, si è pronti a ratificare un accordo che rischia di creare nuove disparità e nuovi conflitti.
Bella mediazione.
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo