Il tavolo per il rinnovo del contratto collettivo non ha ancora avviato la fase negoziale (inizierà il 3 dicembre) e tuttavia già emergono, con sorprendente tempestività, improvvisi sussulti di coscienza sindacale.
Escludendo lo stato confusionale, che richiederebbe un accertamento clinico, non possiamo che accogliere ogni risveglio con stupita curiosità: alla buon’ora.
Da anni sosteniamo con chiarezza ciò che alcune sigle scoprono adesso come una rivelazione.
Il tetto al Fondo delle risorse decentrate è un ostacolo enorme e non si può eludere il tema. Prima delle RSU, quando c’era la fregola di firmare il contratto per escludere la CGIL dai tavoli, ci dissero stizziti che quella non era materia contrattuale, che richiedeva semmai un intervento legislativo e non era il caso di fare polemica.
Adesso il tema diventa addirittura “una priorità”.
Considerazioni analoghe si possono fare sull’inflazione. Il caro-vita, i buoni pasto ormai anacronistici, l’erosione dei salari reali: sono temi che evidenziamo da tempo, spesso in solitudine, ricevendo un invito alla “moderazione” da chi oggi si erge a custode della giustizia salariale.
Ed eccoci, improvvisamente, al cambio di stagione.
Adesso che l’Aran convoca le parti:
– le risorse non bastano più;
– i contratti “di facciata” non sono accettabili;
– il tetto al Fondo va rivisto;
– i buoni pasto, a quanto pare, sarebbero da aggiornare;
– e soprattutto i lavoratori “meritano molto di più”.
È confortante constatare che posizioni ritenute fino a ieri eccessive, o poco pragmatiche, siano oggi diventate improvvisamente condivise e di buon senso.
Tuttavia, come novelli Lubrano, poniamo una domanda spontanea:
dov’erano questi ferventi sostenitori della dignità del lavoro pubblico quando si sottoscriveva un contratto a perdere che ha ridotto strutturalmente gli stipendi di chi lavora nelle Funzioni Centrali?
Noi eravamo lì, a dire ciò che oggi tutti ripetono. A prendere gli strali di chi inveisce da scranni istituzionali, a tenere fermo il punto. Con la stessa coerenza di allora, continuiamo a farlo, contestando una manovra che è punitiva per i dipendenti di questo ente.
Perché sì: i lavoratori del pubblico impiego meritano davvero di più.
E, permettetecelo, meritano anche una rappresentanza che non muti posizione con la stessa facilità con cui si aggiorna un comunicato sindacale.
Roma, 20.11.2025
Coordinatore nazionale FP CGIL INPS
Giuseppe Lombardo